Appunti del corso di
ECONOMIA URBANA E TERRITORIALE

IL PRINCIPIO DI ACCESSIBILITA’[1]

Andrea Rossi
Pierattilio Tronconi

Il problema dell’accessibilità dello spazio urbano nasce a seguito della competizione che si stabilisce fra le varie attività economiche  e fra queste e le famiglie al fine di assicurarsi le localizzazioni più vantaggiose.

“Accessibilità significa superamento della barriera imposta dallo spazio al movimento di persone e cose ed allo scambio di beni, servizi, informazioni.” [2]

La competizione per l’accaparramento del suolo urbano favorisce le dinamiche connesse alla rendita fondiaria che i proprietari dei suoli esigono ed al loro prezzo mercato.

Ai primi dell’ottocento l’economista della scuola classica Von Thünen elaborò un modello al fine di spiegare la distribuzione territoriale di produzioni agricole differenti.

IL MODELLO DI VON THÜNEN

Il modello di Von Thünen si fonda su una serie di ipotesi semplificatrici:

1 – una pianura omogenea con suolo di uguale fertilità e infrastrutture di trasporto in tutte le direzioni,

2 – l’esistenza di un unico centro che funge da mercato per tutti i prodotti che vi devono essere trasportati,

3 – disponibilità diffusa di tutti i fattori produttivi e degli input di produzione che pertanto non devono essere trasportati,

4 – una funzione di produzione specifica per ciascun prodotto agricolo, a coefficienti fissi e rendimenti di scala costanti,

5 – il prezzo di ciascun prodotto viene definito esogenamente su un mercato più vasto di quello in oggetto,

6 – il costo di trasporto unitario è costante, per cui esso varia al variare dei volumi della produzione e con la distanza in modo lineare,

7 – una domanda illimitata dei prodotti.

La rendita per unità di superficie, conformemente alle teorie economiche classiche, viene assunta come residuale, ossia essa è quanto rimane dopo aver sottratto dal ricavo totale tutti i costi, comprensivi di quelli di produzione e di trasporto e di un profitto normale.

In particolare la rendita scaturisce dal risparmio sui costi di trasporto che il produttore localizzato sui terreni più vicini al mercato centrale può realizzare.

Prendendo in esame tre tipi di colture: (a), (b), (c), Von Thünen descrive tramite un grafico le tre curve di rendita unitaria massima che può essere pagata.

Indicando con:

τ = il costo di trasporto unitario

δ = la distanza dal centro

x = la quantità di ciascun prodotto ottenibile su ogni unità di terra

p = il prezzo di ciascun prodotto

c = il costo unitario di produzione

r = la rendita per unità di superficie

La rendita per unità di superficie è una funzione della distanza ed è data dalla seguente equazione:

r(δ) = ( p – c – τ. δ) . x (1)

Graficamente la rendita pagabile da ciascun tipo di coltura è rappresentata da una retta inclinata negativamente, con inclinazione pari a (–τ.x) e da una intercetta pari a (p – c).x.

Alla distanza massima max) la rendita è uguale a zero poichè l’insieme dei costi uguaglia il prezzo del prodotto. Cessa così la possibilità per l’impresa di produrre quella specifica merce.

Analiticamente, ponendo nell’equazione (1) r = 0, si ha

(p – c ) . x  = τ. δ. x

e

δ max = (p – c ) / τ

Nella competizione tra i vari settori per accedere al suolo, ogni unità di superficie verrà attribuita a quella produzione che è in grado di offrire la rendita maggiore.

Le tre colture si disporranno in cerchi concentrici attorno al mercato e la rendita effettiva sarà costituita dall’inviluppo delle tre curve di rendita offerta.

Nella figura i terreni centrali verranno pertanto attribuiti al prodotto (a) che presenta il più elevato prodotto netto per unità di superficie, ossia al prodotto che utilizza il fattore terra nel modo più intensivo ed economicamente efficiente.

LOCALIZZAZIONE URBANA DELLE ATTIVITA’ PRODUTTIVE

Facendo assumere al modello di Von Thünen una valenza più generale in ambito urbano, si considera ora un una città localizzata in uno spazio omogeneo in tutte le direzioni, privo di caratteristiche fisiche distintive in ogni sua parte e percorribile perfettamente in senso radiale.

Si suppone altresì una città dotata di un centro, definito come la località più appetibile per ogni attività economica.

Dati questi presupposti, una simile città può essere analizzata su una sola dimensione: lungo un raggio uscente dal centro e rivolto alla periferia.

Per una singola impresa, la preferenza per una localizzazione centrale è espressa dalle funzioni di costo medio complessivo per unità di produzione, incluso un margine di profitto medio e dei costi di trasporto e di ricavo per unità di suolo, rispettivamente crescenti e decrescenti con la distanza.

Indicando con:

τ = il costo di trasporto unitario

δ = la distanza dal centro

x = la quantità di ciascun prodotto ottenibile su ogni unità di terra

p = il prezzo di ciascun prodotto

z = il profitto medio

c = il costo medio complessivo per unità di produzione = z + τ (δ)

V = ricavo totale

T = quantità di suolo richiesto

v = ricavo per unità di suolo = V / T = px . x (δ)

r = la rendita per unità di superficie

la funzione della rendita al variare della distanza dal centro, diventa:

r(δ) = [px – z – c(δ)] . x(δ) (2)

essa rappresenta “l’offerta di rendita”, ossia la rendita unitaria di equilibrio che l’impresa è disposta ad offrire alle diverse distanze dal centro.

Nel centro, ossia quando δ = 0 e la rendita è massima, possono ubicarsi solo quelle imprese che, a parità di profitto unitario, possono conseguire maggiori ricavi e/o produrre a minori costi. A distanze maggiori, l’impresa potrà conseguire lo stesso profitto solo a condizione di offrire una rendita minore (allontanandosi dal centro infatti aumentano i costi di trasporto).

L’inclinazione della curva di offerta di rendita è data da:

r’δ = dr/dδ = = [px – z – c(δ)] . x’δ – c’δ . x(δ) (3)

Qualora solo i costi o solo i ricavi dipendessero dalla distanza e tale relazione fosse di tipo lineare, la curva di offerta di rendita sarebbe rappresentata da una retta inclinata negativamente, caso a della fig. 2.

Nel caso in cui invece sia i costi che i ricavi dipendessero dalla distanza, allora la curva di offerta di rendita diviene convessa e con una pendenza decrescente con la distanza dal centro, caso b della fig. 2.

Fig. 2 – Curva di offerta di rendita al variare della distanza dal centro relativa ad un solo livello di profitto (z).

La fig. 3 rappresenta invece la famiglia di curve di offerta di rendita al variare della distanza dal centro per profitti costanti e crescenti verso il centro.

Ne deriva che a parità di distanza, tenendo pertanto costanti sia le vendite che i costi, se l’impresa vuole conseguire un maggiore margine di profitto dovrebbe offrire una rendita minore.

Imprese diverse, che hanno costi di trasporto con diversa incidenza o che presentano diversi apprezzamenti della prossimità al centro, esprimono famiglie di curve di offerta di rendita con diversa inclinazione. Quelle alle quali il centro offre comparativamente vantaggi maggiori (esempio le imprese connesse alle attività terziarie) presentano curve maggiormente inclinate.

Fig. 3 – Famiglia di curve di offerta di rendita nel caso lineare e con profitti crescenti verso il centro.

In un approccio di equilibrio parziale, la localizzazione ottimale dell’impresa è ottenuta introducendo esogenamente la curva di rendita effettiva, espressiva dei valori riscontrabili sul mercato. L’impresa potrà così scegliere, tra le varie opzioni, la localizzazione che le consentirà di ottenere il profitto più elevato. Esso è rappresentato dal punto di tangenza con la curva di offerta (fig.3).

Fig. 4 – Equilibrio localizzativo (caso lineare).

Dall’equazione (4) è possibile ricavare una tassonomia semplificata delle attività che hanno una elevata attrazione per il centro (che pertanto esprimono la maggiore inclinazione della curva).

c’δ

x’δ

x

(p-z-c)

Attività

= 0

Elevato

Normale

Normale

Orientate alla densità della domanda centrale (commercio)

= 0

Elevato

Normale

Elevato

Orientate all’informazione (finanza, giornali, terziario professionale)

= 0

Normale

Normale

Elevato

Orientate ai simboli del potere (oligopoli privati e monopoli pubblici)

> = 0

Normale

Elevato

Elevato

Alta efficienza spaziale (attività telematizzate)

> 0

= 0

Normale

Normale

Servizi banali alle attività centrali

> 0

= 0

Normale

Elevato

Servizi avanzati che usano infrastrutture centrali (spedizionieri)

Tab. 1 – Tassonomia delle attività a vocazione centrale [ricavata da [3]].

LOCALIZZAZIONE URBANA DELLE ATTIVITA’ RESIDENZIALI

Il principio di accessibilità si applica anche alle attività residenziali dato che il centro esercita una forte attrazione per le opportunità che in genere offre.

La propensione verso localizzazioni centrali da parte di vari soggetti (imprese, individui) sviluppa una concorrenza che incide sul livello dei prezzi delle aree relative e dei livelli della rendita urbana.

La scelta della localizzazione residenziale dovrà pertanto essere effettuata tenendo conto del differenziale dei costi da sostenere tra centro e periferia connessi alla rendita (fig.2) e rapportando i costi sostenibili con i vantaggi conseguibili (ad esempio minori spese di trasporto) per le varie localizzazioni.

Poichè i costi residenziali non sono solo connessi alla localizzazione ma anche alla dimensione dell’appartamento, ne deriva che una volta definito il reddito che si ritiene di spendere, è possibile ripartire tale spesa tra i costi connessi alle dimensioni dell’appartamento e quelli derivanti dalla localizzazione. La scelta del punto di equilibrio si esercita in base alla struttura della funzione individuale di utilità, evidenziata dalla forma  ad U delle curve di indifferenza (fig.5).

Fig. 5 Trade – off accessibilità – dimensione dell’appartamento (a parità di reddito speso in casa + trasporti).

All’aumentare del reddito speso complessivamente (da Y1 a Y2), gli individui che esprimono la famiglia di curve di indifferenza più basse (U2 e U4) e per i quali l’accessibilità al centro costituisce un bene “superiore”, tenderanno a privilegiare quest’ultimo anche a costo di una riduzione delle dimensioni dell’appartamento.

Al contrario gli individui che esprimono la famiglia di curve di indifferenza più alte (U1, U3, U5), per i quali il bene superiore è rappresentato dalle dimensioni dell’appartamento, privilegeranno questa opzione rispetto all’accessibilità.

La decisione localizzativa verrà effettuata ottimizzando il trinomio:

accessibilità – costo dell’area – dimensione dell’unità residenziale

Assumendo sempre il fatto che un individuo effettui le proprie scelte su una base di razionalità economica dettata dalla ottimizzazione della relazione costi - benefici e non considerando la dimensione dell’unità di residenza, costui, definito il reddito spendibile, sceglierà (Fig. 6) quella distanza dal centro (δ1) in cui il costo marginale di un ulteriore spostamento verso l’esterno (retta a) eguaglia il vantaggio derivante dal risparmio sul costo dell’area (curva b).

Fig. 6 – Decisione localizzativa a parità di dimensione dell’appartamento.

Se a seguito di un aumento del reddito e quindi della capacità di spesa, l’individuo ritenesse di passare al bene superiore dato dalla dimensione dell’appartamento, la curva (b) dei costi dell’accessibilità si sposterebbe verso l’alto (b1) e la localizzazione si sposterebbe verso l’esterno da (δ1) a (δ2) (fig.7).

Se invece venissero privilegiati vantaggi derivanti dall’accessibilità una localizzazione più centrale passando da una curva (a) a (a1) il punto di intersezione  si sposterebbe in (δ3).

Fig. 7 – Effetto di un aumento del reddito disponibile sulla localizzazione.

OSSERVAZIONI AI MODELLI DI LOCALIZZAZIONE URBANA

I modelli di localizzazione urbana produttiva e residenziale sopra descritti, sono modelli di equilibrio parziale in quanto definiscono le decisioni localizzative ottimali per il singolo soggetto (impresa o individuo) nell’ipotesi  che tutti gli altri soggetti abbiano già trovato una localizzazione che non intendono modificare in conseguenza delle decisioni del soggetto in esame.

I modelli presuppongono che sia data esogenamente una curva di rendita effettiva.

Questo approccio fa emergere degli interrogativi circa:

·        la localizzazione di tutti gli altri soggetti che hanno le stesse caratteristiche dei soggetti singolarmente esaminati, visto che non è possibile che tutti si localizzino nelle stesso spazio o alla stessa distanza dal centro;

·        il modo di localizzarsi di settori diversi o di individui aventi redditi e preferenze diverse.

Per tentare di formulare delle risposte a tali problemi, si richiedeva il passaggio da modelli di equilibrio parziale a modelli di equilibrio generale, in cui la curva di rendita effettiva non è più data esogenamente ma viene costruita direttamente dal modello stesso.

Facendo riferimento alle localizzazioni produttive, la risposta al primo problema viene data assumendo come dato il saggio di profitto comune.

Ne deriva che imprese diverse ma simili, che esprimono un’unica curva di offerta di rendita, si disporranno lungo tale curva a distanze diverse dal centro. La curva di rendita offerta diviene così la curva di rendita effettiva ed il suo andamento, che non è rettilineo, assume la forma di iperbole (curva b della Fig.2).

Avvicinandosi al centro, il problema della scarsità di terra e dei relativi costi elevati viene affrontato costruendo in altezza; ciò porta ad una crescita della densità d’uso del suolo che varia in diminuzione man mano che si va dal centro alla periferia . La città assumerà al centro un profilo verticale.

Qualora i settori fossero più di uno, essi si localizzeranno lungo l’inviluppo superiore delle rispettive curve di rendita offerta, come nel modello di Von Thünen.

Per quanto riguarda le localizzazioni residenziali, si ipotizza che sia dato il livello di utilità raggiungibile da tutti gli individui, aventi lo stesso reddito e struttura di preferenze, che si trovano a consumare entro un mercato in cui sono presi in considerazione tutte le merci acquistabili e la quantità del suolo abitabile.

Data questa premessa, gli individui definiscono come spendere il proprio reddito ( tra merci e residenza) e con ciò anche il massimo livello di rendita pagabile alle varie distanza dal centro. E’ allora possibile costruire una famiglia di curve di rendita offerta corrispondenti ai livelli possibili di utilità.

Il modello può essere elaborato ipotizzando la dimensione demografica della città (modello della città chiusa) ed assumendo esogenamente il livello della rendita al margine della città pari al livello della rendita agricola (livello minimo della rendita).

Un altro modo di elaborazione del modello prevede invece  di assumere come incognita la popolazione della città (modello della città aperta) per cui sono resi possibili i movimenti migratori di individui sulla base delle varie classi di reddito e di un confronto di utilità tra localizzazioni diverse. In questo caso il livello di utilità di una localizzazione urbana è dato esogenamente ed assunto uguale a quello generale, nazionale.

L’esistenza di classi di reddito diverse darebbe luogo a formazioni di città che si configurerebbero come anelli concentrici con al centro la classe più agiata.

In cui in ciascun anello risiederebbero, in equilibrio di indifferenza localizzativa, i membri di ciascuna classe.

Qualora il problema dell’accessibilità venga trattato considerando la presenza contemporanea delle due domande (delle imprese e degli individui), il modello mostra che la terra urbana verrebbe ad essere assegnata sempre sulla base della capacità di offerta  di rendita.

In genere si rileva che le attività economiche, in particolare quelle legate al terziario ed alle funzioni direzionali, potendo pagare rendite cospicue, spiazzano la domanda residenziale dalle aree centrali.

Le attività manifatturiere, necessitando di grandi spazi, tenderanno a disporsi alla periferia.

Applicando il modello della “città aperta” su scala nazionale, ossia su un territorio in cui sono uguali i livelli di utilità e le funzioni di produzione, si otterrebbero città aventi la stessa dimensione.

La realtà però mostra una situazione alquanto diversa dato che coesistono, accanto a città di grande dimensione, città di media e piccola dimensione.

In conclusione si può osservare che:

a – le economie di agglomerazione derivanti dall’assunzione di criteri di perfetta razionalità economica e, tra questi, l’ipotesi di assegnare al costo del trasporto un ruolo centrale e determinante, non spiegano la struttura reale dei movimenti pendolari e della domanda di trasporto che ne deriva. La volontà di limitare i costi di trasporto verso il centro rappresenta infatti una delle molteplici variabili che condizionano le scelte di localizzazione delle imprese e degli individui;

b – nel caso di “molte città” il modello genera, in equilibrio, una struttura urbana formata da città aventi la stessa dimensione, fatto che non trova riscontro nella realtà. Per ovviare a questo inconveniente occorrerebbe introdurre nel modello altre ipotesi che però contrasterebbero con la logica economica stessa del modello, ossia l’assunzione di un equilibrio spaziale perfettamente competitivo basato sulla sola sostituibilità fra accessibilità fisica e disponibilità di beni (per il consumatore) o sulla sostituibilità fra terra e capitale (per il produttore). [(1) pag.92];

c – il modello, simulando una “città istantanea”, in cui tutte le attività, perfettamente mobili, vengono ad allocarsi simultaneamente nello spazio urbano, è strutturalmente statico.

IL MODELLO DELLA SCUOLA DI CHICAGO E DI HOYT

I modelli di localizzazione sin’ora esaminati, basati sul principio dell’accessibilità, mostrano che le città si strutturerebbero in forma circolare per anelli concentrici attorno al punto di massima attrattività. Partendo da altri assunti derivati dalla sociologia urbana, la scuola di Chicago ha elaborato negli anni venti un modello da cui emerge una struttura di città che tende ad espandersi in senso radiale per cerchi concentrici attorno al centro degli affari.

Andando verso la periferia si trovano:

·        zone caratterizzate da presenza di uffici e industria leggera, inframezzate da aree degradate;

·        una zona di residenza dei lavoratori qualificati e delle classi medio basse uscite dalla zona degradata e con necessità di facile accesso ai luoghi di lavoro;

·        una zona residenziale per classi a reddito medio alto;

·        una zona esterna di pendolarismo.

L’espansione della città è determinata  dalle dinamiche interne di spiazzamento successivo derivanti dalla competizione fra usi alternativi del suolo, per cui ogni zona tende a espandersi e ad invadere la zona successiva.

Hoyt, assumendo una posizione critica nei confronti del modello della scuola di Chicago, ha proposto un modello in cui la città tende a strutturarsi sempre in senso radiale ma in settori circolari a forma di cono.

Hoyt osserva infatti che in realtà i singoli settori o tipologie residenziali non si sviluppano su cerchi, come se la distanza da un unico centro rappresentasse il solo fattore di organizzazione spaziale, ma si concentrano in aree specifiche a seguito della attrattività e repulsione fra settori e attività diverse (Fig.8).

Fig. 8 – Strutture urbana secondo Hoyt.

NOTE



[1] Roberto Camagni, Principi di economia urbana e territoriale, Carocci editore.

[2] Roberto Camagni, Principi di economia urbana e territoriale, Carocci editore pag. 69.

[3] Roberto Camagni, Principi di economia urbana e territoriale, Carocci editore pag. 78.