Appunti del corso di
ECONOMIA URBANA E TERRITORIALE
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I MODELLI MACROECONOMICI

Andrea Rossi
Pierattilio Tronconi

I MODELLI STATICI

Di cosa si occupano

Di descrivere ed interpretare strutture, ovvero:

  • la natura e caratteristiche delle variabili in gioco,
  • le relazioni tra variabili rilevanti,
  • le relazioni tra fenomeni
  • le relazioni fra diverse componenti del sistema territoriale.

Essi non si occupano del processo temporale attraverso cui si realizza la organizzazione delle variabili genetiche in sistema

Quali modelli appartengono a questa categoria

  • Modelli di domanda di accessibilità (von Thunen, modello della scuola di Chicago)
  • Modelli di interazione spaziale (modello gravitazionale, modelli basti sulla legge dell’entropia)
  • Modelli di aree di mercato gerarchicamente sovrapposte (Christaller, Losch, modello di Parr, la rank size rule)
  • Modelli di rapporti intersettoriali (reti di città)
  • Modelli di produzione e distribuzione del reddito (modello di Hoyt, modello Keynesiano export led, modello input output, analisi shift – share, modello di Lowry)

Osservazioni critiche

Talvolta questi tipi di modelli, a seguito della introduzione di semplificazioni non accettabili, sono passibili di stravolgere i risultati che discendono deduttivamente dalle premesse e dagli assiomi di base.

Esigenze emerse

Per superare i limiti dovuti alla staticità dei modelli è apparsa la necessità di incorporare strutturalmente nei modelli spaziali la dimensione temporale generando così i modelli dinamici in cui le variabili del sistema sono funzioni del tempo.

Mentre in un modello statico il problema è quello di trovare i valori delle variabili endogene che soddisfano alcune specifiche condizioni di equilibrio, nei modelli dinamici si tratta di studiare le specifiche traiettorie temporali delle variabili e di determinare, su un tempo sufficientemente lungo se queste variabili convergeranno verso alcuni valori di equilibrio.

I MODELLI EVOLUTIVI

Di cosa si tratta

Si tratta di modelli non lineari, di formalizzazioni non più basate su semplici equazioni lineari in cui le variabili sono elevate a potenza uno ed in cui non compare il prodotto di variabili diverse, ma di sistemi di grado più elevato.

Di cosa si occupano

Di rappresentare fenomeni complessi quali le economie e diseconomie di scala, fenomeni di sinergia e di idiosincrasia, di interazione dinamica fra diverse componenti di un sistema complesso, movimenti ciclici di variabili come il reddito, i prezzi, l’innovazione tecnologia.

Caratteristiche dei modelli

Sfruttano la potenza di calcolo dei calcolatori e consentono di sviluppare analisi matematiche del comportamento qualitativo dei sistemi dinamici non lineari.

Essi possano dare luogo ad uno spettro assai vasto di traiettorie possibili e di percorsi temporali che va da comportamenti stabili ed inerti, a comportamenti periodici, fluttuanti, instabili, caotici.

Lo strumento per l’analisi dinamica è costituito dalle equazioni differenziali, ossia funzioni in cui non si descrive il valore assunto da una variabile in ogni istante nel tempo, ma il suo comportamento temporale, le sue variazioni nel tempo.

Si tratta di funzioni che permettono di descrivere la traiettoria temporale della variabile.

I riferimenti dei modelli

I modelli si rifanno :

  • alla teoria delle catastrofi (Renè Thom)
  • alla teoria delle biforcazioni

Entrambe le teorie studiano i sistemi dinamici caratterizzati da equilibri multipli, in cui il passaggio da un equilibrio all’altro può implicare  discontinuità, un salto improvviso (una catastrofe) ed in cui i percorsi temporali delle variabili possono presentare una biforcazione, ovvero una  netta alternativa fra traiettorie che successivamente seguono una storia diversa. In entrambi i casi le traiettorie temporali appaiono largamente irreversibili ed il sistema, quando si inverte la direzione del tempo non ritorna allo stato iniziale.

Tipi di modelli

Questi  modelli si rifanno a due filosofie differenti:

  • una filosofia che vede la possibilità di simulare endogenamente comportamenti complessi e strutturalmente differenti. Appartengono a questa fattispecie, a carattere deterministico, i modelli derivati dalla teoria delle catastrofi e delle biforcazioni e la teoria del caos;
  • una filosofia a carattere stocastico, più attenta ai fenomeni di morfogenesi e di auto organizzazione dei sistemi, basata sui lavori di Prigogine e, in economia, su processi innovativi Shumpeteriani.

TEORIA DELLE CATASTROFI

Cosa studia

La teoria delle catastrofi analizza i cambiamenti improvvisi e discreti nello stato di un sistema che derivano da mutamenti lenti e continui delle variabili di controllo.

Nasce dal lavoro del matematico Renè Thhom e costituisce una matematica della creazione delle forme di un sistema., della morfogenesi.

Studia la generazione e la trasformazione delle forme dei sistemi attraverso l’analisi delle loro “singolarità”, i “luoghi” in cui avviene il cambiamento strutturale delle loro proprietà.

Logiche di utilizzazione, in economia spaziale, dei modelli tratti dalla teoria delle catastrofi

 

Si danno due logiche:

  • un approccio induttivo. Si tratta di esperimenti di tipo matematico descrittivo in cui la discontinuità è ipotizzata prima e riscoperta dopo;  (modelli di Casti e Swain, di Wilson e di Papageorgiu)
  • un approccio “teorico deduttivo” che prende le mosse da modelli formalizzati di tipo dinamico non – lineare costruiti sulla base di una teoria economico – spaziale, per studiarne, per via analitica o attraverso simulazioni, il comportamento complesso, le discontinuità, le biforcazioni .
  • Appartengono a questo approccio i modelli dinamici di     interazione spaziale ed i modelli di autorganizzazione di Allen e Saudy)

Il modello di crescita urbana improvvisa di Casetti e Papageurgiou

Si tratta di un modello che può spiegare il fatto che per effetto del mutamento esogeno di variabili come il progresso tecnico, al di là di certi valori, può manifestarsi una discontinuità nel processo di crescita, in precedenza graduale, della dimensione della città ed il verificarsi di una esplosione demografica in direzione di una dimensione diversa.

IL MODELLO DI CICLO DI VITA DELLA CITTÀ

Di cosa si tratta

Si tratta di un modello descrittivo che sembra replicare assai bene una regolarità empirica scoperta analizzando in modo comparato lo sviluppo demografico recente di città diverse, di diversa dimensione e localizzazione geografica.

Viene collocato fra i modelli ecologici

Di cosa si occupa

Analizza l’evoluzione temporale del rapporto fra la dinamica di un centro urbano (core) e della sua periferia ( ring)

Caratteristiche del modello

Il modello individua 4 fasi, ognuna distinta in altre 2 sottofasi:

a – una fase di urbanizzazione in cui il core cresce più del ring, distinta a sua volta in:

  • una fase di urbanizzazione assoluta (UA) in cui il ring decresce
  • una fase di urbanizzazione relativa (UR) in cui ring e core crescono entrambe

b – una fase di sub urbanizzazione in cui il ring cresce più del core sia in senso relativo (SR) che assoluto (SA)

c – una fase di disurbanizzazione, in cui l’area metropolitana nel suo insieme perde popolazione per effetto di:

  • una disurbanizzazione relativa (DR) in cui il core decresce più di quanto non aumenti il ring
  • una disurbanizzazione assoluta (DA) allorchè entrambe le aree perdono popolazione

d – una fase di riurbanizzazione

  • relativa (RR) quando il core decresce ma meno del ring
  • assoluta (RA) quando il core comincia a crescere

vantaggi

Il modello ha avuto abbastanza fortuna poichè sembra interpretare assai bene i processi che si sono svolti nelle grandi e medie aree metropolitane dei paesi avanzati nel secondo dopoguerra

limiti

Il limite risiede nella assenza di qualunque ipotesi teorica alla base del movimento ciclico individuato.

Esso non consente di individuare una dimensione critica della popolazione che determinare in quale momento temporale è collocabile il punto di svolta.

Rimane altresì assai dubbio affermare che una  sola dimensione critica  valga per tutte le classi dimensionali di città: l’esperienza ha mostrato infatti che il declino di una città è possibile che avvenga in tutte le dimensioni di città

Una interpretazione economica del ciclo urbano

Per dare una base economica al modello del ciclo di vita si è  fatto riferimento alla teoria dei cicli lunghi di sviluppo economico (Kondratief) e di innovazione (Shumpeter)

Nel primo caso la dinamica del ciclo urbano viene illustrata dalla dinamica del ciclo economico nel lungo periodo. Gli andamenti del ciclo economico dell’uno si ritrovano anche nel ciclo urbano in una sorta di accoppiamento. Se uno cresce, anche l’altro cresce, se uno diminuisce , anche l’altro diminuisce.

Nel secondo caso invece si pone l’accento sul fatto che lo sviluppo economico è strettamente collegato e dipendente dai processi innovativi che sono assunti come il vero motore del ciclo vitale delle città

Limiti

Le verifiche empiriche volte a giustificare questi assunti come basi esplicative del ciclo di vita delle città sono alquanto scarse.

Invece della popolazione, la variabile che dovrebbe essere presa in esame è il reddito urbano, una variabile che però è di difficile rilevazione e pertanto non risulta disponibile.

I MODELLI DI AUTO ORGANIZZAZIONE SPAZIALE

Principi di riferimento

Questi modelli si rifanno al principio di auto organizzazione di Prigogine

Cosa sono

Sono modelli dinamici di non equilibrio che consentono di simulare l’evoluzione di un sistema urbano complesso.

Caratteristiche dei modelli

Nel meccanismo interno ai modelli è introdotto un elemento stocastico e aleatorio che, in particolari momenti critici della traiettoria di sviluppo delle singole zone o dei singoli centri, può determinare subitanee biforcazioni in direzioni imprevedibili.

Una volta che il sistema ha imboccato un certo percorso evolutivo macroscopico, la “memoria “ del passato incide pesantemente sul percorso successivo.

Appartengono a questa categoria di modelli il modello di ALLEN e quelli di SOUDY

Cosa servono

Questi modelli consentono di introdurre nei sistemi territoriali il cambiamento strutturale e di simulare quei processi creativi che costituiscono la parte più rilevante ed interessante dei sistemi sociali.

IL MODELLO DI ALLEN

Il problema che si vuole affrontare

Se è pur vero che  nel breve e medio periodo ogni sistema si sviluppa solo quantitativamente, nel senso che si presume che le forze in atto tendano a far crescere il sistema (per cui si può ritenere che il futuro prossimo può essere rappresentato come il prolungamento del presente, su un’altra scala o dimensione), ciò  non è accettabile nel lungo periodo dato che le complesse interazioni fra le diverse variabili possono generare rapide divaricazioni e cambiamenti qualitativi.

La stessa crescita quantitativa può trasformarsi in nuova qualità.

E’ questo cambiamento qualitativo del sistema che deve essere descritto.

Cosa trattano

Partendo da un sistema di centri urbani disposti in modo uniforme e di uguale dimensione iniziale, viene simulata l’evoluzione storica della popolazione e dell’occupazione del sistema.

Caratteristiche del modello

Il modello è basato su due elementi esogeni di carattere stocastico:

  • la attribuzione di una funzione di esportazione ad alcuni di essi;
  • la possibilità che vi siano fluttuazioni casuali del 5% della popolazione complessiva di ciascun centro.

Oltre a questi elementi stocastici, la dinamica di ogni centro è definita da una legge di tipo deterministico, logicamente collegabile a un modello di base di esportazione ed a un modello di interazione spaziale.

Come funziona

La popolazione di ogni centro si sviluppa in ragione della sua occupazione, secondo un processo logistico e sulla base di processi di immigrazione ed emigrazione dagli altri centri.

La crescita della popolazione è definita sulla base di una equazione differenziale che tiene conto dell’occupazione, della “capacità di carico” urbana, dei tassi di natalità e mortalità e  del saldo migratorio.

L’occupazione nei vari settori è a sua volta determinata dalla domanda spaziale complessiva  che dipende dalla densità demografica del territorio circostante ciascun centro, nonchè da un elemento di attrattività specifica del centro di offerta, legato al fatto che questo abbia superato la soglia demografica minima che ne giustifica la nascita.

Infatti, allorchè il centro supera la soglia di apparizione di un certo settore, esso automaticamente acquisisce quel settore.

L’occupazione settoriale dipenderà dalla dimensione della domanda potenziale.

Cosa simula

Nelle varie interazioni il modello simula l’evoluzione di un sistema urbano. Viene rispettato il modello christalleriano delle localizzazioni e delle dimensioni urbane ma con maggiori gradi di libertà, per cui risulta possibile che in certi momenti si sviluppino, uno vicino all’altro, due centri di uguale dimensione e simile struttura, anche se il loro destino futuro può risultare diverso.

Osservazioni critiche

1 – il modello è essenzialmente classificabile come un modello da domanda (simile al modello di Lowry), infatti una volta comparso un settore in un centro (grazie alla presenza di popolazione e quindi di domanda locale) esso sviluppa la sua occupazione sulla base della domanda esterna e lo sviluppo occupazionale metterà a sua volta in moto quello demografico.

Si trascura pertanto il ruolo importantissimo dell’offerta, ossia del fatto che essa, grazie alle sue capacità di innovarsi, è il motore dello sviluppo.

2 -  L’elemento stocastico trova scarsa manifestazione nella logica matematica che descrive il modello

3 – la capacita’ di carico per le diverse città,  che il modello introduce, è difficilmente determinabile.

I MODELLI SOUDY ( Supply Oriented Urban Dynamics)

Caratteristiche dei modelli

Sono state elaborate in tempi successivi 3 versioni.

Il modello si prefigge di interpretare l’incidenza sullo sviluppo urbano dell’innovazione schumpeteriana che viene trattata formalmente come comparsa o attrazione di un nuovo settore o come nuova funzione del singolo centro urbano.

L’elemento stocastico del modello viene collegato direttamente a questo processo di creatività territoriale.

In un secondo tempo viene affrontato in termini economici il problema della dimensione minima e massima della città.

Esiste dunque una dimensione ottima di città che viene individuata sulla base delle funzioni che vengono svolte.

Per ogni funzione esiste un intervallo di dimensione urbana efficiente, che va da una dimensione minima ( soglia) ed una dimensione massima, data dal punto di incontro in cui il margine di profitto medio di produzione del settore eguaglia i costi medi di localizzazione urbana, che crescono col crescere della città (vedere grafico nel libro).

Superato questo punto di incontro, la città rischia fortemente di declinare.

Se invece la città sfrutta le innovazioni che in un settore già presente si sviluppano prima di questo punto di incontro, si genera un salto nei profitti medi di produzione e ciò consente alla città di crescere.

Se non si coglie questa opportunità, la concorrenza fra città o l’abbassamento della soglia di apparizione delle funzioni o la riduzione del margine di profitto della stessa funzione, si destina la città al declino.

Risultati conseguiti

L’applicazione di questi modelli hanno dimostrato, perchè nel tempo si formi una gerarchia urbana, che è necessario che i profitti netti delle funzioni di rango successivo configurino rendimenti crescenti di scala urbana.

Vantaggi derivanti dal loro impiego

I modelli consentono di sviluppare le conoscenze attorno al complesso fenomeno della crescita urbana

Consentono inoltre di esplorare alternativi “mondi possibili”, studiandone la razionalità interna e le relazioni economiche o spaziali su cui si basano.

I risultati ottenuti richiedono di essere ulteriormente verificati in termini di coerenza con alcuni indicatori strutturali aggregati (ad esempio non devono contraddire la legge rango – dimensione alla Zipf)

limiti

I modelli, a seguito dell’introduzione di numerosi elementi esogeni, non si prestano, attualmente, come supporti per la pianificazione operativa.

BIBLIOGRAFIA



[1] Roberto Camagni, Principi di economia urbana e territoriale, Carocci editore.