UNIVERSITA’
DEGLI STUDI DI PARMA RIVOLUZIONE TEORICA E RIFORMISMO PRATICO IN POPPER
Relatore:
Laureando: Anno Accademico 2000-01 INDICE 0. Introduzione generale I. La dottrina sociale popperiana I.0. Introduzione I.1. Pars destruens I.1.1 Lo storicismo I.1.1.1. Origini I.1.1.2. Platone: Stato di casta e comunismo tribale I.1.1.3. Il dualismo storicista I.1.1.4. L’attivismo idealista, intuitivo ed antinaturalista dello storicismo I.1.1.4.1. La prima conseguenza dell’attivismo storicista: l’ingegneria utopica I.1.1.4.2. L’olismo: un altro aspetto dell’antinaturalismo storicista I.1.1.4.3. La diversità di metodo tra fisica e sociologia I.1.1.4.4. Relativismo storico delle generalizzazioni sociali I.1.1.5. La passività pratica, determinista e pronaturalista dello storicismo I.1.1.5.1. Il determinismo, ovvero: la legge dell’evoluzione storica I.1.1.5.2. L’unità di metodo tra teoria storica e interpretazione storica I.1.2. Hegel, ovvero: il recupero della “società chiusa” I.1.2.1. La “società chiusa”: essenza ed origini I.1.2.2. Il “collettivismo radicale” di Hegel I.1.2.3. La dialettica hegeliana I.1.2.4. La filosofia dell’identità o panlogismo I.1.2.5. Il totalitarismo I.1.3. La profezia storica marxiana I.1.3.1. L’eredità hegeliana I.1.3.2. Marx: profeta fallito I.1.3.3. Marx: dualista pratico I.1.3.4. Il materialismo storico, una valutazione I.1.3.5. Struttura e sovrastruttura I.1.3.6. “Il Capitale I.1.3.6.1. Socialismo o barbarie? I.1.3.6.2. Riforme o rivoluzione? I.1.3.6.3. La società contemporanea e la sua legge economica. I.1.3.6.4. La teoria del valore I.1.3.6.5. La sovrappopolazione relativa I.1.3.6.6. Il ciclo economico I.1.3.6.7. La caduta tendenziale del saggio di profitto I.1.3.7. Lo storicismo profetico I.2. Pars costruens I.2.1. L’ingegneria sociale I.2.2. Dal monismo ingenuo al dualismo critico I.2.3. Dalla sovranità al protezionismo I.2.4. Ingegneria utopica e ingegneria gradualistica I.2.5. Irrazionalismo e razionalismo critico: la filosofia della storia di Popper I.2.6. Metodologia scientifica e senso della storia I.3. Conclusioni II. L’epistemologia popperiana nella filosofia della scienza contemporanea II.0. Introduzione II.1. Dal neopositivismo al razionalismo critico II.2. Il razionalismo critico II.2.1. Il problema della demarcazione II.2.2. Il problema dell’induzione II.2.3. Conoscenza oggettiva e teoria dei tre mondi II.2.4. Il realismo critico e gli asserti base II.3. Feyerabend: proliferazione teorica e anarchismo metodologico II.4. La metodologia dei programmi di ricerca scientifici di Lakatos II.5. Il ruolo della storia della scienza nell’epistemologia contemporanea II.6. La scienza per paradigmi II.6.1. La scienza normale II.6.2. Le rivoluzioni scientifiche II.7. Conclusioni III. Popperismo ed antipopperismo nel panorama critico internazionale III.0. Introduzione III.1. Popper positivista III.2. Popper irrazionalista III.3. Lo storicismo III.3.1. Ontologia storicista III.3.2. Storia dello storicismo III.3.3. Fondamento pratico dell’antistoricismo popperiano III.3.4. Marx: storicista o no? III.4. La filosofia politica di Popper in Italia tra relativismo sofisticato e panmercantilismo III.5. Conclusioni IV. Razionalismo critico, dialettica speculativa e materialismo storico a confronto IV.0. Introduzione IV.1. Il peccato originale: l’essezialismo IV.2. Preesistenza della natura o della ragione? IV.3. Hegel IV.4. La dialettica speculativa IV.4.1. La contraddizione oggettiva IV.4.2. La totalità reale IV.5. La dialettica speculativa e il materialismo dialettico IV.6. Il materialismo storico IV.7. Individui e classi IV.8. La storia come unità dialettica di fatti e interpretazioni IV.9. Non determinismo storico ma possibilità reale IV.10. Leggi economiche, leggi naturali, ed “economismo” IV.11. La differenza tra leggi e tendenze IV.12. “Il Capitale”: metacritica dell’economia IV.12.1. La teoria del valore IV.12.2. Il plusvalore IV.12.3. La legge dell’accumulazione IV.13. Rivoluzione e violenza IV.14. Conclusioni Bibliografia
RIVOLUZIONE
TEORICA Fausto Boni 0. INTRODUZIONE GENERALE Se un ipotetico lettore iniziasse a prendere in considerazione questo lavoro dal capitolo conclusivo, proverebbe probabilmente una sorta di vertigine diacronica causata da evidenti anacronismi. Come è possibile, si direbbe, che l’opera di Popper possa venire criticata sfruttando gli stessi argomenti che furono necessari a Marx ed Engels per demolire il lavoro di Proudhon, Duhring o Stirner che sono vissuti circa un secolo prima dell’autore viennese? Noi riteniamo non solo che sia possibile, ma pensiamo che lo scopo di questo lavoro sia sostanzialmente quello di dimostrare la plausibilità di quella che potrebbe apparire una forzatura, cogliendo, nell’opera di Popper, la volontà di riesumare, per moderni propositi pratici, quella vecchia scuola ideologica che annovera tra i suoi epigoni anche gli autori succitati. In accordo con costoro, che in ultima analisi propugnano la priorità delle idee o, come Popper le chiama, dei “prodotti di pensiero”, rispetto all’azione pratica ridotta a puro “dover essere”, egli privilegia il formalismo metodologico in opposizione al contenuto storico, sostituendo a quella che in seguito verrà definita la “narrazione storica” una ontologia individualistica che potremmo definire “postmoderna”. Nella sua opera il dualismo “antico” cui abbiamo fatto riferimento assume carattere dicotomico. Per rendersene conto basta analizzare la evidente contraddizione logica presente nell’affermazione che egli fa di una perenne rivoluzione teorica associata ad un cauto riformismo sociale. Popper tenta di risolvere questa dicotomia all’interno di una forma puramente fenomenica, quindi ideologicamente fondata, della realtà sociale: la “società aperta”. Essa rappresenta per lui, a nostro avviso, una scorciatoia “induttivista” che imbraga il dualismo originario teoria-prassi in una sorta di “camicia di forza” pseudo monistica basata su una metafisica realistica. Ecco allora che la “società aperta” popperiana, come forma fenomenica di una morale metastorica, può essere associata, e criticata di conseguenza, sia alla “ proprietà privata come furto ” di proudhoniana memoria, che “all’unico” stirneriano. Il motivo di tali fantasmagoriche acrobazie dialettiche, come abbiamo sottolineato nelle introduzioni del primo e del secondo capitolo e nelle conclusioni del quarto, va ricercato, a nostro parere, nell’esigenza di erigere una copertura ideologica, all’indomani della seconda guerra mondiale, al sistema statuale occidentale ed al suo rinnovato impegno in campo economico. Popper, come filosofo emergente tra i corifei dell’intellettualità internazionale facenti capo alla classe dominante, si assume il compito di giustificare ideologicamente la prassi statale e in ultima analisi anche la prassi scientifica (a ben vedere il cosiddetto “assassinio del positivismo logico” effettuato dall’epistemologo viennese si rivela un sostanziale rafforzamento), in modo da ribadire l’egemonia borghese a spese dell’unica alternativa teorica in grado di minacciarla: il marxismo. I primi due capitoli del nostro lavoro sono dedicati sostanzialmente all’analisi di questo sforzo. Nel primo capitolo abbiamo cercato di evidenziare il percorso che ha portato l’autore viennese alla definizione della propria filosofia sociale partendo dalla reinvenzione di storicismo, marxismo ed hegelismo. Nel secondo capitolo abbiamo tentato di mettere in luce la sottovalutazione popperiana, causata dall’urgenza di escludere il marxismo dall’orizzonte scientifico, della forza del dogmatismo nella impresa scientifica associata al rigetto della categoria kuhniana di “scienza normale” promossa da esigenze socialmente fondate. Successivamente, nel terzo capitolo, abbiamo cercato di ricondurre a sintesi queste due tappe prendendo in considerazione le interpretazioni prevalenti della riflessione popperiana da parte della critica internazionale. Essa da una parte propone una interpretazione ambigua della filosofia popperiana a cavallo tra irrazionalismo e positivismo che deriva dalla sostanziale ambiguità di fondo di quest’ultima, e dall’altra, soprattutto in Italia, sfrutta il pensiero sociale del filosofo viennese nella polemica politica spicciola. Nel quarto ed ultimo capitolo abbiamo voluto infine, come già accennato, risalire alle fonti teoriche originali hegeliane e marxiane per documentare la scorrettezza, piegata ad interessi concreti evidenti, dalla quale trae spunto l’opera di demolizione popperiana. Questo ci ha consentito di verificare l’inattendibilità scientifica della ricostruzione teorica popperiana della dialettica speculativa e del materialismo dialettico dimostrando la natura storicamente determinata ed ideologicamente orientata dell’opera omnia popperiana. Egli infatti in campo epistemologico, a fronte di una ulteriore liberalizzazione del positivismo logico dai vincoli dell’empirismo classico, ribadisce tuttavia il convenzionalismo scientista accettandolo induttivamente, ed in campo politico, a fronte di un riformismo cauto e gradualista, eternando la democrazia parlamentare, ribadisce il dominio di classe in essere e la sua pervasiva egemonia contro ogni tentativo di storicizzare i rapporti di classe per evidenziarne la natura conflittuale. Se si pretendesse un’ulteriore conferma della natura transeunte ed ideologica del lavoro di Popper basterebbe considerare l’interpretazione postbellica in chiave socialdemocratica che ne è stata data, frutto di un clima storico-sociale specifico, comparandola con la deriva neoliberista che hanno intrapreso le varie associazioni fondate da Popper stesso, ad esempio la Mont Pelerìn Society, o che in Italia annoverano tra le proprie fila coloro che si ispirano a Popper come Dario Antiseri, ad esempio l’università confindustriale Luiss o la fondazione Liberal. Queste istituzioni oggi funzionano come “fucine organizzate del liberal-liberismo”[1], alla faccia di qualsiasi ipotesi riformistica o gradualistica. In conclusione Popper, a nostro avviso, risulta essere un esempio paradigmatico del fatto che: “La negazione della scientificità del marxismo è ciò cui hanno sempre mirato tutti gli intellettuali timorosi del loro stesso progressismo”[2]. NOTE [1] A. Macchioro, “1990: Il Secondo ‘Primonovecento’ un ritorno annunciato al liberal-liberismo”, a cura di G. Pala, in La Contraddizione, lug.-ago. 2001, n° 85, pp. 72-79. [2] G. Pala, dagli atti del seminario effettuato a Reggio Emilia il 5 maggio 2000 su, Proudhon e il Comunismo. Per una critica marxista del prekeynesismo. |