GLOSSARIO DI URBANISTICA 2

PIANO INTERCOMUNALE[1]

· L 17-08-1942 N. 1150-Legge urbanistica.

·               L 18-04-1962 N. 167-Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare.

·                    L 08-06-1990 N. 142-Ordinamento delle autonomie locali.

DEFINIZIONE: “Piano Intercomunale”

Strumento urbanistico formato da più comuni riuniti in consorzio allo scopo di disciplinare la totalità del territorio di ciascun comune (piano regolatore generale intercomunale) ovvero alcune porzioni, per il raggiungimento di determinate finalità (ad esempio, per la predisposizione di piani per l'edilizia economica e popolare).

La procedura di approvazione dei piani intercomunali è identica a quella prevista per ogni singolo piano e ciascuna amministrazione comunale deve porre in essere l'attività inerente l'iter di approvazione.

LEGISLAZIONE RICHIAMATA

L 17-08-1942 N. 1150-Legge urbanistica.

12. Piani regolatori generali intercomunali. - Quando per le caratteristiche di sviluppo degli aggregati edilizi di due o più Comuni contermini si riconosca opportuno il coordinamento delle direttive riguardanti l'assetto urbanistico dei Comuni stessi, il Ministro per i lavori pubblici può, a richiesta di una delle Amministrazioni interessate o di propria iniziativa, disporre la formazione di un piano regolatore intercomunale.

In tal caso il Ministro, sentito il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, determina:

a) l'estensione del piano intercomunale da formare;

b) quale dei Comuni interessati debba provvedere alla redazione del piano stesso e come debba essere ripartita la relativa spesa.

Il piano intercomunale deve, a cura del Comune incaricato di redigerlo, essere pubblicato nei modi e per gli effetti di cui all'art. 9 in tutti i Comuni compresi nel territorio da esso considerato.

Deve inoltre essere comunicato ai podestà degli stessi Comuni perché deliberino circa la sua adozione.

Compiuta l'ulteriore istruttoria a norma del regolamento di esecuzione della presente legge, il piano intercomunale è approvato negli stessi modi stabiliti dall'art. 10 per l'approvazione del piano generale comunale.

L 18-04-1962 N. 167-Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare.

1. I Comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti o che siano capoluoghi di Provincia sono tenuti a formare un piano delle zone da destinare alla costruzione di alloggi a carattere economico o popolare nonché alle opere e servizi complementari, urbani e sociali, ivi comprese le aree a verde pubblico.

Tutti gli altri Comuni possono procedere, con deliberazione del Consiglio comunale, alla formazione del piano.

Il Ministro per i lavori pubblici, sentito il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici, può, con un suo decreto, disporre la formazione del piano nei Comuni che non si siano avvalsi della facoltà di cui al comma precedente, nonostante invito motivato da parte del Ministro stesso, quando se ne ravvisi la necessità e, in particolare, quando ricorra una delle seguenti condizioni:

a) che siano limitrofi ai Comuni di cui al primo comma;

b) che abbiano una popolazione di almeno 20.000 abitanti;

c) che siano riconosciuti stazioni di cura, soggiorno o turismo;

d) che abbiano un indice di affollamento secondo i dati ufficiali dell'Istituto centrale di statistica, superiore a 1,5;

e) nei quali sia in atto un incremento demografico straordinario;

f) nei quali vi sia una percentuale di abitazioni malsane superiore all'8 per cento.

Più comuni limitrofi possono costituirsi in consorzio per la formazione di un piano di zona consortile ai sensi della presente legge.

La Regione può disporre, a richiesta di una delle amministrazioni comunali interessate, la costituzione di corsorzi obbligatori fra comuni limitrofi per la formazione di piani di zona consortili.

L 08-06-1990 N. 142-Ordinamento delle autonomie locali.

Capo VI - Aree metropolitane

17. Aree metropolitane. - 1. Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali.

2. La regione può procedere alla delimitazione territoriale di ciascuna area metropolitana, sentiti i comuni e le province interessate, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.

3. Quando l'area metropolitana non coincide con il territorio di una provincia si procede alla nuova delimitazione delle circoscrizioni provinciali o all'istituzione di nuove province ai sensi dell'articolo 16 considerando l'area metropolitana come territorio di una nuova provincia.

4. Nell'area metropolitana la provincia si configura come autorità metropolitana con specifica potestà statutaria ed assume la denominazione di «città metropolitana».

5. In attuazione dell'articolo 43 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (statuto speciale per la Sardegna), la regione Sardegna può con legge dare attuazione a quanto previsto nel presente articolo delimitando l'area metropolitana di Cagliari.

18. Città metropolitana. - 1. Nell'area metropolitana, l'amministrazione locale si articola in due livelli:

a) città metropolitana;

b) comuni.

2. Alla città metropolitana si applicano le norme relative alle province, in quanto compatibili, comprese quelle elettorali fino alla emanazione di nuove norme.

3. Sono organi della città metropolitana: il consiglio metropolitano, la giunta metropolitana ed il sindaco metropolitano.

4. Il sindaco presiede il consiglio e la giunta.

19. Funzioni della città metropolitana e dei comuni. - 1. La legge regionale, nel ripartire fra i comuni e la città metropolitana le funzioni amministrative, attribuisce alla città metropolitana, oltre alle funzioni di competenza provinciale, le funzioni normalmente affidate ai comuni quando hanno precipuo carattere sovracomunale o debbono, per ragioni di economicità ed efficienza, essere svolte in forma coordinata nell'area metropolitana, nell'ambito delle seguenti materie:

a) pianificazione territoriale dell'area metropolitana;

b) viabilità, traffico e trasporti;

c) tutela e valorizzazione dei beni culturali e dell'ambiente;

d) difesa del suolo, tutela idrogeologica, tutela e valorizzazione delle risorse idriche, smaltimento dei rifiuti;

e) raccolta e distribuzione delle acque e delle fonti energetiche;

f) servizi per lo sviluppo economico e grande distribuzione commerciale;

g) servizi di area vasta nei settori della sanità, della scuola e della formazione professionale e degli altri servizi urbani di livello metropolitano.

2. Alla città metropolitana competono le tasse, le tariffe e i contributi sui servizi ad essa attribuiti.

3. Ai comuni dell'area metropolitana restano le funzioni non attribuite espressamente alla città metropolitana.

19. Funzioni della città metropolitana e dei comuni. - 1. La legge regionale, nel ripartire fra i comuni e la città metropolitana le funzioni amministrative, attribuisce alla città metropolitana, oltre alle funzioni di competenza provinciale, le funzioni normalmente affidate ai comuni quando hanno precipuo carattere sovracomunale o debbono, per ragioni di economicità ed efficienza, essere svolte in forma coordinata nell'area metropolitana, nell'ambito delle seguenti materie:

a) pianificazione territoriale dell'area metropolitana;

b) viabilità, traffico e trasporti;

c) tutela e valorizzazione dei beni culturali e dell'ambiente;

d) difesa del suolo, tutela idrogeologica, tutela e valorizzazione delle risorse idriche, smaltimento dei rifiuti;

e) raccolta e distribuzione delle acque e delle fonti energetiche;

f) servizi per lo sviluppo economico e grande distribuzione commerciale;

g) servizi di area vasta nei settori della sanità, della scuola e della formazione professionale e degli altri servizi urbani di livello metropolitano.

2. Alla città metropolitana competono le tasse, le tariffe e i contributi sui servizi ad essa attribuiti.

3. Ai comuni dell'area metropolitana restano le funzioni non attribuite espressamente alla città metropolitana.

20. Riordino delle circoscrizioni territoriali dei comuni dell'area metropolitana. - 1. Entro diciotto mesi dalla delimitazione dell'area metropolitana, la regione, sentiti i comuni interessati, provvede al riordino delle circoscrizioni territoriali dei comuni dell'area metropolitana.

2. A tal fine la regione provvede anche alla istituzione di nuovi comuni per scorporo da aree di intensa urbanizzazione o per fusione di comuni contigui, in rapporto al loro grado di autonomia, di organizzazione e di funzionalità, così da assicurare il pieno esercizio delle funzioni comunali, la razionale utilizzazione dei servizi, la responsabile partecipazione dei cittadini nonché un equilibrato rapporto fra dimensioni territoriali e demografiche.

3. I nuovi comuni, enucleati dal comune che comprende il centro storico, conservano l'originaria denominazione alla quale aggiungono quella più caratteristica dei quartieri o delle circoscrizioni che li compongono.

4. Ai nuovi comuni sono trasferiti dal comune preesistente, in proporzione agli abitanti ed al territorio, risorse e personale nonché adeguati beni strumentali immobili e mobili.

21. Delega al Governo. - 1. Il Governo è delegato ad emanare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, appositi decreti legislativi per la costituzione, su proposta delle rispettive regioni, delle autorità metropolitane nelle aree di cui all'articolo 17.

2. I decreti, tenendo conto della specificità delle singole aree, si conformeranno ai criteri di cui ai precedenti articoli.

3. [In mancanza o ritardo della proposta regionale il Governo provvede direttamente].

4. Qualora la regione non provvede agli adempimenti di cui all'articolo 20, il Governo con deliberazione del Consiglio dei ministri invita la regione ad adempiere. Trascorsi inutilmente sei mesi, il Governo è delegato a provvedere con decreti legislativi, osservando i criteri di cui all'articolo 20, sentiti i comuni interessati e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Capo VIII - Forme associative e di cooperazione. Accordi di programma

24. Convenzioni. - 1. Al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, i comuni e le province possono stipulare tra loro apposite convenzioni.

2. Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie.

3. Per la gestione a tempo determinato di uno specifico servizio o per la realizzazione di un'opera lo Stato e la regione, nelle materie di propria competenza, possono prevedere forme di convenzione obbligatoria fra i comuni e le province, previa statuizione di un disciplinare-tipo.

25. Consorzi. - 1. I comuni e le province, per la gestione associata di uno o più servizi e l'esercizio di funzioni possono costituire un consorzio secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'articolo 23, in quanto compatibili. Al consorzio possono partecipare altri enti pubblici, ivi comprese le comunità montane, quando siano a ciò autorizzati, secondo le leggi alle quali sono soggetti.

2. A tal fine i rispettivi consigli approvano a maggioranza assoluta dei componenti una convenzione ai sensi dell'articolo 24, unitamente allo statuto del consorzio.

3. In particolare la convenzione deve disciplinare le nomine e le competenze degli organi consortili coerentemente a quanto disposto dai commi 5, 5-bis e 5-ter dell'articolo 36, e dalla lettera n) del comma 2 dell'articolo 32, e prevedere la trasmissione, agli enti aderenti, degli atti fondamentali del consorzio; lo statuto deve disciplinare l'organizzazione, la nomina e le funzioni degli organi consortili.

4. Salvo quanto previsto dalla convenzione e dallo statuto per i consorzi, ai quali partecipano a mezzo dei rispettivi rappresentanti legali anche enti diversi da comuni e province, l'assemblea del consorzio è composta dai rappresentanti degli enti associati nella persona del sindaco, del presidente o di un loro delegato, ciascuno con responsabilità pari alla quota di partecipazione fissata dalla convenzione e dallo statuto.

5. L'assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto.

6. Tra gli stessi comuni e province non può essere costituito più di un consorzio.

7. In caso di rilevante interesse pubblico, la legge dello Stato può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori per l'esercizio di determinate funzioni e servizi. La stessa legge ne demanda l'attuazione alle leggi regionali.

7-bis. Ai consorzi che gestiscono attività aventi rilevanza economica e imprenditoriale, ai consorzi creati per la gestione dei servizi sociali se previsto nello statuto, si applicano, per quanto attiene alla finanza, alla contabilità ed al regime fiscale, le norme previste per le aziende speciali. Agli altri consorzi si applicano le norme dettate per gli enti locali.

26. Unioni di comuni. - 1. In previsione di una loro fusione, due o più comuni contermini, appartenenti alla stessa provincia, ciascuno con popolazione non superiore a 5.000 abitanti, possono costituire una unione per l'esercizio di una pluralità di funzioni o di servizi.

2. Può anche far parte dell'unione non più di un comune con popolazione fra i 5.000 e i 10.000 abitanti.

3. L'atto costitutivo ed il regolamento dell'unione sono approvati con unica deliberazione dai singoli consigli comunali, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati.

4. Sono organi dell'unione il consiglio, la giunta ed il presidente, che sono eletti secondo le norme di legge relative ai comuni con popolazione pari a quella complessiva dell'unione. Il regolamento può prevedere che il consiglio sia espressione dei comuni partecipanti alla unione e ne disciplina le forme.

5. Il regolamento dell'unione contiene l'indicazione degli organi e dei servizi da unificare, nonché le norme relative alle finanze dell'unione ed ai rapporti finanziari con i comuni.

6. Entro dieci anni dalla costituzione dell'unione deve procedersi alla fusione, a norma dell'articolo 11. Qualora non si pervenga alla fusione, l'unione è sciolta.

7. Alla unione di comuni competono le tasse, le tariffe e i contributi sui servizi dalla stessa gestiti.

8. Le regioni promuovono le unioni di comuni ed a tal fine provvedono alla erogazione di contributi aggiuntivi a quelli normalmente previsti per i singoli comuni. In caso di erogazione di contributi aggiuntivi, dopo dieci anni dalla costituzione l'unione di comuni viene costituita in comune con legge regionale, qualora la fusione non sia stata deliberata prima di tale termine su richiesta dei comuni dell'unione.

27. Accordi di programma. - 1. Per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalenti sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento.

2. L'accordo può prevedere altresì procedimenti di arbitrato, nonché interventi surrogatori di eventuali inadempienze dei soggetti partecipanti.

3. Per verificare la possibilità di concordare l'accordo di programma, il presidente della regione o il presidente della provincia o il sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate.

4. L'accordo, consistente nel consenso unanime delle amministrazioni interessate, è approvato con atto formale del presidente della regione o del presidente della provincia o del sindaco ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della regione. L'accordo, qualora adottato con decreto del presidente della regione, produce gli effetti della intesa di cui all'articolo 81, D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, determinando le eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie, sempre che vi sia l'assenso del comune interessato.

5. Ove l'accordo comporti variazione degli strumenti urbanistici, l'adesione del sindaco allo stesso deve essere ratificata dal consiglio comunale entro trenta giorni a pena di decadenza.

6. La vigilanza sull'esecuzione dell'accordo di programma e gli eventuali interventi sostitutivi sono svolti da un collegio presieduto dal presidente della regione o dal presidente della provincia o dal sindaco e composto da rappresentanti degli enti locali interessati, nonché dal commissario del Governo nella regione o dal prefetto nella provincia interessata se all'accordo partecipano amministrazioni statali o enti pubblici nazionali.

7. Allorché l'intervento o il programma di intervento comporti il concorso di due o più regioni finitime, la conclusione dell'accordo di programma è promossa dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, a cui spetta convocare la conferenza di cui al comma 3. Il collegio di vigilanza di cui al comma 6 è in tal caso presieduto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei ministri ed è composto dai rappresentanti di tutte le regioni che hanno partecipato all'accordo. La Presidenza del Consiglio dei ministri esercita le funzioni attribuite dal comma 6 al commissario del Governo ed al prefetto.

8. La disciplina di cui al presente articolo si applica a tutti gli accordi di programma previsti da leggi vigenti relativi ad opere, interventi o programmi di intervento di competenza delle regioni, delle province o dei comuni, salvo i casi in cui i relativi procedimenti siano già formalmente iniziati alla data di entrata in vigore della presente legge.

Restano salve le competenze di cui all'art. 7, L. 1° marzo 1986, n. 64.

Capo IX - Comunità montane

28. Natura e ruolo. - 1. Le comunità montane sono enti locali costituiti con leggi regionali tra comuni montani e parzialmente montani della stessa provincia, allo scopo di promuovere la valorizzazione delle zone montane, l'esercizio associato delle funzioni comunali, nonché la fusione di tutti o parte dei comuni associati.

2. Le comunità montane hanno autonomia statutaria nell'ambito delle leggi statali e regionali e non possono, di norma, avere una popolazione inferiore a 5.000 abitanti. Dalle comunità montane sono comunque esclusi i comuni con popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti e i comuni parzialmente montani nei quali la popolazione residente nel territorio montano sia inferiore al 15 per cento della popolazione complessiva. Detta esclusione non priva i rispettivi territori montani dei benefici e degli interventi speciali per la montagna stabiliti dalle Comunità europee o dalle leggi statali e regionali.

3. La legge regionale può prevedere l'esclusione dalla comunità montana di quei comuni parzialmente montani che possono pregiudicare l'omogeneità geografica o socio-economica; può prevedere altresì l'inclusione di quei comuni confinanti, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, che siano parte integrante del sistema geografico e socio-economico della comunità.

4. Al fine della graduazione e differenziazione degli interventi di competenza delle regioni e delle comunità montane, le regioni, con propria legge, possono provvedere ad individuare nell'ambito territoriale delle singole comunità montane fasce altimetriche di territorio, tenendo conto dell'andamento orografico, del clima, della vegetazione, delle difficoltà nell'utilizzazione agricola del suolo, della fragilità ecologica, dei rischi ambientali e della realtà socio-economica.

29. Funzioni. - 1. Spettano alle comunità montane le funzioni attribuite dalla legge e gli interventi speciali per la montagna stabiliti dalla Comunità economica europea o dalle leggi statali e regionali.

2. L'esercizio associato di funzioni proprie dei comuni o a questi delegate dalla regione spetta alle comunità montane. Spetta altresì alle comunità montane l'esercizio di ogni altra funzione ad esse delegata dai comuni, dalla provincia e dalla regione.

3. Le comunità montane adottano piani pluriennali di opere ed interventi e individuano gli strumenti idonei a perseguire gli obiettivi dello sviluppo socio-economico, ivi compresi quelli previsti dalla Comunità economica europea, dallo Stato e dalla regione, che possono concorrere alla realizzazione dei programmi annuali operativi di esecuzione del piano.

4. Le comunità montane, attraverso le indicazioni urbanistiche del piano pluriennale di sviluppo, concorrono alla formazione del piano territoriale di coordinamento.

5. Il piano pluriennale di sviluppo socio-economico ed i suoi aggiornamenti sono adottati dalle comunità montane ed approvati dalla provincia secondo le procedure previste dalla legge regionale.

6. Le regioni provvedono, mediante gli stanziamenti di cui all'articolo 1 della legge 23 marzo 1981, n. 93, a finanziare i programmi annuali operativi delle comunità montane, sulla base del riparto di cui al numero 3) del quarto comma dell'articolo 4 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, ed all'articolo 2 della citata legge n. 93 del 1981.

7. Sono abrogati:

a) l'articolo 1 della legge 25 luglio 1952, n. 991, come sostituito dall'articolo unico della legge 30 luglio 1957, n. 657, ed il secondo comma dell'articolo 14 della citata legge n. 991 del 1952;

b) gli articoli 3, 5 e 7 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102.

8. La comunità montana può essere trasformata in unione di comuni, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 26, anche in deroga ai limiti di popolazione.

NOTE


[1] Tratto da: http://www.verdiregionelombardia.net.