Appunti del corso di
ECONOMIA URBANA E TERRITORIALE[1]
IL PRINCIPIO DI GERARCHIA
Andrea Rossi
Pierattilio Tronconi
Le economie
di agglomerazione ci indicano una tendenza verso la grande
dimensione urbana, tuttavia non spiegano come mai in realtà, entro
sistemi urbani apparentemente in equilibrio,
coesistono città di diversa
dimensione.
La realtà mostra infatti che coesistono dimensioni urbane diverse a cui
corrispondono anche funzioni economiche differenti.
In genere
si rileva che:
·
i centri più piccoli accolgono funzioni che trovano
sbocco nella domanda locale a seguito delle limitate economie di scala e
dimensioni di produzione.
·
i centri maggiori accolgono invece anche
funzioni più rare e specializzate in cui compaiono più rilevanti economie di
scala.
Il problema
che ci si pone è quello di ricercare i principi sui quali vengono
regolati ad un tempo:
a – la gerarchia dei centri
b – la dimensione e frequenza dei centri di ciascun
livello gerarchico, e, quindi, l’area di mercato di ciascuno
c – la distanza media fra centri di uguale o
diverso livello gerarchico e, perciò, la distribuzione geografica di tutti i
centri
L’APPROCCIO
GEOGRAFICO
IL MODELLO DI CHRISTALLER (ANNI 30)
Christaller si era proposto di esaminare come prodotti e funzioni diverse,
in particolare funzioni di servizio, si articolino sul
territorio dando origine ad una gerarchia urbana nell’ipotesi:
·
di uno spazio isotropo, omogeneo in tutte le direzioni
sia in termini di densità demografica che di caratteristiche fisiche ed infrastrutturali
·
di efficienza spaziale di una struttura di
concentrazioni produttive equidistanti
·
di aree di mercato esagonali per ciascun bene
Per far
questo Christaller
definisce la gerarchia di beni e servizi attraverso due concetti:
·
la portata (range) che individua la distanza massima cui può
essere venduto ciascun bene, ovviamente ai prezzi di mercato.
·
la soglia (threshold) ossia la distanza corrispondente alla
quantità minima di ciascun bene producibile in modo efficiente. La soglia
rappresenta quindi la relazione al limite che esiste tra produzione minima e
spazio territoriale minimo di mercato
Ad esempio
la merce A ha una portata racchiudibile
nel raggio massimo di 100 km perchè, andando oltre, i
prezzi a cui può essere venduta superano quelli di mercato; la merce B
invece ha una potata doppia. perchè
le sue condizioni di produzione consentono ai prezzi di vendita di conquistarsi
spazi maggiori
|
Ad esempio la
merce A, prodotta in quantità minima e in modo efficiente, per poter
essere venduta richiede una soglia di mercato racchiudibile
nel raggio di 20 Km la merce B, prodotta
sempre su scala minima richiede invece uno spazio di mercato doppio.
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Fissati
questi concetti ne deriva l’assunto per cui “ogni
bene viene prodotto solo se la sua portata supera la soglia
territoriale minima ed è collocato lungo una scala gerarchica di beni
individuata dalla dimensione delle rispettive soglie.
Date queste
premesse Christaller ritiene che attorno alla
struttura spaziale della produzione di un bene di ordine
superiore, prodotto da una rete di centri di ordine superiore
(centri a) si localizzino alla medesima distanza su ciascun spigolo
degli esagoni relativi , i centri connessi alla produzione di un bene di ordine
inferiore (centri b).
Sviluppando
la rappresentazione per livelli gerarchici inferiori di beni e di centri ne
deriva:
a – che ogni centro
produce il bene relativo al suo livello gerarchico e tutti i beni di
ordine inferiore;
b – che per ciascun centro
di ordine superiore esiste, a cascata, una pluralità di centri di ordine
inferire, fino a raggiungere le agglomerazioni di livello più basso (es. il
villaggio) di cui esiste il numero più elevato.
Il
principio di localizzazione dei centri di ordine
inferiore è denominato principio del mercato perchè
è il principio che ottimizza la localizzazione di questi centri (fig.1)
Il numero
dei centri e di aree di mercato è moltiplicato per 3
nel passaggio da un certo livello a quello inferiore (1+ 6/3).
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Fig. 1 - Organizzazione della aree
di mercato secondo il principio di mercato di Christaller.
Un altro
principio di localizzazione dello spazio è il principio
del trasporto, in cui l’esistenza di una rete di trasporti che collega
i centri maggiori, impone al centro inferiore una localizzazione baricentrica fra ogni coppia di centri maggiori. (fig2).
Per ciascuna area maggiore si hanno 4 aree minori (1+6/2)
Sulla base di questo
principio si determinano una serie di localizzazioni di centri di diversa
dimensione lungo una linea direttrice privilegiata:
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Fig. 2 - Organizzazione della aree
di mercato secondo il principio di trasporto di Christaller
(K=4)
Un altro
principio di localizzazione dello spazio
è il principio di organizzazione
amministrativa in cui si impone che tutta l’area di mercato dei centri
minori sia interna all’area del centro maggiore. (fig3)
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Fig. 3 - Organizzazione della aree
di mercato secondo il principio amministrativo di Christaller.
Il modello di Cristaller è prevalentemente qualitativo.
Esso mette
in evidenza i postulati:
a – di comportamento ottimizzante dei consumatori,
dato che le aree di mercato sono separate e non si sovrappongono;
b – di uno spazio economico omogeneo, in cui le
agglomerazioni sorgono sotto spinte di carattere economico;
c – di un costo di trasporto proporzionale alla
distanza;
d – di presenza di economie di scala (implicite nel
concetto di soglia minima);
e – di presenza di economie di agglomerazione
(implicite nell’affermazione che il numero dei centri deve essere minimizzato e
della conseguente presenza nei centri maggiori di tutte le produzioni di ordine
più basso);
f – di copertura completa di tutto il territorio
(in modo che i consumatori abbiano accesso a tutti i beni).
OSSERVAZIONI
Il modello
di Christaller appare adatto a descrivere ed
interpretare una struttura di centri basata sulla produzione di servizi infatti:
·
i costi di trasporto sono sopportati dai consumatori e
quindi incidono in modo evidente, spesso rilevante e proporzionale alla
distanza percorsa;
·
trova altresì ampio riscontro empirico il fatto che i
centri maggiori svolgano tutte le funzioni inferiori in aggiunta a quello
maggiori, che sono loro proprie:
·
le economie di scala sono meno evidenti che nel settore
industriale.
L’APPROCCIO
ECONOMICO
IL MODELLO DI LÖSCH (ANNI 40)
Lösch,
assumendo una maglia triangolare degli insediamenti agricoli
sul territorio, costruisce il pattern (la sequenza) di organizzazione
spaziale del singolo settore sulla base del modello di concorrenza
monopolistica di Chamberlin, ossia sulla base di
esplicite (ma esogene) funzioni di costo e di domanda individuale e di
equilibrio economico spaziale stabile raggiunto grazie alla possibilità di
entrata di nuove imprese nel settore.
Le aree di
mercato hanno la consueta struttura esagonale ed i centri di produzione hanno
una distribuzione spaziale omogenea.
Definendo
con K il numero delle aree di mercato inscritte in un’area
superiore, Lösch descrive 10 successivi modi di
strutturazione e gerarchizzazione delle aree di
mercato, corrispondenti ad una crescente dimensione minima di produzione.
|
Fig. 1 - I nove modi più compatti di organizzazione
dei centri.
Chiamata “a” la distanza fra due insediamenti agricoli
e “b” la distanza fra due
produttori del bene analizzato e con K il
numero delle aree completamente servite, la distanza fra i centri di
produzione segue la regola
b = a
Per ogni
modello spaziale, ossia per ogni K, è
possibile determinare il numero nr
di centri di
ogni livello gerarchico r (in cui
r = 0 indica il centro più grande), la distanza dr fra centri di ordine r ed il numero N di aree
di mercato incluse.
Se a è la distanza fra gli
insediamenti agricoli originati e R il
numero di ranghi r della gerarchia
(escludendo gli insediamenti agricoli originari) le diverse progressioni sono:
per N : K°, K1
, K 2 , K 3..........K r
per n : 1, K°(K-1) , K1
(K-1), ......... K r –1 (K-1)
per dr : a , a , a , ................ a ,
Lösch ritiene troppo
restrittive le ipotesi assunte da Christaller di
mantenere K costante, ossia il fatto che non muti il fattore di proporzionalità
fra il numero dei centri di ogni livello successivo,
ed il fatto che ogni centro svolga oltre alla funzione che caratterizza il suo
rango, anche tutte le altre funzioni inferiori.
Date queste nuove ipotesi il modello di Lösch consente di evidenziare due fattispecie empiricamente
rilevanti:
a – la possibilità di una
diversa composizione della struttura produttiva di centri dello stesso livello
gerarchico;
b – la possibilità di
specializzazioni produttive dei centri per ogni centro può ospitare anche solo
la funzione propria del suo livello gerarchico;
Il
risultato del modello di Lösch è una
organizzazione del territorio strutturata attorno ad una serie di settori
circolari alternati, ad alta e bassa densità di insediamenti, che si
estendono radialmente a partire
da una grande città.
OSSERVAZIONI
Il modello
di Lösch sembra meglio adatto a descrivere un
paesaggio urbano in cui anche il settore industriale gioca un ruolo rilevante:
dalla sua presenza nascono infatti processi di
specializzazione.
CONSIDERAZIONI
CRITICHE SUI MODELLI DI LOCALIZZAZIONE
Entrambi i
modelli ( Cristaller e Lösch
) sono costruiti su ipotesi di ottimizzazione:
·
minimizzazione dei costi di trasporto per i consumatori
·
massimizzazione del numero dei produttori
·
minimizzazione del numero dei centri per raggiungere economie di agglomerazione
·
riduzione degli investimenti in reti di trasporto
·
massimizzazione dei profitti per i produttori.
Ipotesi che non sempre sono riscontrabili nella realtà come il fatto che
oggi i costi di trasporto sono divenuti irrilevanti. Ciò fa cadere di conseguenza l’ipotesi di aree di mercato non sovrapposte.
I modelli,
pur aspirando ad assurgere a modelli di equilibrio
spaziale generale ( essi considerano non una singola città ma
una intera gerarchia; non un solo settore, ma l’intero spettro
delle produzioni), non appaiono adeguati a rispondere all’obiettivo posto,
infatti:
a - manca una analisi dal lato della domanda del
consumatore (il modello è eminentemente un modello di produzione);
b – la funzione dei costi è indipendente dalla
localizzazione e quindi non considera la variabilità spaziale del prezzo e
della produttività dei fattori produttivi e neppure prende in
considerazione il costo del suolo urbano
c – le diverse produzioni sono giustapposte e
aggregate sul territorio ma non esiste alcun meccanismo di interdipendenza nè sul versante dei possibili effetti di complementarietà
nella domanda, nè su quello di possibili legami input
– output nell’offerta;
d - da un punto di vista matematico di Lösch, anche se vengono esplorate le condizioni
necessarie perchè il modello presenti una
soluzione di equilibrio, non si dimostra nè
l’esistenza nè la stabilità nè
la unicità di tale soluzione.
Se la
città è una concentrazione di attività residenziali,
un grande mercato del lavoro ed un modo efficiente di organizzazione della
produzione sociale, il modello delle località centrali, nella formulazione dei
fondatori, crea, da un punto di vista analitico: una
gerarchia di città senza città.
APPLICAZIONI
DEL MODELLO DI GERARCHIA
I
modelli delle località centrali sono stati impiegati in applicazioni empiriche
rivolte:
·
a
fornire una descrizione del sistema urbano,
·
a
verificare le conclusioni della teoria,
·
ad
introdurre elementi di pianificazione del sistema.
Nelle
applicazioni empiriche si sono evidenziate forti critiche connesse al fatto che
sia il numero delle classi che i confini tra classi diverse sono inficiate da
valutazioni soggettive del ricercatore.
Per
ridurre l’incertezza connessa a tali valutazioni, sono venute in soccorso delle
ricerche empiriche (SOMEA) che hanno determinato i coefficienti medi di
presenza delle diverse classi di servizi nei diversi
livelli della gerarchia urbana italiana.
·
le classi dei centri sono definite attraverso la somiglianza nella gamma dei
servizi presenti,
·
le classi di servizi vengono definite attraverso la tendenza dei singoli servizi a
ritrovarsi insieme nei centri di offerta.
In
genere le diverse analisi sono state rivolte ad aspetti differenti della struttura
urbana:
a
– alla gerarchia urbana nazionale e regionale,
b
– alla gerarchia dei centri interni a un’area metropolitana,
c
– alla gerarchia dei centri che si stabilisce sulla base di specifiche funzioni
di diversa qualità.
Dato che il modello delle località centrali è di tipo statico,
esso non è in grado di spiegare la genesi storica e l’evoluzione di una
gerarchia urbana.
Si è tentato, introducendo anche l’analisi di alcuni
fattori di cambiamento, di individuare le variazioni che si possono determinare
nella gerarchia stessa.
IL MODELLO
DI STATICA COMPARATA DI PARR.
Parr
ha tentato l’esplorazione geometrica dei modi di mutamento nella struttura di
una gerarchia urbana, ricorrendo ad una tassonomia dei tipi di mutamento che
possono essere associati ad una struttura urbana (con K variabile), mantenendo
l’ipotesi della presenza di tutte le funzioni inferiori nei centri di ordine superiore.
All’interno
di località centrali, le più rilevanti categorie di mutamento temporale sono le
seguenti:
a – la formazione di livelli successivi
della gerarchia, dai più bassi ai più alti,
b – il mutamento nella allocazione delle
funzioni economiche ai diversi livelli della gerarchia,
c – modificazioni nella struttura
gerarchica con le seguenti 3 sottoclassi:
·
formazione
di un nuovo livello della gerarchia, (fig. 1a)
·
modificazione della estensione dell’area di mercato di un livello gerarchico,
(fig. 1b)
·
scomparsa
di un livello gerarchico (fig. 1c).
La
riflessione mette in evidenza come una delle forze
fondamentali del mutamento strutturale sia da ricercarsi nel progresso tecnico
e nei processi innovativi che fanno sì che muti il mix di funzioni esercitate
da un centro e la dimensione della sua area di mercato.
CAMBIAMENTI
NELLA STRUTTURA DELLA GERARCHIA URBANA
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Fig. 1a – Formazione di un
nuovo livello nella gerarchia.
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Fig. 1b – Modificazione
dell’estensione dell’area di mercato di un livello di centri.
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1c – Scomparsa di un
livello gerarchico.
DALLA
GERARCHIA ALLE RETI DI CITTA’
Lo
sviluppo negli ultimi 20 anni di città di dimensione intermedia (40.000 –
200.000 abitanti) ha stimolato nuove ricerche che hanno collegato il fenomeno
ad un mutamento qualitativo nei rapporti gerarchici
Al di sotto di uno o due livelli urbani superiori (che comprendono
all’incirca i capoluoghi nazionali e regionali) e al di sopra di un
livello inferiore di centri rurali si sarebbe progressivamente consolidata una
struttura di centri caratterizzati da forte interdipendenza, accentuata specializzazione
produttiva, mancanza di evidenti rapporti gerarchici interni, insomma
un reticolo strettamente interconnesso di centri intermedi.
La
spiegazione è individuata:
a – nell’emergere, a partire dalla fine
degli anni 50, di una forte propensione localizzativa
non metropolitana dell’industria (trasformazione del ciclo fordista);
b – l’emergere di nuove “economie di
distretto” o economie di localizzazione di tipo intra
industriale, che ha generato un forte successo della piccola industria (delocazione della grande impresa. Esempio
i distretti industriali di Prato);
c – la riduzione della dimensione minima
efficiente per molte produzioni industriali e terziarie (avvento della
microelettronica ed innovazioni nel processo produttivo)
d – la crisi economica , territoriale,
fiscale ed organizzativa della grande città derivante dalla chiusura del
precedente ciclo di sviluppo caratterizzato dal binomio sviluppo-urbanizzazione
e – la tendenziale omogeneizzazione delle
condizioni di infrastrutturazione del territorio non
metropolitano, della crescita su tutto il territorio dei livelli di istruzione
e formazione professionale;
f – l’abbandono del principio “areale” nella organizzazione dello spazio di mercato dei
singoli centri, connesso al venir meno del costo di trasporto come elemento
rilevante nel calcolo economico.
Lo spazio e l’economia si organizzano su rapporti a rete: reti di
rapporti di sub fornitura locali o internazionali; reti finanziarie mondiali.
Alla
tradizionale struttura urbana ereditata dalla società agricola precedente,
caratterizzata da una gerarchia Christalleriana
strettamente annidata nei centri, organizzata direttamente sulla struttura
gerarchica dei mercati agricoli e sulla struttura delle funzioni burocratiche e
amministrative pubbliche, si è andato sostituendo una struttura mista cristalleriana – loschiana a K
variabile caratterizzata da:
1
– la permanenza di rapporti gerarchici a livelli elevati dell’armatura urbana,
organizzati attorno al mercato delle funzioni terziarie avanzate e di controllo,
2
– il permanere di alcune fattispecie territoriali di
una struttura gerarchica di tipo “areale” organizzata
su aree di mercato per gli output della produzione ( bacini di manodopera,
bacini di risorse naturali, ecc),
3
– la presenza di centri specializzati, appartenenti ai livelli medio-alto e medio-basso
dell’armatura urbana caratterizzati da una fitta rete di rapporti orizzontali
organizzati sulla base di “vocazioni” di tipo
industriale ma anche terziario (città d’arte, turistiche, di cura)
Per
spiegare la nuova strutturazione del territorio a rete si ricorre
ad un paradigma interpretativo nuovo, quello della organizzazione
a rete (congettura che è anch’essa ancora in cerca di una adeguata teorizzazione).
Si
descrivono alcuni aspetti caratterizzanti la nuova situazione:
A – le “reti di
città” consistono in un insieme di rapporti tendenzialmente orizzontali e non
gerarchici fra città, che nel modello tradizionale non dovrebbero
avere alcun rapporto;
B – tali rapporti
possono legare fra loro città differentemente specializzate e complementari
(reti complementari) o città similari aventi una stessa specializzazione
(reti di sinergia);
C – la
combinazione della complementarietà con la specializzazione consente la
realizzazione di nuovi vantaggi connessi alla integrazione
orizzontale fra unità produttive
(economia di distretto) e di integrazione verticale attorno a precise
“filiere” di specializzazione;
STRUTTURE
GERARCHICHE E STRUTTURE RETICOLARI DI CENTRI URBANI
|
Struttura gerarchica tradizionale
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Struttura polarizzata, organizzata su due livelli
|
Struttura reticolare
D – un caso
particolare delle “reti di sinergia” possono essere le
“reti di innovazione” che nascono fra centri similari che si consorziano al
fine di realizzare grandi infrastrutture o attorno a progetti di innovazione
territoriale (aeroporti, centri tecnologici) per le quali i singoli centri non
disporrebbero delle capacità finanziarie e dimensioni adeguate di mercato;
E – il modello a
rete non è un modello di organizzazione totale del
territorio.Esso si adatta bene a rappresentare il
comportamento spaziale dell’industria e del terziario superiore (direzionalità,
finanza, ricerca, consulenza internazionale). Il modello gerarchico continua infatti a permanere come “memoria” territoriale dei tempi
in cui altri settori ( agricoli, commerciali, terziario per la popolazione, la
pubblica amministrazione) rappresentavano la quasi totalità dell’economia e di
conseguenza organizzavano il paesaggio urbano.
F – In termini
empirici è possibile avanzare l’ipotesi che sulla
gerarchia tradizionale dei centri si sia sovraimposta
oggi una gerarchia di reti formata da:
·
una rete
di primo livello a cui appartengono le “città mondiali”
·
una rete
di secondo livello di città specializzate a carattere nazionale
·
una rete
di terzo livello di città specializzate a carattere regionale.
|
Struttura
mista o di transizione (sovraimposizione di strutture gerarchiche ad
albero e di strutture reticolari fra distretti industriali)
In
conclusione si può definire il nuovo paradigma reticolare come segue: le reti
di città sono insiemi di rapporti orizzontali e non gerarchici fra centri
complementari o similari, rapporti che realizzano la formazione di economie o esternalità
rispettivamente di specializzazione/divisione del lavoro e di
sinergie/cooperazione/innovazione.
Fra
i contributi americani si ricorda il modello mercantile di James Vance nel 1970 che assume come caratterizzante la genesi e
la localizzazione della città, il commercio su
lunga distanza che si svolge su reti specifiche di comunicazione e
trasporto fra un commerciante all’ingrosso ed un altro soggetto diverso dal
consumatore finale (altro commerciante all’ingrosso, un’industria di
trasformazione, ecc). Viene sostenuta la tesi per cui
la forza creativa che organizza l’evoluzione storica della struttura urbana sia
la costruzione di avamposti in nuovi territori, sulla spinta di
interessi commerciali. Al di là delle critiche,
all’autore va riconosciuto il merito di aver messo l’accento su un elemento
rilevante della natura della città : l’essere nodo di relazioni su lunga
distanza e non solo elemento di organizzazione dello spazio gravitazionale
circostante.
LA
DISTRIBUZIONE DELLE DIMENSIONI URBANE
LA RANK – SIZE – RULE
Volendo
analizzare l’organizzazione del territorio, spostando l’attenzione sulle caratteristiche
macro dell’intero sistema urbano, occorre abbandonare i modelli ispirati
da premesse microeconomiche e fare riferimento a nuovi approcci.
Uno
di questi, denominato regola – rango -
dimensione ( rank – size-
rule), si propone di descrivere la distribuzione
delle frequenze dei centri per dimensione demografica.
Partendo
dalla osservazione empirica che esiste una minor
frequenza dei centri di grande dimensione rispetto ai centri di dimensione via via inferiore, si è potuto constatare che in tutti i
sistemi economici il prodotto della dimensione di ogni centro (Pr) per il suo rango (r) è costante
e all’incirca uguale alla dimensione della città più grande (P*),
ossia:.
P* = Pr . r = costante
Più
in generale, assumendo per (r) un coefficiente di correlazione b ( che in genere è
compreso fra 0,98 e 0,99), si ha:
Pr = P* / rb
Nella forma logaritmica la funzione si
riduce ad una retta con inclinazione pari a b:
log(Pr) = log(P*) - b log(r)
La versione con b = 1 è da attribuire ad Auerbach
(1913) e poi è stata ripresa da altri (Lorka e Gibrat) .
Nel 1949 Zipf interpretò la regola rango-dimensione come il
risultato stocasico, di due forze
sistematiche contemporaneamente operanti sul territorio, derivanti dal
principio del minimo sforzo: una forza di “unificazione” o
concentrazione, legata alle economie di scala ed una forza di
“diversificazione” o diffusione, legata all’obiettivo di riduzione dei costi di
trasporto.
Simon propense invece ad
interpretare tale legge come un esempio della “legge dell’effetto
proporzionale” che fa sì che la crescita del numero assoluto di abitanti di ogni centro
sia proporzionale alla dimensione del centro stess,
e che in conseguenza il tasso di crescita dei centri sia indipendente dallo
loro dimensione.
Come conciliare la rappresentazione della
gerarchia urbana derivante dalla renk-size-rule (con città tutte uguali in ciascun gradino, cioè in ciascun livello gerarchico) con il modello delle
località centrali di Cristaller e Lösch
?
Beckmann osserva:
a – che i due
modelli non sono in contrasto se si consente, per ogni livello gerarchico, una
distribuzione casuale delle dimensioni dei centri attorno al valore individuato
dal modello di Christaller;
b – che il rango
della città mediana in ciascun livello gerarchico cristalleriano
moltiplicato per la sua dimensione dà un valore approssimativamente costante,
c – che una volta
conosciuta la dimensione della popolazione degli insediamenti agricoli, il
rapporto fra la popolazione del centro più piccolo e la sua area di mercato ed
il vettore dei fattori di annnidamento kr è
possibile generare una distribuzione delle dimensioni delle città in ciascun
livello gerarchico, coerente con la rank-size-rule.
GERARCHIA,
DIPENDENZA, DOMINAZIONE TERRITORIALE
Appare lecito chiedersi fino a che punto
sia implicito nel concetto di gerarchia urbana non solo un rapporto economico
– funzionale di ottima allocazione delle risorse
territoriali, ma anche un rapporto di dominazione del grande sul piccolo.
L’assunzione nell’analisi di questa nuova
dimensione richiederebbe fare ricorso ad altre discipline come la politologia e la sociologia urbana, tuttavia se si
superano i limiti imposti dalla scuola neo classica, è possibile dare delle
risposte al tema del potere utilizzando strumenti derivati dall’
economia
politica.
Questi strumenti risiedono in primo
luogo:
·
nella analisi dei prezzi
relativi dei diversi prodotti/funzioni e di quegli elementi che consentono
al produttore (urbano) di appropriarsi di un surplus dei costi di
produzione;
·
in una teoria della distribuzione
del reddito;
·
in una evidenziazione dei modi
attraverso i quali le classi (urbane) che presiedono alle decisioni
strategiche di investimento contribuiscono ad orientare la distribuzione
funzionale e territoriale del reddito.
Rapporti di dominazione all’interno della
gerarchia urbana nascono sui seguenti elementi:
1 - dipendenza
commerciale.
Tra le città di diversa dimensione esiste
un rapporto squilibrato di dipendenza commerciale: i rapporti di scambio
o di transazione sono unidirezionali lungo la gerarchia dei centri: la grande città vende prodotti e servizi alla media città e
questa alla piccola città, senza acquistare nulla in cambio. Solo il settore
agricolo, localizzato in modo diffuso, vende a tutte le
classi dimensionali di città.
2 – sfruttamento delle imperfezioni del mercato dei
beni finali.
E’ possibile sostenere che al crescere
del livello delle funzioni svolte e dei servizi prodotti, si riduca
l’elasticità della domanda al prezzo (aumentando i fattori di
“imperfezione” del mercato).
Maggiore livello gerarchico implica infatti maggiore rarità dell’offerta e minore
frequenza di acquisto per quanto riguarda la domanda: ciò determina una minore
sensibilità della domanda al prezzo.
Si viene a creare una offerta
di prodotti e servizi che incorporando in genere maggiore qualità incontra
senza grandi difficoltà una domanda disposta ad assorbire incrementi di prezzo
con una minima riduzione della quantità.
3 –
sfruttamento
delle imperfezioni del mercato degli input.
Beni e servizi sofisticati,
prodotti in ambienti urbani di livello elevato, incorporano a cascata i surplus
nei prezzi degli input intermedi e dei fattori produttivi che nascono
dalle imperfezioni dei rispettivi mercati (es. mercato della formazione
superiore, del lavoro qualificato, dell’informazione, della direzionalità)
4 – controllo
Il controllo nella acquisizione,
allocazione, localizzazione delle risorse, nonchè
il controllo dell’informazione economica consente alle funzioni direzionali e
finanziarie di lucrare su quelle imperfezioni temporanee che nascono dalla
non perfetta trasparenza dei mercati .
In termini distributivi, le remunerazioni
che in tal modo affluiscono alla città possono essere così raggruppate:
·
interessi e profitti
scaturenti dal controllo sui processi temporali (finanziamenti)
·
profitti scaturenti dal
controllo dei processi spaziali (investimento off - shore)
·
royalty scaturenti dal
controllo del mercato dei fattori di innovazione (brevetti e licenze)
·
rendite ed extra
profitti scaturenti dal controllo sull’informazione e sull’offerta di
particolari fattori strategici.
5 – leadership
Connessa ai
comportamenti e sistemi di remunerazione dell’elite del potere economico e
politico.
BIBLIOGRAFIA