CONOSCENZA E VERITÀ
SECONDO LA TEORIA DEL RIFLESSO

Zhang Enci

VERITÀ RELATIVA E VERITÀ ASSOLUTA[1]

Scrive Lenin:

1. Esiste una verità oggettiva? Ossia, possono le rappresentazioni mentali dell’uomo avere un contenuto indipendente dal soggetto, indipendente sia dall’uomo che dal genere umano?

2. Se si, le rappresentazioni umane che esprimono una verità oggettiva possono esprimere senz’altro questa verità integralmente, incondizionatamente, assolutamente, o possono soltanto esprimerla in modo relativo, approssimativo? Quest’ultima questione è la questione del rapporto tra la verità assoluta e la verità relativa.[2]

Si è risposto alla prima domanda. Bisogna ora riflettere sul problema del rapporto tra la verità relativa e la verità assoluta. Non si può farne a meno occupandoci della teoria della verità oggettiva perché ne costituisce una componente essenziale. Non comprendendo questo problema, non si potrebbe applicare in modo conseguente la teoria della verità oggettiva. I materialisti premarxisti ignoravano la dialettica e non comprendevano il rapporto tra la verità assoluta e la verità relativa e perciò le loro teorie della verità oggettiva non erano conseguenti. Marx applicò la dialettica alla teoria materialistica del riflesso e risolse scientificamente il rapporto dialettico tra la verità assoluta e la verità relativa. Si ebbe allora una teoria scientifica della verità oggettiva. Per questo il problema del rapporto tra la verità assoluta e la verità relativa è di fondamentale importanza per la teoria marxista della verità. Ma che cosa bisogna intendere per verità assoluta e verità relativa? È necessario che chiariamo che conoscere la verità è un processo.

1. La conoscenza della verità è un processo

La filosofia marxista considera che la verità oggettiva esiste ma che la sua conoscenza non si esaurisce una volta per tutte. La conoscenza della verità oggettiva passa attraverso un processo storico. La verità relativa e la verità assoluta sono allora i due concetti filosofici che esprimono il processo storico della conoscenza della realtà oggettiva. Ciò che chiamiamo verità assoluta indica una conoscenza il cui contenuto riflette la realtà oggettiva in maniera completa, incondizionata e assoluta. Ciò che chiamiamo verità relativa è dunque una conoscenza il cui contenuto riflette la realtà oggettiva in modo approssimativo, incompleto e relativo.

Sappiamo che la particolarità della conoscenza umana è il passaggio dall’ignoranza alla conoscenza, da conoscenze incomplete a conoscenze più complete, da verità relative a verità assolute. Nel corso di questo processo, la conoscenza e la verità si trasformano nel loro sviluppo. Non possiamo rappresentarci la verità come una realtà priva di vita e di movimento, né come un’immagine che esaurirebbe definitivamente ogni aspetto della natura, senza omettere il minimo dettaglio. Non si può sperare di avere un giorno «la fortuna» di incontrare questa immagine. La conoscenza umana progredisce continuamente dalla verità relativa alla verità assoluta, verso la conoscenza completa e definitiva della totalità del mondo oggettivo. Ma il processo non ha fine e non può compiersi in modo definitivo. È un cammino storico senza fine. Lenin ha detto:

L’uomo non può mai cogliere la natura totale, la «sua totalità immediata», l’uomo non può che avvicinarsi indefinitamente a questo «punto» elaborando astrazioni, concetti, un’immagine scientifica del mondo ecc.[3]

Gli idealisti dicono: poiché la conoscenza del mondo oggettivo non può mai concludersi in modo definitivo, ciò dimostra che l’intelligenza umana è debole e incapace di raggiungere la verità. Questo punto di vista è errato. Lo sviluppo ininterrotto della conoscenza umana si impadronisce sempre più profondamente del mondo oggettivo, si avvicina continuamente alla verità assoluta, e questo dimostra chiaramente tutta la forza dell’intelligenza umana. Questa forza non consiste tanto nella capacità di raggiungere la verità assoluta, ma in questo avvicinamento continuo alla verità assoluta, passando continuamente dalla verità relativa alla verità assoluta. La verità assoluta non esiste indipendentemente dalla verità relativa; essa si forma progressivamente, per accumulazione di verità relative. La verità assoluta è costituita dalla somma delle verità relative che sono in continuo sviluppo. La storia dello sviluppo delle scienze dimostra pienamente che la conoscenza della verità è un processo, che la conoscenza umana è il processo dell’avvicinamento ininterrotto alla verità assoluta, a partire da verità relative.

Possiamo prendere l’esempio del problema della struttura della materia. Più di duemila anni fa, il filosofo greco Democrito sostenne che l’universo e l’uomo stesso fossero composti di atomi impercettibili e indivisibili. Era un’idea molto profonda, ma ancora niente più che un’ipotesi, o un’intuizione indimostrabile scientificamente.

La teoria atomica fu dimostrata nel corso dello sviluppo della scienza Il punto di vista puramente intuitivo e non scientifico di Democrito fu superato, ma si può anche dire che fu sviluppata la teoria atomica di Democrito. Questo è lo sviluppo della conoscenza del genere umano verso la composizione della materia, ma è anche lo sviluppo della verità.

Fu nel XIX secolo che la teoria atomica si affermò in modo completo. Numerosi scienziati ritennero che essa costituisse la verità più definitiva e più completa sulla struttura della materia. Ma ben presto si scoprì l’elettrone e la concezione della struttura della materia subì una vera rivoluzione. Da più di duemila anni l’atomo era sempre stato considerato la più piccola particella di materia, come un grano indivisibile. Oggi è provata che è composto di particelle ancora più piccole; lo sviluppo della fisica moderna dimostra che la struttura dell’atomo è estremamente complessa e si scoprono particelle fondamentali sempre più piccole: l’elettrone, il protone, il neutrone ecc. Si può tuttavia dire che la conoscenza ha esaurito la struttura della materia e a raggiunto la verità assoluta? Certamente no. Ciò che noi ignoriamo è ancora immenso. La conoscenza umana si sviluppa senza tregua, si accresce, si estende, e si può certo essere sicuri che, fra qualche decina e fra qualche centinaia di anni, sulla struttura della materia ne sapremo diecimila volte di più. Lo sviluppo della conoscenza è illimitato, la nostra conoscenza della struttura della materia progredisce continuamente e gli uomini non esauriranno mai la verità definitiva. Anche la conoscenza della materia si approfondisce senza sosta e la verità si accresce e si rafforza; dalla teoria atomica dell’antichità alla teoria atomica moderna, dalla teoria atomica moderna alla teoria degli elettroni contemporanea, il processo della conoscenza del la struttura della materia ha percorso tutti i passaggi che abbiamo riassunto. Ogni passaggio rappresenta una tappa particolare del processo di sviluppo della verità, del processo di avvicinamento progressivo alla verità assoluta attraverso le verità relative.

Si può anche prendere l’esempio dello sviluppo della teoria del sistema solare. La teoria scientifica del sistema solare fu enunciata da Copernico. Prima di Copernico dominava la teoria sbagliata, professata da Aristotele e Tolomeo, secondo cui la terra costituiva il centro immobile dell’universo. Copernico rifiutò questa teoria e dimostrò la posizione centrale del sole, e che la terra, come gli altri pianeti, ruotava intorno al sole ruotando su sé stessa.

Ma la dottrina di Aristotele e Tolomeo non era completamente assurda e conteneva alcuni elementi reali; Aristotele, per esempio, sostenne, per la prima volta nella storia delle scienze, che la terra era di forma sferica. Copernico e tutti gli scienziati successivi lo riconobbero.

Anche se Copernico aveva fondato la teoria scientifica del sistema solare, non aveva certo risolto tutti i problemi. Il suo contributo principale fu la corretta comprensione della collocazione rispettiva della terra e del sole nel sistema solare. Ma non aveva risolto il problema delle leggi del movimento dei pianeti e in questo era rimasto fermo alla teoria tolemaica dell’orbita circolare. Keplero, nel corso di lunghe ricerche, scoprì che l’orbita dei pianeti intorno al sole non descriveva un cerchio, ma di fatto un’ellisse. Egli scoprì anche le tre leggi del movimento dei pianeti.

Queste scoperte, realizzate sulla base del sistema di Copernico, superandone i limiti, segnarono una nuova tappa nello sviluppo della teoria del sistema solare. Sembravano soddisfacenti, ma non erano che leggi descrittive; non rispondevano che alla domanda del «come», ma non a quella del «perché», e non spiegavano la natura di questo movimento dei pianeti.

La teoria della dinamica inaugurata da Galileo e definita da Newton — in particolare la teoria della gravitazione universale di Newton — spiegò più tardi la natura del movimento dei pianeti e fornì la ragione e un’unica spiegazione alle tre leggi di Keplero.

Ma la dottrina di Newton non costituiva la spiegazione ultima e non poteva costituire una conclusione definitiva.

Anche in questo campo, la verità fu raggiunta passo dopo passo. Da Aristotele a Copernico, da Copernico a Keplero, da Keplero a Galileo e a Newton. E Newton non ha concluso il processo. Ma, nel corso del processo di sviluppo della verità, attraverso le verità relative e incomplete acquisite in ciascuna di queste tappe, ci si avvicina sempre più alla verità assoluta.

Come per la teoria della struttura della materia e la teoria del sistema solare, così anche tutte le altre scienze seguono lo stesso processo di sviluppo della conoscenza. Non esiste alcuna verità che possa essere raggiunta immediatamente; è necessario passare sempre attraverso un processo. È questo l’avvicinamento progressivo alla verità assoluta attraverso la verità relativa. Questa è la regola oggettiva dello sviluppo della verità. Engels ha scritto:

Ora, la verità è interna al processo stesso della conoscenza, è all’interno dello sviluppo storico della scienza; dai livelli più bassi del sapere, la scienza si innalza, di tappa in tappa, sempre più, ma non potrebbe mai raggiungere un punto oltre il quale, scoperta chissà quale verità assoluta, non riuscirebbe ad andare oltre, e non rimarrebbe di meglio che ammirarla, stupefatti, e contemplarla con le braccia incrociate. Questo vale tanto per le conoscenze filosofiche come per ogni altra conoscenza e per la stessa prassi.[4]

Ecco il significato della teoria della verità come processo. Solo impadronendosi di questa teoria, è possibile comprendere correttamente il problema del rapporto tra la verità relativa e la verità assoluta.

Dobbiamo, rispondere a questa domanda: perché la conoscenza della verità deve essere un processo e non può essere raggiunta immediatamente? Da cosa è determinata la relatività della conoscenza umana? È il problema della relatività della verità.

2. La verità relativa

Poiché la verità si acquisisce nel processo della conoscenza, questo processo non può avere conclusione; e la verità, raggiunta dagli uomini in una fase determinata, non può essere che una verità relativa.

Lo sviluppo delle scienze ha oggi raggiunto risultati sorprendenti, sia che si tratti di conoscenze acquisite sulla natura o sulla vita sociale. Numerosi enigmi della natura sono stati svelati e l’uomo è riuscito a entrare nel cuore del nucleo atomico. La portata delle sue osservazioni raggiunge zone dell’universo la cui distanza si misura in anni luce. Egli ha lanciato satelliti artificiali nello spazio e l’astronautica ha già raggiunto un livello elevato. Tutto ciò rivela la grande potenza dell’intelligenza umana.

Il marxismo ha scoperto le leggi dello sviluppo della società e ha dato la spiegazione più scientifica dello sviluppo della storia umana. Tutto ciò dimostra la grande capacità dell’umanità nel conoscere la verità. Tuttavia, si tratta ancora solo di verità relative e niente di più; si tratta di una certa tappa del processo di sviluppo della verità. Anche se in questa tappa la conoscenza si avvicina un po’ di più alla verità assoluta, non potrebbe esaurirla.

Cerchiamo di spiegare questo problema. Ma prima di rispondere cerchiamo di comprendere cosa è, in ultima analisi, il pensiero umano. Engels sostiene che il pensiero umano è una nozione che indica il pensiero dei milioni di individui che compongono le generazioni passate, presenti e future. Questo pensiero degli uomini, che avanza di generazione in generazione, può raggiungere la verità assoluta; ciò che si ignorava ieri è conosciuto oggi, ciò che si ignora oggi sarà conosciuto domani. Ciò significa che il raggiungimento della verità assoluta è il compito storico dell’umanità, di generazione in generazione. Questo pensiero delle generazioni umane non è un’astrazione, è costituito dai pensieri di uomini determinati che vi sono in ogni epoca della storia e si realizza nel pensiero di uomini concreti di ogni epoca. Orbene, il pensiero degli uomini di un’epoca determinata, come quello di ogni individuo è ugualmente limitato e non potrebbe esaurire la verità assoluta. Troviamo qui una contraddizione: da una parte, la conoscenza umana può essere detta assoluta, nella sua essenza; dall’altra parte, si realizza attraverso conoscenze limitate e relative. Engels scrive a questo proposito:

Il pensiero umano è nella stessa misura, sovrano e non sovrano e la sua capacità conoscitiva è, nella stessa misura, limitata e illimitata. Sovrane e illimitate per la sua natura sono la sua vocazione, la sua possibilità, la sua meta finale nella storia; non sovrana e limitata per la sua caratteristica singola è la sua realtà di ogni momento.

Come può risolversi questa contraddizione? Engels continua:

Questa contraddizione può essere risolta solo nel progredire infinito, nella successione delle generazioni umane che, almeno per noi, è praticamente infinita.[5]

Cioè questa contraddizione, per ogni generazione umana, non può essere risolta che in modo relativo, non in modo assoluto; ogni generazione può raggiungere solo verità relative e non potrebbe esaurire la verità assoluta.

Perché il pensiero degli uomini in un’epoca determinata non è sovrano ed è limitato e può solo raggiungere la verità relativa? In effetti, gli uomini non possono sottrarsi a due limitazioni essenziali.

La prima è inerente ai limiti stessi delle condizioni storiche e del livello di sviluppo della produzione; sono i limiti imposti dal grado di sviluppo della produzione, della tecnica e della lotta di classe.

In secondo luogo, il pensiero è sottoposto ai limiti del corpo e dello spirito. Sono i limiti stessi della vita, dell’educazione ricevuta, dei metodi di pensiero ecc.

Queste limitazioni sono di ordine oggettivo e l’uomo non può trasformarle a suo piacimento. Il sapere del pensatore più geniale e più eminente non potrebbe oltrepassare i limiti imposti dalle condizioni storiche al suo campo di azione. In certi settori della scienza, potrà superare il livello generale raggiunto dallo sviluppo delle conoscenze; ma, nell’insieme, è un prodotto del suo tempo. Engels riteneva che Aristotele fosse stato il più grande erudito dell’antichità, il pensatore che aveva sintetizzato, nei vari campi, tutto il sapere dell’antichità. Ma il suo sapere e il suo talento non poterono sottrarsi ai limiti imposti dalla sua epoca; per esempio, Aristotele ignorava l’esistenza degli elementi chimici, che furono scoperti più di duemila anni dopo di lui. Per questo Engels scrive:

Noi possiamo portare avanti le conoscenze soltanto nelle condizioni della nostra epoca, e possiamo arrivare solo al livello raggiunto da queste condizioni.[6]

Prendiamo il caso delle scienze della natura; le scienze naturali sono conoscenze del mondo della natura; esse sono direttamente in rapporto con la produzione. È nel processo di produzione che emergono i principali problemi studiati dalle scienze della natura; gli strumenti che esse utilizzano nelle loro ricerche dipendono dal livello di sviluppo della produzione. Nell’antichità, le conoscenze dei fenomeni naturali che gli uomini potevano acquisire si fondavano soprattutto sulla sensazione soggettiva immediata e sull’osservazione diretta; non esisteva il minimo strumento scientifico. In quell’epoca, gli uomini che si occupavano di scienza potevano acquisire solo conoscenze molto incerte e imprecise. Più tardi comparvero strumenti con la bilancia, il termometro, poi il microscopio, il cannocchiale, la calcolatrice ecc. Tutto questo estese le prospettive degli uomini e li aiutò a raggiungere ciò che rimaneva per loro impenetrabile: i microorganismi, il movimento dei corpi celesti; col termometro si poté conoscere esattamente la temperatura dell’aria e dell’acqua, con la bilancia si poté misurare con precisione il peso di ogni oggetto.

La storia dell’uso del microscopio ha più di tre secoli e mezzo. I primi strumenti ingrandivano da 10 a 20 volte, poi in seguito ingrandirono 50 volte, poi 200 volte e più. Fu un grande progresso, che già permetteva all’uomo di scrutare i misteri della natura. Ma oggi il microscopio elettronico può ingrandire più di centomila volte; e recentemente, il microscopio ionico è arrivato ad ingrandire cinque milioni di volte.

Gli apparecchi e gli strumenti usati oggi dagli scienziati sarebbero stati impensabili per gli scienziati di altre epoche. Per esempio, il calcolatore elettronico che in un’ora può effettuare decine di migliaia di operazioni. Con l’aiuto di un simile strumento, in un solo giorno, si possono risolvere problemi che avrebbero richiesto decine di anni di lavoro.

Così, dunque, le conoscenze che possono acquisire gli scienziati sono più profonde, più estese, più complete e precise che nel passato; senza l’aiuto di tali strumenti, il loro sapere sarebbe costretto a rimanere entro ristretti limiti. Questi strumenti sono oggi molto sviluppati, ma non ad un limite estremo; la tecnica di questi strumenti si sviluppa sempre, e quelli del futuro saranno molto più precisi e perfetti. Non c’è alcun dubbio che l’uomo di domani avrà una conoscenza della natura più profonda e adeguata; anche noi subiamo ogni genere di limitazioni storiche e le conoscenze che abbiamo raggiunto sono verità relative, approssimative e incomplete.

Lo sviluppo degli strumenti e degli apparecchi scientifici è determinato dallo sviluppo della produzione. Senza sviluppo della produzione, la costruzione di strumenti precisi e delicati sarebbe impossibile. Per questo, essa subisce, in ultima istanza, i limiti dello sviluppo raggiunto dal processo produttivo. La situazione delle scienze della natura si sviluppa secondo il grado di sviluppo della produzione.

Prendiamo in considerazione di nuovo le scienze sociali che sono le conoscenze acquisite sulla vita sociale. Anche queste subiscono i limiti delle condizioni storiche. Si tratta qui di limiti delle condizioni dello sviluppo della produzione e limiti delle posizioni di classe. Le scienze sociali premarxiste non avevano rigorosamente niente di scientifico; erano tutte dominate dall’idealismo e deformavano completamente il vero aspetto della società. Soltanto con Marx nacque una scienza sociale autentica: il marxismo. Il fatto che prima di lui fosse impossibile una conoscenza corretta della vita sociale, e che solo con Marx si ebbe un metodo corretto, si spiega principalmente con le condizioni storiche. Mao ne spiega le ragioni:

Per un periodo storico molto lungo gli uomini poterono comprendere solo unilateralmente la storia della società; ciò era dovuto da una parte ai pregiudizi delle classi sfruttatrici che deformavano costantemente la storia della società e dall’altra parte alla scala ridotta della produzione che limitava la visuale degli uomini. Solo quando, con la comparsa di forze produttrici gigantesche — la grande industria — apparve il proletariato moderno, gli uomini poterono raggiungere una comprensione storica completa dello sviluppo storico della società e trasformare le loro conoscenze della società in una scienza: la scienza marxista.[7]

Marx ed Engels sono stati i più grandi pensatori della storia dell’umanità; ma non hanno affatto esaurito la conoscenza della società umana e non sono giunti al «termine» della verità. Anche il pensiero di Marx e di Engels ha subito i limiti delle condizioni storiche. Tutti i risultati della loro attività riflettono le condizioni dell’epoca in cui vivevano e non oltrepassano il campo d’azione che tali condizioni offrivano. Per esempio: hanno dimostrato scientificamente la necessità della fine del capitalismo e l’inevitabile avvento del comunismo; hanno indicato le caratteristiche generali del socialismo e del comunismo; ma non hanno mai pensato di esporne tutte le leggi precise e concrete. Non che mancassero di perspicacia; hanno dimostrato così che dei materialisti dialettici devono assumere l’atteggiamento di cercare la verità nei fatti stessi. Sappiamo che i socialisti utopisti premarxisti avevano descritto nei minimi dettagli ciò che doveva essere la futura società socialista, fino a discutere della forma dei tavoli su cui si sarebbe pranzato! È proprio questo atteggiamento che mostra il carattere utopico del loro socialismo. In effetti, essi non fondavano le loro pretese descrizioni sulla realtà di uno sviluppo storico; ma queste precise descrizioni uscivano semplicemente dalla loro testa. Tutti questi castelli in aria di socialisti utopisti dimostrano che il loro pensiero non poteva superare i limiti imposti dalle condizioni della loro epoca. Se si pensa di poterli superare, si cade inevitabilmente nell’utopia soggettivistica e nell’idealismo.

Per riassumere, la conoscenza umana non può dunque liberarsi dalle condizioni storiche e sociali e dai loro limiti; nessuno può superarli o ignorarli. Proprio per questo motivo, in ogni epoca, le conoscenze acquisite dagli uomini sono limitate, e le verità che essi raggiungono sono approssimative, incomplete e dunque sono verità relative.

Ma allora, in fin dei conti, non esiste la verità assoluta?

3. La verità assoluta

C’è una verità assoluta? Nella storia della filosofia alcuni lo negano. La loro risposta a questa questione è che il processo della conoscenza umana non che una serie di teorie diverse che si sostituiscono le une alle altre. Ciò che oggi viene considerato una verità, domani sarà rifiutato.

Ogni conoscenza si trasforma, niente è stabile e sicuro; ciò vorrebbe dire che non ci sono che verità relative e non esiste fondamentalmente nessuna verità assoluta. Questo punto di vista filosofico si chiama relativismo.

Al contrario, il materialismo dialettico risponde affermativamente alla nostra domanda. Lenin scrive:

Essere materialisti vuoi dire ammettere la verità oggettiva che ci è rivelata dagli organi dei sensi. Ammettere la verità oggettiva, e cioè la verità indipendente dall’uomo e dal genere umano, vuoi dire ammettere, in un modo o nell’altro, la verità assoluta.[8]

Dal fatto che, nel processo della conoscenza umana, le diverse teorie si succedono e si sostituiscono le une alle altre, il relativismo conclude che la verità assoluta non esiste; si tratta di una conclusione unilaterale e sbagliata. Il marxismo, l’abbiamo visto, non mette in dubbio per un solo istante la relatività della verità, e non nega che il processo della conoscenza si presenti come una successione di dottrine che si sostituiscono le une alle altre. Ma questo non va interpretato in maniera nichilista. Questa successione manifesta lo sviluppo della conoscenza umana. La sostituzione di una dottrina a un’altra non rappresenta un semplice cambiamento: costituisce un’evoluzione positiva, da un grado inferiore a un grado superiore, da un apprendimento unilaterale del mondo a un apprendimento che ne coglie tutti gli aspetti. Molto spesso, una nuova teoria mantiene gli aspetti positivi già acquisiti delle teorie precedenti e li sviluppa scientificamente, come dimostrano chiaramente gli esempi portati prima a proposito dello sviluppo della teoria della struttura della materia e della teoria del sistema solare. Dalla teoria atomica antica alla teoria elettronica contemporanea .—- passando per la teoria atomica moderna — quando una teoria nuova rimpiazza l’antica, non la nega in modo semplice: integra gli elementi di verità scientifica che conteneva e li sviluppa continuamente. Così, dopo che Copernico ebbe fondato la teoria eliocentrica, Keplero, Galileo e Newton ne fecero una premessa evidente delle proprie teorie e la assunsero come base delle proprie ricerche.

Possiamo prendere un nuovo esempio per esporre questo problema: lo sviluppo della teoria della luce. Nel 1704, Newton, nella sua Ottica, propose la teoria corpuscolare della luce. Nello stesso periodo, lo scienziato olandese Huygens concepì una teoria ondulatoria della luce. Ognuna delle due teorie era in grado di spiegare certi fenomeni ottici, e l’una non poteva rifiutare l’altra. Ma il prestigio di Newton era tale che la sua teoria corpuscolare prevalse per un secolo - Quando più tardi si scoprirono certi fenomeni che la teoria corpuscolare non poteva spiegare, allora la teoria ondulatoria prese il primo posto. La teoria corpuscolare riteneva che i corpi, emettendo luce, proiettano piccolissime particelle di materia, il cui movimento raggiungeva una notevole velocità. Secondo questa teoria, le particelle di materia erano distanti le une dalle altre e la luce era appunto composta da queste particelle emesse separatamente. Ciò induceva a considerare il fenomeno luminoso un processo discontinuo. La teoria ondulatoria, d’altra parte, considerava che esistesse un corpo particolare, l’etere, che riempiva lo spazio interstellare. Era una specie di struttura intermediaria in cui i corpi, emettendo luce, provocavano delle onde il cui movimento vibratorio si diffondeva a ondate. Il fenomeno luminoso veniva così considerato un processo continuo. In seguito, la scoperta di fatti sperimentali, che la teoria ondulatoria non poteva spiegare, portò alla comparsa di una nuova teoria corpuscolare. Nel 1900, Plank avanzò la teoria quantistica della luce. Secondo questa teoria, la luce non circolava come flusso continuo, ma in modo discontinuo, sotto forma di particelle emesse o assorbite una ad una. Plank chiamò queste particelle «quanti». Questa teoria quantistica sembrava una negazione della teoria ondulatoria e un ritorno alla teoria corpuscolare. Invece, riprendeva la teoria corpuscolare a un livello molto superiore; in effetti, l’antica teoria corpuscolare considerava le particelle come semplici granelli di materia e le concepiva in maniera puramente meccanicistica, mentre la nuova teoria quantistica riteneva che i «quanti» avessero una natura elettromagnetica.

La teoria dei «quanti» non poteva ancora spiegare in modo soddisfacente fenomeni fisici come la rifrazione luminosa, gli effetti di riflessione luminosa, di dispersione, di diffrazione ecc., che precedentemente avevano trovato una spiegazione molto semplice nella teoria ondulatoria. Tuttavia spiegava molto facilmente tutti i fenomeni che si verificavano nell’atomo e nella molecola, attraverso il rapporto tra l’emissione e l’assorbimento di cui la teoria ondulatoria non poteva rendere conto.

Si può dunque vedere come ognuna di queste due teorie non poteva spiegare che certi aspetti del fenomeno luminoso e non il fenomeno nel suo complesso.

Solo recentemente i fisici sono riusciti a compiere, in un’unica teoria, la sintesi della teoria ondulatoria della luce e della teoria dei quanti.

Nello sviluppo della teoria della luce, le teorie si sono dunque susseguite senza che nessuna abbia mai potuto essere considerata la verità assoluta e definitiva. Lo stesso avviene con la teoria attuale, che non rappresenta nulla di più che una nuova tappa sulla via che conduce a una verità più profonda. È indiscutibile che si tratta di una verità più approfondita, più adeguata, più completa delle teorie di Newton e di Huygens. Ma questo ci può autorizzare forse a dire che queste teorie non contenevano alcun elemento di verità assoluta? Certamente no, perché, anche se per certi aspetti erano meno complete e meno avanzate, contenevano tuttavia elementi acquisiti definitivamente e irrefutabili, elementi di verità assoluta. La teoria corpuscolare di Newton e la teoria ondulatoria di Huygens riflettono ognuna un aspetto del movimento della luce: la prima, per il suo carattere discontinuo, la seconda, per il suo carattere di continuità. L’attuale teoria che sintetizza le due teorie, mostra l’unità di questi due aspetti.

L’esempio dello sviluppo della teoria della luce ha dimostrato, ancora una volta, che è sbagliato concludere che la verità assoluta non esiste per il fatto che una teoria si sviluppi e le teorie si susseguano le une alle altre. Al contrario, questo ci deve fare giustamente riconoscere la verità assoluta; in effetti, ogni nuova teoria è un passo avanti, uno sviluppo che aumenta la parte di verità irrefutabile, la parte di verità assoluta.

La storia dello sviluppo della filosofia ce lo dimostra ugualmente. Un aspetto della storia della filosofia è la storia della lotta tra il materialismo e l’idealismo ed è nello stesso tempo la storia del continuo sviluppo del materialismo. Nel corso dello sviluppo della filosofia, il materialismo ha assunto varie forme, e ognuna ha rappresentato una tappa dello sviluppo della conoscenza umana, in questo relativa. Ma ogni volta che una nuova forma di materialismo rimpiazzava una forma antica, ciò rappresentava uno sviluppo e un approfondimento della conoscenza della verità da parte degli uomini, e costituiva un passo avanti verso la verità assoluta. Quando Marx ed Engels fondarono il materialismo dialettico e il materialismo storico, ciò rappresentava il più notevole risultato dello sviluppo della filosofia materialista; tuttavia, la filosofia marxista non ha affatto «esaurito» la verità e anch’essa ha bisogno di essere continuamente sviluppata.

La nascita della filosofia marxista fu una rivoluzione nella storia dello sviluppo della filosofia: ma questa rivoluzione non può essere un risultato senza rapporto con la filosofia precedente. Non potremmo pretendere che lo sviluppo filosofico anteriore a Marx non presenti alcun elemento solido e consistente, alcun aspetto di verità assoluta. In realtà, la filosofia premarxista non ha cessato di accumulare elementi di verità assoluta e per questo ha costituito i presupposti ideologici necessari per la creazione di una filosofia più profonda e più perfetta.

La filosofia marxista è la grande sintesi di tutto lo sviluppo filosofico precedente, la grande sintesi dello sviluppo della verità. Senza i risultati accumulati nel corso del lungo sviluppo della filosofia antica, la creazione del marxismo non sarebbe stata possibile.

Da tutto questo si può vedere come lo sviluppo delle della natura e delle scienze sociali manifesti l’esistenza della verità assoluta. Nel processo dello sviluppo scientifico, la verità assoluta si accumula e si accresce continuamente. La conoscenza umana consiste nell’apprendere progressivamente la verità assoluta e nell’avvicinarsi passo per passo, attraverso lo sviluppo scientifico, di teoria in teoria, di dottrina in dottrina. Come scrive Lenin:

I limiti di approssirnazione delle nostre conoscenze alla verità oggettiva assoluta sono storicamente legati alle condizioni storiche, ma l’esistenza di questa verità è senza condizioni, come è incondizionabile il fatto che noi ci avviciniamo ad essa. I contorni del quadro sono storicamente condizionati ma è incondizionato il fatto che questo quadro rappresenta un modello oggettivamente esistente. Storicamente condizionati sono l’epoca e le condizioni in cui abbiamo progredito nella nostra conoscenza della natura delle cose fino a scoprire l’alizarina nel catrame e gli elettroni nell’atomo, ma ciò che non è per nulla condizionato è che ogni scoperta di questo genere è un passo avanti della «conoscenza oggettiva assoluta». In una parola, ogni ideologia è storicamente condizionata, ma è incondizionato il fatto che ad ogni ideologia scientifica (a differenza, per esempio, dell’ideologia religiosa) corrisponde una verità oggettiva, una natura assoluta.[9]

Il marxismo contemporaneamente riconosce l’esistenza della verità assoluta e ritiene che la verità sia relativa; come possiamo concepire il rapporto della verità relativa con la verità assoluta?

4. Il rapporto tra verità relativa e verità assoluta

Certi non comprendono la natura dialettica del rapporto tra verità relativa e verità assoluta; spesso contrappongono i due termini in maniera assoluta, portandone uno alle stelle e ponendo più che sotto terra l’altro. Dal loro punto di vista, se si accetta la relatività della verità, non è possibile riconoscere contemporaneamente che esista una verità assoluta e viceversa. Secondo loro, una esclude l’altra, non possono essere contenute l’una nell’altra. Un’espressione di questo punto di vista è vedere una contraddizione nel simultaneo riconoscimento della verità assoluta e della verità relativa da parte del marxismo.

Nella storia della filosofia, alcuni hanno riconosciuto la verità relativa negando il relativismo della verità assoluta, alcuni hanno respinto radicalmente le verità relative. Secondo loro, ogni verità è eterna, immutabile e la conoscenza umana sarebbe in grado di esaurire definitivamente la verità assoluta. In filosofia questa opinione si chiama dogmatismo.

Il marxismo riconosce la verità assoluta, ma questa verità assoluta è essenzialmente diversa da quella di cui parla il dogmatismo. A questo proposito non bisogna fare nessuna confusione. Questo dogmatismo è una manifestazione della concezione metafisica del mondo; parte da un rifiuto delle verità relative e ritiene che, in una sola volta, l’attività dell’intelletto umano possa esaurire il contenuto del mondo reale e accedere alla verità assoluta, definitiva e suprema. Prima di Marx, molti filosofi hanno sognato di stabilire una volta per tutte il sistema completo della verità assoluta. Ma lo sviluppo della storia sentenziò la rovina di tutti i sistemi, uno dopo l’altro.

Il marxismo riconosce la verità assoluta ma si oppone risolutamente alla verità assoluta metafisica, che esaurirebbe definitivamente la realtà. La conoscenza della verità è un processo e ogni verità è essa stessa in sviluppo. È per questo che il materialismo dialettico ritiene che raggiungere la verità assoluta e definitiva, esaurendo totalmente la realtà, è una cosa impossibile. Il mondo reale è un processo che si sviluppa illimitatamente; proprio per questo il suo riflesso nell’intelletto umano è un processo senza sosta dello sviluppo. Questi due processi, per la stessa continuità del loro sviluppo ininterrotto, possono progressivamente armonizzarsi ma mai in maniera definitiva e compiuta. La conoscenza si trasforma senza sosta e la verità si sviluppa. Non può esserci una verità eterna senza cambiamenti e non può esserci una verità assoluta esistente, globale e perfetta. La sola verità assoluta è che non può darsi verità definitiva. La verità assoluta non è eterna e immutabile; è inesauribile, si può avvicinarla solo attraverso innumerevoli verità relative. Essa non è irrimediabilmente separata dalle verità relative. Lenin dice: «La verità assoluta è costituita dalle verità relative»[10]

Mao ha sviluppato questa tesi:

I marxisti riconoscono che, nel processo generale, assoluto, di sviluppo dell’universo, lo sviluppo di ogni processo concreto particolare è relativo. Perciò, nel grande flusso della verità assoluta, la conoscenza umana del processo concreto, in ciascuna determinata fase di sviluppo, attinge soltanto verità relative. Dalla somma delle innumerevoli verità relative risulta la verità assoluta.[11]

Cosa vogliono dire Lenin e il presidente Mao con le espressioni «costituita da» e «somma»? Significa che questa «costituzione» e questa «somma» sono già compiute definitivamente ora? No. Ciò significa che, in avvenire, coglieremo finalmente la verità assoluta definitivamente «costituita» e «sommata»? Niente di tutto questo. La «costituzione» e la «somma» di cui si parla qui si realizzano attraverso lo sviluppo progressivo della conoscenza, ed è attraverso l’allargamento continuo delle verità relative e l’accumulazione delle verità parziali che ci si avvicina indefinitamente alla verità assoluta. Ma il movimento della conoscenza umana è infinito; per questo questa «costituzione» e questa «somma» sono infinite. Così la « costituzione» e la «somma» completa sono impossibili, come pure la verità assoluta che abbracci ora tutta la realtà.

Lo scacco dei filosofi che prima di Marx cercavano di raggiungere la verità assoluta e definitiva ha origine da questa pretesa di oltrepassare le possibilità date dalla stessa realtà.

Il dogmatismo considera che ogni verità sia eterna e immutabile; anche questo è del tutto sbagliato. Alcuni diranno: verità come «2 + 2 = 4», «la somma dei tre angoli di un triangolo è uguale a due angoli retti», «Parigi è in Francia», «l’uomo muore se non mangia», «Napoleone è morto il 5 maggio 1821» ecc., non sono verità eterne e immutabili?

Senza dubbio: certamente esiste questo genere di verità. Chiunque può trovare centinaia di migliaia di esempi di questo tipo, come: il cane ha quattro zampe, l’uomo ha due gambe, l’uccello ha un becco, il cavallo ha dei peli ecc. A nessuno verrà in mente di dubitarne. Ma cosa sono in fin dei conti queste pretese verità immutabili? Per lo più non si tratta di altro che dell’affermazione o della constatazione di alcuni fenomeni molto semplici. Tali affermazioni hanno senz’altro un carattere di verità «immutabili», ma non hanno una grande importanza per lo sviluppo della conoscenza umana. Il metafisico Dühring contrabbandava questo genere di merci sotto l’etichetta di «verità eterne». Engels si fece beffe della volgarità con cui Dühring concepiva le nozioni di verità eterne e di verità assoluta e mise in evidenza tutta l’idiozia di esaltare simili banalità. Engels riteneva che, per far progredire il materialismo, era necessario liberarsi di queste nozioni, imparare a porre dialetticamente il problema del rapporto tra verità relativa e verità assoluta e saperlo risolvere.

Lo sviluppo della scienza mostra chiaramente che la verità assoluta si realizza sempre attraverso le verità relative, che la verità eterna si incarna in verità limitate. Ogni verità è l’unità della verità assoluta e della verità relativa. Anche le verità come «2 + 2 = 4» o «la somma dei tre angoli di un triangolo è uguale alla somma di due angoli retti», hanno un carattere relativo. Tali verità rappresentano la conoscenza di processi particolari. Mao scrive:

La conoscenza che gli uomini hanno di un processo concreto a ogni grado del suo sviluppo, non è altro che una verità relativa.[12]

Anche queste conoscenze sono sottoposte a delle condizioni: la condizione di «2 + 2 = 4» è l’impiego del sistema decimale; in un sistema matematico binario o temano la somma «2+2» non è uguale a 4, e questa verità diviene un errore[13]. Quanto alla proposizione «la somma dei tre angoli di un triangolo è uguale alla somma di due angoli retti», è vera solo nel quadro della geometria euclidea; la geometria non-euclidea non la riconosce.

Taluni citano alcuni principi scientifici generali per provare che esistono delle verità assolute eterne e immutabili, del tipo: «il mondo è materiale, la materia è il principio fondamentale, la coscienza viene dopo» ecc. Questo è evidente, e la filosofia marxista comporta molti altri principi di questo genere! Di fatto, i principi della filosofia marxista sono leggi generali che hanno una portata universale. In questo senso si può dire che si tratta di verità assolute. Tuttavia, si può affermare che si tratta di verità immutabili, definitive, che non c’è bisogno di sviluparle? Certamente no! I principi sopra citati come esempio sono certo verità irrefutabili, ma il loro contenuto deve essere sviluppato ulteriormente e si completerà e arricchirà nella misura di questo sviluppo. Per esempio: la scienza, che ha dimostrato che l’universo è materiale, che la vita si è sviluppata a partire dalla materia inorganica, che il pensiero è intimamente legato al cervello, ha già fatto un lavoro non da poco e costituito una base solida per la filosofia materialista; tuttavia, quante questioni rimangono da risolvere in questi campi!

La prospettiva umana sui fenomeni dell’universo rimane molto limitata, e tutti questi problemi, come il modo in cui la vita è nata e si è sviluppata a partire dalla materia inorganica, non sono ancora chiari; i progressi nella ricerca e nella soluzione di questi problemi potranno sviluppare e approfondire ulteriormente il principio della materialità del mondo, della natura fondamentale della materia e quella secondaria della coscienza. Engels ha detto:

L’unità reale del mondo consiste nella sua materialità, e questa è dimostrata non da alcune frasi cabalistiche, ma da uno sviluppo lungo e laborioso della filosofia e delle scienze naturali.[14]

Nello stesso tempo, dobbiamo tenere bene presente che i principi generali del materialismo hanno un significato solo se sono legati alla prassi. Per affrontare la realtà da autentici materialisti, è necessario impegnarsi in un arduo lavoro di inchieste e di ricerche.

Per questo constatiamo che contentarsi di «cogliere» i principi generali del materialismo, senza impegnarsi in profonde inchieste e ricerche, significa fare di questi principi frasi assolutamente vuote. Si può essere autentici materialisti solo unendo i principi del materialismo alla realtà; soltanto così è possibile far progredire sempre più il materialismo.

Il marxismo ritiene che la conoscenza della verità sia un processo, che la verità assoluta sia costituita di verità relative e si realizzi attraverso le verità relative. La verità assoluta e la verità relativa non possono esistere separatamente.

Poiché ogni verità è l’unità della verità assoluta e della verità relativa, il compito di conoscere la verità non consiste nella ricerca di non si sa quale verità assoluta, definitiva ed eterna, ma nella ricerca dell’illimitato nel limitato, dell’assoluto nel relativo.

Engels scrive:

«Possiamo conoscere solo il finito». Questa proposizione è assolutamente giusta; possiamo esplorare solo il campo molto limitato della nostra conoscenza, ma questa proposizione deve essere completata in questo modo: «Possiamo profondamente conoscere solo l’infinito». In realtà, tutte le nostre conoscenze più effettive, più concrete e complete, consistono in questo: il nostro pensiero porta le singole cose dalla singolarità alla specificità, poi dalla specificità all’universalità; nel finito, cerchiamo l’infinito; nel temporaneo, l’eterno; quindi determiniamo e definiamo tutto questo. La forma dell’universale è in ogni caso la forma di ciò che si compie in sé; per questo è una forma infinita per natura; essa unisce i infinito e la molteplicità delle cose finite.[15]

In questo passaggio Engels espone il processo della conoscenza e il rapporto dialettico tra la verità assoluta e la verità relativa.

La dialettica considera che tra la verità assoluta e la verità relativa non ci sia un abisso insormontabile. Il mondo oggettivo, assoluto, è composto dall’insieme di tutti i suoi aspetti relativi, tutto ciò che è infinito è costituito dalla molteplicità finita. Tutto ciò che è infinito, eterno, assoluto, esiste nel finito, nel cambiamento, nel relativo. D’altra parte, tutti gli aspetti finiti del mondo esistono all’interno della totalità e dell’assoluto. Tutte le cose sono legate reciprocamente e dialetticamente tra loro. Poiché nel relativo c’è assoluto, l’infinito nel finito, il generale nel particolare; allora la conoscenza del relativo, del finito e del particolare comporta una conoscenza dell’infinito e dell’assoluto. Quanto più cose limitate e relative comprendiamo, tanto più comprendiamo l’assoluto; la verità assoluta è costituita di innumerevoli verità relative.

Orbene, la dialettica marxista considera che una verità scientifica non possa essere né puramente relativa, né definitivamente assoluta. Ma poiché essa è verità relativa e anche verità assoluta, unisce in sé stessa verità relativa e verità assoluta. In quanto conoscenza di una realtà limitata, è relativa e temporanea; in quanto riflette il mondo oggettivo e conferma elementi acquisiti che non possono essere rifiutati, è eterna e assoluta. Per questo la verità è eterna e temporanea, assoluta e relativa.

Il relativismo e il dogmatismo non hanno capito nulla del rapporto della verità relativa e della verità assoluta; essi commettono l’errore di contrapporre due assoluti.

5. Contro il relativismo e contro il dogmatismo

Il dogmatismo è una manifestazione del pensiero metafisico. La proposizione «l’affermazione è l’affermazione, la «negazione è la negazione» è lo spirito del dogmatismo. Secondo questa proposizione, non esistono che la verità eterna, assoluta, oppure l’errore assoluto; non esiste la verità relativa, incompleta e approssimata. Non c’è che la verità assoluta e non esiste verità al di fuori della verità assoluta. Un tale punto di vista non è stato raro nella storia della filosofia cinese; così Dong Zhongshu scriveva:

La grande origine della Via [dao] procede dal Cielo; il Cielo è immutabile, quindi anche la Via [dao] è immutabile.

Sotto la dinastia dei Song, Cheng Yi (1033-1107) diceva:

Nel mondo esiste un unico Principio [Li] che si diffonde in egual modo ovunque e può applicarsi a tutto; per conoscerlo dobbiamo interrogare il Cielo e la Terra, dobbiamo studiare i principi immutabili che reggono l’universo.

In questa concezione si esprime lo stesso dogmatismo metafisico.

Dong Zhongshu e Cheng Yi fecero l’apologia del sistema feudale e vollero farne una verità immutabile, eterna e assoluta. La concezione che Dühring aveva della verità era un esempio tipico del dogmatismo. Dühring considerava che «la verità autentica non cambia mai», che ogni verità fosse eterna. Engels fece una acuta critica di questo dogmatismo: considerare verità eterne delle cose molto semplici come «due più due fanno quattro» o «Parigi è in Francia» e pretendere che esista solo la verità eterna non è da persona intelligenti. In effetti, al di là di simili banalità, i risultati acquisiti nei diversi campi della scienza non sono mai verità eterne e assolute, ma verità relative. Ciò che ignoriamo supera infinitamente quanto conosciamo, e ciò che è acquisito richiede molto spesso di essere precisato e sviluppato. Il complessivo sviluppo delle scienze dimostra che il dogmatismo non sta in piedi, che è sbagliato.

La sostanza dell’errore del dogmatismo consiste nello scindere l’unità della verità assoluta e della verità relativa e nel fare unilateralmente l’apologia della verità assoluta.

Sul piano della teoria della conoscenza, il dogmatismo non capisce che la conoscenza umana è un processo; si basa su una teoria meccanicistica del riflesso, secondo cui la conoscenza potrebbe compiersi in una volta sola. Per questo assume come compito il perseguimento unilaterale della sola verità assoluta e dappertutto proclama come verità assoluta le verità già acquisite dagli uomini.

L’ideologia e il metodo del dogmatismo sono veramente un vano sforzo! Proprio per questo, i limiti tracciati dalle condizioni storiche al campo della conoscenza umana determinano il fallimento delle concezioni del dogmatismo.

Il dogmatismo è una teoria estremamente nefasta. In effetti, non riconoscendo altro che la verità assoluta e negando la verità relativa, non si può capire nulla del processo di sviluppo della conoscenza. Se dunque non esistono verità relative e se ogni verità è assoluta, allora è necessario proclamare verità assolute tutte le verità scientifiche relative, oppure dichiararle tutte errate. Queste due affermazioni sono ugualmente nefaste per lo sviluppo scientifico. La prima giunge a considerare che le verità acquisite dalla scienza sono assolutamente soddisfacenti e complete, non hanno più bisogno di essere sviluppate, e gli uomini non hanno altro da fare che adorarle come testi sacri e impararle a memoria. Questa teoria assurda è il nemico dello sviluppo scientifico. La seconda affermazione, che proclama errato tutto lo sviluppo scientifico precedente, presenta la storia delle scienze e della conoscenza umana come un seguito di penosi errori. Questa strana conclusione è evidentemente una stravaganza e un’assurdità. Riprendendo l’esempio delle teorie della struttura della materia, secondo il dogmatismo, se si riconoscesse la verità della teoria degli elettroni odierna bisognerebbe considerare errate tutte le antiche teorie atomiche.

La stessa teoria elettronica sarebbe una verità assoluta che non avrebbe più bisogno di essere sviluppata; questo significa, evidentemente, voltare le spalle alla realtà dello sviluppo scientifico.

Il dogmatismo può condurre all’idealismo. Questo atteggiamento, che si fonda sulla divisione della verità assoluta dalla verità relativa e riconosce solo la verità assoluta, in pratica riconosce una generalità lontano da ogni singola realtà, e un assoluto separato dal relativo; e già questo nasconde l’idealismo. In effetti, il generale e l’assoluto non esistono indipendentemente e isolatamente; esistono nel particolare e nel relativo. Ammettere una generalità indipendente dalle singole cose e un assoluto staccato dal relativo, significa cadere nell’idealismo.

Il dogmatismo, che esaspera unilateralmente il carattere assoluto della verità e fa di ogni verità una verità assoluta, apparentemente esalta la verità mentre, in realtà, non fa che strangolarla e liquidarla. Sia che proclami come assoluta la verità relativa o che l’accusi di errore, non può che nuocere alla scienza e alla verità. Comincia col negare che la verità possa essere ulteriormente sviluppata, finisce col negare radicalmente la verità oggettiva; questo significa negare la scienza e lo sviluppo scientifico.

Anche la filosofia marxista ammette la verità assoluta, ma in modo completamente diverso dal dogmatismo. Ecco quali sono queste differenze fondamentali:

1. Il punto di partenza del dogmatismo per affermare il carattere assoluto della verità è che la conoscenza umana possa esaurire in una sola volta il mondo reale; ecco perché la sua pretesa verità assoluta consiste in una conoscenza fissa, immutabile, considerata assolutamente completa e definitiva. Il marxismo considera che la conoscenza umana sta un processo, che non possa esaurire il mondo reale in un solo colpo, che gli uomini possano avvicinarsi progressivamente alla verità assoluta attraverso verità relative, ma che non potranno mai giungere a una verità assoluta e definitiva che abbracci la totalità del mondo reale. Questa concezione della conoscenza come un processo è il principale punto di opposizione fra il marxismo e il dogmatismo.

2. Il dogmatismo ammette solo la verità assoluta e rifiuta la verità relativa. Il marxismo considera che la verità assoluta sia costituita di verità relative. Riconoscere la verità relativa significa ammettere l’esistenza delle verità approssimate e incomplete; è un atteggiamento completamente diverso da quello dogmatico, che talvolta proclama verità assoluta delle verità scientifiche relative oppure le accusa di essere semplicemente errate. Il marxismo può così promuovere considerevolmente lo sviluppo della conoscenza scientifica; valuta dialetticamente l’unità della verità assoluta e della verità relativa, e questo gli permette la sua profonda comprensione della sostanza del processo della conoscenza umana.

3. Il dogmatismo fa di qualche misero luogo comune la verità eterna, avvilisce volgarmente le nozioni di verità eterna e di verità assoluta. Il marxismo ritiene che essa esista, ma che è poco intelligente sprecare grandi parole per cose di poco conto. Il marxismo considera che invece di avvilire queste nozioni, è molto meglio sforzarsi di impostare bene il problema del rapporto tra verità relativa e verità assoluta e risolverlo.

Quanto al relativismo, è una forma di idealismo. I filosofi della borghesia moderna, così come i revisionisti moderni, si servono molto spesso del relativismo per attaccare il marxismo. L’empirismo filosofico borghese proclama, un po’ in tutti i toni, che «la conoscenza scientifica non contiene nessuna verità assoluta oggettiva; la verità è solo relativa». Il revisionismo moderno si è messo a seguire la moda filosofica borghese, la utilizza per «rivedere» il marxismo; manovra con l’aiuto di sofismi relativistici per dire che il marxismo-leninismo conferma certo qualche verità che è tuttavia puramente relativa. Di fatto, fare del marxismo un relativismo, non è una macchinazione molto nuova; Bodganov, il revisionista della vecchia guardia, l’aveva già fatto agli inizi del XX secolo. Lenin aveva criticato il punto di vista di Bogdanov.

Bogdanov dichiarava:

Il marxismo comporta, secondo me, la negazione dell’oggettività assoluta di ogni verità, la negazione di ogni verità eterna.[16]

Inoltre Bogdanov criticò Engels, che ammetteva l’esistenza di una verità eterna, come eclettismo. Lenin sottopose a critica acuta questa «revisione» del marxismo e dimostrò che sostituire il relativismo di Mach al marxismo significava voltargli le spalle e ricadere nelle paludi della filosofia borghese.

Il sofisma revisionista consiste nel mettere in rilievo delle analogie superficiali al fine di indurre a confondere il vero e il falso. Sappiamo che i relativisti, come i marxisti, si oppongono al dogmatismo; apparentemente, questo rappresenta un punto in comune fra i due, ma questa opposizione in realtà ha punti di partenza e nature radicalmente opposte.

I marxisti combattono il dogmatismo non perché questo riconosce la verità assoluta, ma perché ne esagera unilateralmente l’importanza, e ciò lo porta a mummificare la verità e negarne lo sviluppo. I relativisti, invece, attaccano il dogmatismo solo allo scopo di negare radicalmente l’esistenza della verità oggettiva dell’assoluto; perciò è necessario smascherare la confusione dei revisionisti e tracciare una netta linea di demarcazione con il relativismo.

Il relativismo è una variazione dell’idealismo. L’essenza di una tale teoria è il rifiuto di ogni verità assoluta e di ogni verità oggettiva. Il punto di vista fondamentale del relativismo è il carattere solo relativo e soggettivo della verità. Perciò potremmo, a giusto titolo, anche dargli il nome di relativismo soggettivo, ovvero idealismo e agnosticismo.

Il relativismo è una teoria, in ultima analisi, nefasta e reazionaria. In primo luogo, negando il carattere oggettivo e assoluto della verità, nega che esista una linea di demarcazione oggettiva tra il vero e il falso; ne consegue l’indistinzione del vero e del falso. Come disse il filosofo cinese Zhuang zi:

La verità è questa realtà, questa realtà è la verità; questa realtà ha il suo Vero e il suo Falso, quest’altra realtà ha il suo Vero e il suo Falso.

Niente è più dannoso per la scienza che far scomparire i confini del vero e del falso, non distinguere chiaramente la verità e l’errore. Lo scopo della scienza è di cercare la verità. Delimitare correttamente la verità e l’errore, lottare senza tregua contro l’errore: queste sono le condizioni necessarie per lo sviluppo della scienza.

Di conseguenza il relativismo, negando ogni verità oggettiva e assoluta, proprio per questo rifiuta la scienza. La scientificità della conoscenza scientifica consiste nel fatto che essa riflette correttamente le leggi oggettive, raggiunge la verità oggettiva e acquista così un carattere di verità assoluta.

La filosofia borghese moderna e i revisionisti moderni quando utilizzano il relativismo non hanno altra intenzione che infliggere dei colpi alla scienza marxista-leninista. La filosofia borghese intende in questo modo negare il carattere di verità oggettiva del marxismo-leninismo e i revisionisti moderni intendono privarlo del suo carattere rivoluzionario.

Il loro obiettivo comune è scalzare le convinzioni marxiste-leniniste del proletariato, scalzare la sua fiducia nella vittoria della rivoluzione.

Da molto tempo il relativismo fa parte, non a caso, dell’arsenale sofistico delle classi dominanti. Le classi reazionarie temono la verità e amano le assurdità, ma non osano negare apertamente la verità; così diventano necessari dei sofismi per confondere il vero e il falso e far scomparire la verità. E un metodo molto comodo proclamare, sulla base del relativismo, che ogni verità è relativa e soggettiva; si getta facilmente della polvere negli occhi della gente. La filosofia borghese moderna in particolare, per indurre in errore le masse, deduce dallo sviluppo della scienza e della conoscenza, dalla loro continua trasformazione, la prova del relativismo. Questo significa presentare le trasformazioni e lo sviluppo della scienza e della conoscenza in modo completamente falso.

Il relativismo non comprende proprio nulla della natura dello sviluppo della conoscenza. Lo sviluppo della scienza, le trasformazioni della conoscenza umana non costituiscono la prova dei relativismo ma della dialettica, e testimoniano a favore della teoria dialettica del processo di conoscenza della verità. Il relativismo vede solo il carattere mutevole della verità e si ostina a considerarla solo sotto questo aspetto, per negare interamente il suo aspetto immutabile e il suo carattere assoluto. La storia delle scienze non concorda in niente con il relativismo. Lo sviluppo della scienza e le trasformazioni della conoscenza non potrebbero essere interpretati in maniera nichilistica, come una semplice successione di teorie diverse e come la negazione di ogni verità assoluta. È precisamente il contrario. Attraverso lo sviluppo incessante, la verità si allarga e si approfondisce sempre, la conoscenza acquisisce sempre più elementi di verità assoluta. In effetti, benché la verità acquisita nel corso dello sviluppo della nostra conoscenza sia sempre condizionata e relativa, riflette l’universo oggettivo, assoluto e incondizionato. Per questo in tutti i sensi la verità relativa racchiude una parte di verità assoluta e le cose relative implicano elementi di assoluto.

Anche il marxismo, dunque, riconosce la verità relativa, ma in modo fondamentalmente diverso dal relativismo. Quali sono dunque queste differenze?

1. Il relativismo afferma la relatività della verità, ma nega la sua oggettività, cadendo così nell’idealismo soggettivo. Il marxismo ne afferma la relatività non per negare la verità oggettiva, ma per ricordare i limiti che le condizioni storiche impongono alla nostra conoscenza, nel suo progresso verso la verità oggettiva. Come scrive Lenin:

La dialettica materialistica di Marx e di Engels contiene in sé incontestabilmente il relativismo ma non si riduce ad esso; ammette cioè la relatività di tutte le nostre conoscenze, non nel senso della negazione della verità oggettiva, ma nel senso del condizionamento storico dei limiti dell’approssimazione delle nostre conoscenze a questa verità.[17]

2. Il relativismo, affermando la relatività della verità e negandone il carattere assoluto, considera dunque che verità assoluta e verità oggettiva siano incompatibili. Il marxismo ammette la verità assoluta, ma unifica la verità relativa e la verità assoluta, considerando che le verità relative comportano degli elementi di verità assoluta, e che la verità assoluta è data dalla sintesi di innumerevoli verità relative in continuo sviluppo. Scrive ancora Lenin:

Per Bogdanov (come per tutti i machisti) il riconoscimento della relatività delle nostre conoscenze esclude qualsiasi ammissione della verità assoluta. Per Engels, la verità assoluta risulta dalle verità relative. Bogdanov è relativista, Engels è dialettico.[18]

L’opposizione del marxismo al relativismo è di principio, senza possibili confusioni. Sostituire il relativismo al marxismo significa negare la verità oggettiva e la verità assoluta e cadere nell’idealismo soggettivo. Per i revisionisti di ogni specie, il relativismo è un tesoro prezioso; da un lato permette loro di combattere la verità oggettiva e la verità assoluta che il marxismo-leninismo contiene, dall’altro di giustificare il loro tradimento.

Vediamo dunque che i relativisti, come i dogmatici, non hanno capito affatto che la verità è un processo; non hanno capito l’unità dialettica della verità relativa e della verità assoluta.

L’errore comune del relativismo e del dogmatismo consiste nel creare una scissione metafisica nel rapporto tra la verità relativa e la verità assoluta. Ciascuno esagera unilateralmente uno dei termini della scissione e lo assolutizza.

Il marxismo considera che la conoscenza della verità è un processo e che la verità relativa e la verità assoluta si uniscono dialetticamente. Questa unità dialettica abbraccia le diverse conoscenze relative, ma non si riduce mai al relativismo; comporta il riconoscimento della verità assoluta, ma non si riduce al dogmatismo.

La teoria marxista della verità mostra che l’accesso alla verità assoluta deve passare attraverso la conoscenza delle verità relative, in un indefinito avvicinamento alla verità assoluta. E poiché il movimento e le trasformazioni del mondo reale oggettivo non possono terminare, non può aver termine la conoscenza della verità da parte dell’uomo. Il marxismo-leninismo non ha esaurito la verità; non fa altro che aprire senza sosta nella prassi la via della conoscenza della verità. Come scriveva Lenin:

La sola conclusione che possiamo trarre dall’opinione condivisa da tutti i marxisti che la teoria di Marx è una verità oggettiva è questa: seguendo la via tracciata dalla teoria di Marx ci avvicineremo sempre più alla verità oggettiva (senza mai esaurirla); seguendo ogni altra strada, non potremmo trovare altro che menzogne e confusione.[19]

NOTE

[1] Traduzione italiana del III capitolo del libro di Zhang Enci: Conoscenza e verità redatta sull’edizione originale cinese, stampata a Pechino dalla Casa Editrice del popolo nel gennaio 1964 e ristampata nel maggio del 1972.

Tra le traduzioni esistenti citiamo:

Connaissance e verité, Nuoveau bureau d’édition, Paris

Conoscenza e verità, Collettivo editoriale 10/16 Milano

Conoscenza e verità secondo la teoria del riflesso, edizione Lavoro Liberato

[2] Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, Casa editrice del popolo, Pechino 1970, p. 113; in «Opere scelte», Edizioni Progress, Mosca 1973, vol. III p. 96 (c. II § 4).

[3] Lenin, Opere complete, ed. cinese, vol. 38, p. 114; «Opere scelte», Edizioni Progress, Mosca 1973, voI. III (Quaderni filosofici).

[4] Marx-Engels, Opere scelte, ed. cinese, vol. Il, p. 359.

[5] Engels, Antidühring, Casa editrice del popolo, Pechino 1970, p. 84; Editori Riuniti, Roma 1968, p. 93

[6] Marx-Engels, Opere complete, ed. cinese, vol. XX, p. 585; Engels, Dialettica della natura, Editori Riuniti, Roma 1967 p. 249.

[7] Mao Zedong, Sulla pratica, in «Opere scelte», Casa editrice in lingue estere, Pechino 1969, vol. I, pp. 313-28; p. 314.

[8] Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, ed. cinese cit., p. 124; ed. di Mosca, p. 105 (c. Il, § 5).

[9] Ibidem, p. 127; ibidem, p. 108.

[10] Ibidem, p. 125; ibidem, p. 106.

[11] Mao Zedong, Sulla pratica, in «Opere scelte» edizione citata, p. 326.

[12] Ibidem, p. 326

[13] Ndr Qui ovviamente l’autore intende sottolineare che la formula 2 + 2 = 4 non è più vera nel sistema binario; il che non implica alcuna affermazione sui concetti aritmetici del 2 e del 4.

[14] Engels, Antidühring, ed. cinese cit., p. 41; ed. italiana cit., p. 49.

[15] Marx – Engels, Opere complete, ed. cinese, vol. XX, pp. 576-77; Engels, Dialettica della natura, Editori Riuniti, Roma 1967 p. 242.

[16] Citato in Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, ed. cinese Cit., p. 113.

[17] Ibidem, p. 128; Edizioni Progress, Mosca 1973, vol. III p. 109 (c. II § 5).

[18] Ibidem, p. 125; ibidem, p. 106.

[19] Ibidem, p. 135