IL CAPITALE

LIBRO III

SEZIONE I

TRASFORMAZIONE DEL PLUSVALORE IN PROFITTO
E DEL SAGGIO DEL
PLUSVALORE IN SAGGIO DEL PROFITTO

CAPITOLO 7

CONSIDERAZIONI COMPLEMENTARI

Sia, secondo l’ipotesi fatta in questa sezione, la massa di profitto acquisita in ogni particolare sfera di produzione, pari alla somma del plusvalore prodotto dal capitale complessivo investito nella medesima sfera.

Tuttavia il borghese non considererà certo il suo profitto come identico al plusvalore, cioè al pluslavoro non pagato.

Ciò per le seguenti ragioni:

1. Nel processo di circolazione egli dimentica il processo di produzione. Realizzare il valore delle merci (ciò che significa al tempo stesso realizzarne il plusvalore) vuoI dire per lui creare questo plusvalore. (Uno spazio lasciato in bianco nel manoscritto indica che Marx si proponeva di sviluppare ulteriormente questo punto. F. E.).

2. Supponendo un grado uniforme di sfruttamento del lavoro, noi abbiamo visto che, a prescindere da tutte le modificazioni apportate dal sistema creditizio, da tutte le soperchierie e truffe che i capitalisti commettono l’uno a danno dell’altro, e infine da ogni favorevole scelta del mercato, il saggio del profitto può essere molto diverso in conseguenza:

·              del maggiore o minor prezzo della materia prima;

·              del più o meno razionale acquisto di essa;

·              della maggiore o minore produttività, rispondenza, convenienza del prezzo del macchinario impiegato;

·              della maggiore o minore perfezione dell’organizzazione complessiva dei diversi stadi del processo di produzione;

·              dell’eliminazione dello sperpero di materiale;

·              della semplicità ed efficienza della direzione e della sorveglianza, ecc.

In breve, dato il plusvalore per un determinato capitale variabile, dipende ancora in gran parte dalla individuale abilità negli affari del capitalista, degli ispettori da lui dipendenti e dei suoi impiegati, se quello stesso plusvalore si traduce in un saggio di profitto più o meno elevato e dà quindi una maggiore o minor massa di profitto.

Ad esempio si supponga che il medesimo plusvalore di 240.000 € che rappresenta il prodotto di 240.000 € di salario, derivi dall’impresa A da 2.160.000 € e per l’impresa B da 2.640.000 € di capitale costante, ossia

 

c

v

C

pv

pv’

p’

 

%

%

A

2.160.000

240.000

2.400.000

240.000

100

10

B

2.640.000

240.000

2.880.000

240.000

100

8.33’

Nel caso A il capitale complessivo produce proporzionalmente un profitto maggiore del capitale B poiché nel primo caso il saggio del profitto è più elevato che nel secondo, benché  in ambedue i casi si abbia lo stesso capitale variabile impiegato e lo stesso plusvalore e vi sia quindi uno sfruttamento egualmente intenso di un pari numero di operai.

Tale diversità nella rappresentazione della stessa massa di plusvalore, ovvero la diversità dei saggi del profitto, e quindi dei profitti stessi, a parità di sfruttamento del lavoro, può avere anche altre origini; ma può altresì derivare esclusivamente dal diverso grado di abilità nella direzione delle due imprese. Questa circostanza induce il capitalista a credere, e lo conferma in tale convinzione, che il suo profitto non sia dovuto allo sfruttamento del lavoro ma, almeno in parte, anche ad altri fattori da esso indipendenti, particolarmente alla sua iniziativa individuale.

Quanto è stato esposto in questa prima sezione mette in luce l’infondatezza dell’opinione (del Rodbertus) secondo la quale (a differenza della rendita fondiaria, nel caso in cui ad es. l’area del terreno rimanga la stessa mentre la rendita aumenti) il variare del l’entità del capitale non eserciterebbe influenza sul rapporto tra profitto e capitale e quindi sul saggio del profitto, perchè infatti crescendo la massa del suo profitto, cresce anche quella del capi tale, in base al quale esso profitto è calcolato, e viceversa.

Ciò è esatto soltanto in due casi.

a - In primo luogo nel caso in cui, rimanendo invariate tutte le altre circostanze ed in particolare il saggio del plusvalore, sopraggiunge un cambiamento nel valore della merce – denaro. (Ciò avviene anche nel cambio puramente nominale di valore, e nell’aumento o diminuzione dei segni di valore, rimanendo invariate le altre circo stanze).

Esempio: dato un capitale complessivo anticipato pari a 100 ed un profitto di 20 (quindi un saggio del profitto del 20%) si ipotizzi che il valore dell’oro in cui si rappresenta il valore del denaro, raddoppi.

Lo stesso capitale che prima valeva 100 ora vale 200, ma anche il profitto che prima era di 20 ora diviene di 40.

Nel caso in cui invece il capitale che valeva 100, scende a 50, il profitto sarà rappresentato da un prodotto del valore di 10. Tuttavia in entrambi i casi, si ha

200 : 40 = 50 : 10 = 100: 20 = 20%.

In questi casi non vi sarebbe in realtà un cambiamento nell’entità del valore-capitale poichè cambierebbe solo l’espressione monetaria (in aumento o in diminuzione) sia del capitale anticipato che del plusvalore e, quindi, del profitto.

Il saggio del profitto rimane inalterato.

b - L’altro caso si verifica quando avviene un cambiamento reale nella grandezza del valore, senza che tale cambiamento sia però accompagnato da una variazione del rapporto v/c , ovvero quando, con un costante saggio del plusvalore, rimane invariato il rapporto tra capitale variabile e capitale costante.

In questo caso se il capitale complessivo anticipato C aumenti a  n ∙ C oppure  si riduca a C : n , ad esempio assumendo n = 2 si avrebbe rispettivamente: C = 1.000, 2.000, 500, in tali condizioni il profitto risulterebbe di 200, 400, 100.

Il saggio del profitto rimarrebbe in tutti caso inalterato pari al 20% (200 : 1.000 = 400 : 2.000 = 100 : 500) perché la composizione del capitale rimane la stessa e non viene pertanto influenzata dal cambiamento dell’entità del capitale stesso.

L’aumento o la diminuzione della massa di profitto indica perciò in questo caso soltanto un aumento o diminuzione di grandezza del capitale impiegato.

Il cambiamento di grandezza del capitale impiegato è quindi solo apparente nel primo caso e reale nel secondo, ma non vi è alcun cambiamento nella composizione organica del capitale, nel rapporto fra la sua parte variabile e la sua parte costante.

Ma, ad eccezione di questi due casi, il cambiamento di entità del capitale impiegato è la conseguenza di un cambiamento di valore precedentemente avvenuto in uno degli elementi che lo costituiscono e quindi (in quanto il plusvalore stesso non cambi col capitale variabile) di un cambiamento della grandezza relativa degli elementi che lo costituiscono; ovvero tale cambiamento di grandezza è la causa di un cambiamento nella grandezza relativa dei due elementi che costituiscono organicamente il capitale (come avviene in caso di lavori su vasta scala, di introduzione di nuovo macchinario, ecc.). In tutti questi casi, il cambiamento di grandezza del capitale impiegato deve dunque, a parità di altre circostanze, essere accompagnato da un contemporaneo cambiamento del saggio del profitto.

L’aumento del saggio del profitto è sempre dovuto all’aumento relativo o assoluto del plusvalore in rapporto ai costi sostenuti per la sua produzione, cioè al capitale complessivo anticipato; o alla diminuzione della differenza fra saggio del profitto e saggio del plusvalore.

Variazioni nel saggio del profitto, indipendenti dal cambiamento degli elementi organici del capitale o dalla grandezza assoluta di esso, possono avvenire in quanto il valore del capitale anticipato (abbia esso forma fissa o circolante) aumenti o decresca in conseguenza dell’aumento o della diminuzione (indipendenti dal capitale già esistente) del tempo di lavoro necessario per la sua riproduzione.

Il valore di ogni merce — e quindi anche delle merci che costituiscono il capitale — non è condizionato dal tempo di lavoro necessario in essa contenuto, ma dal tempo di lavoro socialmente necessario, richiesto per la sua riproduzione.

Questa riproduzione può aver luogo in circostanze che la rendono più o meno facile e che sono diverse dalle condizioni della produzione originaria. Se, in conseguenza del variare delle circostanze, occorre in generale il doppio, o viceversa la metà, del tempo necessario a riprodurre lo stesso capitale materiale, rimanendo costante il valore del denaro, il capitale che valeva in precedenza 24.000 €, ne varrebbe ora 48.000 €, o, rispettivamente, 12.000 €.

Se, tale aumento o diminuzione di valore riguardassero nella stessa misura tutte le parti del capitale, il profitto verrebbe per conseguenza rappresentato da una somma di denaro doppia o invece eguale alla metà.

Ma se essi comportano un cambiamento nella composizione organica del capitale, se aumentano o diminuiscono il rapporto del capitale variabile rispetto al costante, il saggio del profitto, a parità di altre circostanze, aumenterà o diminuirà secondo l’aumento o la diminuzione relativa del capitale variabile.

Se è soltanto il valore in denaro del capitale anticipato che aumenta o diminuisce per effetto di un cambiamento di valore del denaro, aumenta o diminuisce nella medesima proporzione l’espressione in denaro del plusvalore; il saggio del profitto rimane invariato.

 

AVVERTENZA PER IL LETTORE

Il testo del III libro del Capitale che viene qui riportato NON È UNA DELLE TRADUZIONI INTEGRALI DEL TESTO ORIGINALE che sono disponibili: esso infatti è una rivisitazione delle traduzioni esistenti (in italiano ed in francese) a cui sono state apportate le seguenti modifiche:

1 – non sono state riportate le note che Marx ed Engels richiamano nel testo (fatte salve alcune eccezioni);

2 – sono state introdotte delle modifiche per quanto riguarda gli esempi numerici in cui, per facilitare la lettura;

a – sono state cambiate le unità di misura e le grandezze;

b – diversi dati richiamati nella forma di testo sono stati trasformati in tabelle;

c – in alcuni esempi numerici le cifre decimali sono state limitate a due e nel caso di numeri periodici, ad esempio 1/3 o 2/3, la cifra periodica è stata indicata con un apice (‘).

Ci rendiamo conto che leggere un testo del Capitale in cui Marx formula esempi in Euro (€) invece che in Lire Sterline (Lst) o scellini potrebbe far sorridere e far pensare ad uno scherzo o ad una manipolazione che ha  travisato il pensiero dell’Autore, avvertiamo invece il lettore che il testo è assolutamente fedele al pensiero originale  e che ci siamo permessi di introdurre alcune “varianti” per consentire a coloro che non hanno dimestichezza con le unità di misura e monetarie inglesi di non bloccarsi di fronte a questa difficoltà e di facilitarne così la lettura o lo studio.

In altre parti si sono invece mantenute le unità di misura e monetarie inglesi originali perchè la lettura non creava problemi di comprensione o per ragioni di fedeltà storica.

Ci facciamo altresì carico dell’osservazione che Engels ha formulato nelle “considerazioni supplementari” poste all’inizio del III Libro, laddove, di fronte alle molteplici interpretazioni del testo che vennero fatte dopo la prima edizione, sostiene: “Nella presente edizione ho cercato innanzitutto di comporre un testo il più possibile autentico, di presentare, nel limite del possibile, i nuovi risultati acquisiti da Marx, usando i termini stessi di Marx, intervenendo unicamente quando era assolutamente necessario, evitando che, anche in quest’ultimo caso, il lettore potesse avere dei dubbi su chi gli parla. Questo sistema è stato criticato; si è pensato che io avrei dovuto trasformare il materiale a mia disposizione in un libro sistematicamente elaborato, en faire un livre, come dicono i francesi, in altre parole sacrificare l’autenticità del testo alla comodità del lettore. Ma non è in questo senso che io avevo interpretato il mio compito. Per una simile rielaborazione mi mancava qualsiasi diritto; un uomo come Marx può pretendere di essere ascoltato per se stesso, di tramandare alla posterità le sue scoperte scientifiche nella piena integrità della sua propria esposizione. Inoltre non avevo nessun desiderio di farlo: il manomettere in questo modo perchè dovevo considerare ciò una manomissione l’eredità di un uomo di statura così superiore, mi sarebbe sembrato una mancanza di lealtà. In terzo luogo sarebbe stato completamente inutile. Per la gente che non può o non vuole leggere, che già per il primo Libro si è data maggior pena a interpretarlo male di quanto non fosse necessario a interpretarlo bene — per questa gente è perfettamente inutile sobbarcarsi a delle fatiche”.

Marx ed Engels non ce ne vogliano, ma posti di fronte alle molteplici “fughe” dallo studio da parte di persone che non possedevano una cultura accademica, fughe che venivano imputate alla difficoltà presentate dal testo, abbiamo deciso di fare uno “strappo” alle osservazioni di Engels, intervenendo in alcune parti  avendo altresì cura di toccare il testo il meno possibile. Nel fare questo “strappo” eravamo tuttavia confortati dal fatto che, a differenza  della situazione in cui Engels si trovava, oggi chi vuole accedere al testo “originale”, dispone di diverse edizioni in varie lingue.

Coloro che volessero accostarsi al testo originale in lingua italiana si consigliano le seguenti edizioni:

  • Il capitale, Le Idee, Editori Riuniti, traduzione di Maria Luisa Boggeri;
  • Il capitale, Edizione Einaudi, traduzione di Maria Luisa Boggeri;
  • Il capitale, Edizione integrale - I mammut – Newton Compton, a cura di Eugenio Sbardella.

Chi volesse accedere ad edizioni del Capitale e di altri testi di Marx in lingue estere, si propone di consultare il sito internet di seguito riportato:

http://www.marxists.org/xlang/marx.htm