IL CAPITALE

LIBRO I

SEZIONE VI

IL SALARIO

CAPITOLO 19

IL SALARIO A COTTIMO

Il salario a cottimo non è altro che una forma mutata del salario a tempo, come il salario a tempo è la forma mutata del valore o prezzo della forza-lavoro.

A prima vista pare nel salario a cottimo che il valore d’uso venduto dall’operaio non sia il funzionamento della sua forza-lavoro, il lavoro vivente, ma lavoro già oggettivato nel prodotto, e che il prezzo di questo lavoro non sia determinato, come nel salario a tempo, dalla frazione.

valore giornaliero della forza lavoro : giornata lavorativa di un numero di ore dato

ma dalla capacità di rendimento del produttore[45].

Già da principio la sicura fede in questa parvenza dovrebbe essere scossa fortemente per il fatto che entrambe le forme di salario esistono l’una accanto all’altra nel medesimo tempo e nelle medesime branche di industria. Per esempio: « I tipografi di Londra lavorano di regola con salario a cottimo, mentre il salario a tempo per loro costituisce un’eccezione. L’inverso si ha per i tipografi nelle province pei quali il salario a tempo costituisce la regola e il salario a cottimo l’eccezione. I carpentieri del porto di Londra sono pagati con salario a cottimo, mentre in tutti gli altri porti inglesi sono pagati con salario a tempo[46]. Nelle medesime sellerie londinesi il medesimo lavoro viene spesso pagato ai francesi con salario a cottimo e agli inglesi con salario a tempo. Nelle fabbriche vere e proprie dove predomina in generale il salario a cottimo, alcune funzioni del lavoro si sottraggono per ragioni tecniche a questa misurazione e sono pagate quindi con salario a tempo[47]. Ma è chiaro in sè e per sè che la differenza nella forma del pagamento del salario non muta nulla alla sua natura, benché una forma possa essere più favorevole di un’altra allo sviluppo della produzione capitalistica.

Supponiamo che la giornata lavorativa usuale sia di 12 ore, di cui 6 retribuite e 6 non retribuite. La sua produzione di valori ammonti a 72 €; quella di un’ora lavorativa ammonterà a 6 €. Supponiamo che dall’esperienza risulti che un operaio il quale lavori con il grado medio d’intensità e di abilità, e quindi usi nella produzione di un articolo effettivamente soltanto il tempo di lavoro socialmente necessario, fornisca 24 pezzi, o articoli singoli, o parti misurabili di un manufatto continuo, in 12 ore. Il valore di questi 24 pezzi, detratta la parte di capitale costante in essi contenuta, sarà di 72 €, e il valore del singolo pezzo di 3 €. L’operaio riceve 1,5 € per pezzo e guadagna in tal modo in 12 ore 36 €.

Produzione di valore della giornata lavorativa

Giornata lavorativa

Produzione di valore di 1 ora lavorativa

Pezzi prodotti nella giornata lavorativa

Valore dei prodotti, detratta la parte del capitale costante

Valore di 1 prodotto, detratta la parte del capitale costante

ore

numero

72

12

6

24

72

3

Come per il salario a tempo è indifferente supporre che l’operaio lavori sei ore per sè e sei ore per il capitalista o per ogni ora una metà per sè e l’altra per il capitalista, così anche qui è indifferente dire che ogni singolo pezzo è metà pagato e metà non pagato ossia che il prezzo di dodici pezzi reintegra semplicemente il valore della forza-lavoro, mentre in altri dodici si incarna il plusvalore.

La forma del salario a cottimo è irrazionale come quella del salario a tempo. Mentre per esempio 2 pezzi di merce, detratto il valore dei mezzi di produzione in essi consumati, come prodotto di un’ora lavorativa, hanno il valore di 6 €, l’operaio riceve per essi un prezzo di 3 €.

In realtà il salario a cottimo non esprime immediatamente nessun rapporto di valore. Non si tratta di misurare il valore dell’articolo mediante il tempo di lavoro in esso incarnato, ma, viceversa, di misurare il lavoro speso dall’operaio mediante il numero dei pezzi da lui prodotti. Nel salario a tempo il lavoro è misurato sulla sua immediata durata temporale, nel salario a cottimo sulla quantità di prodotto in cui il lavoro si solidifica durante un determinato tempo[48].

Il prezzo del tempo di lavoro stesso è infine determinato dall’equazione:

valore del lavoro giornaliero = valore giornaliero della forza-lavoro.

Il salario a cottimo non è quindi che una forma modificata del salario a tempo.

Consideriamo ora un po’ più da vicino le peculiarità caratteristiche del salario a cottimo.

La qualità del lavoro è qui controllata dall’opera stessa, la quale deve possedere bontà media, se il prezzo a cottimo dev’essere pagato in pieno. Il salario a cottimo diventa da questo lato fonte fecondissima di detrazioni sul salario e di truffe capitalistiche.

Esso offre al capitalista una misura ben definita dell’intensità del lavoro. Soltanto il tempo di lavoro che si incarna in una quantità di merce determinata in precedenza e stabilita secondo esperienza, è considerato tempo di lavoro socialmente necessario e viene pagato come tale.

Nelle grandi sartorie di Londra un certo articolo di lavoro, per esempio un panciotto, è quindi chiamato ora, mezz’ora, ecc., contando l’ora a sei pence. Dalla pratica si sa a quanto ammonti il prodotto medio di un’ora. Nel caso di mode nuove, riparazioni, ecc. sorgono liti fra padrone e operaio per stabilire se un determinato articolo di lavoro è eguale a un’ora, ecc., finchè anche in questi casi decide l’esperienza. Una situazione simile si ha nelle fabbriche londinesi di mobili. Se l’operaio non possiede la capacità media di rendimento, se quindi non è in grado di fornire un determinato minimo di opera giornaliera, lo si licenzia[49].

Siccome qui la qualità e l’intensità del lavoro sono controllate dalla forma dello stesso salario, si rende superflua buona parte della sorveglianza del lavoro.

Questa forma costituisce quindi la base tanto del moderno lavoro domestico illustrato prima quanto di un sistema di sfruttamento e di oppressione gerarchicamente articolato. Quest’ultimo ha due forme fondamentali. Da una parte, il salario a cottimo facilita l’inserimento di parassiti fra capitalista e operaio salariato, cioè il subaffitto del lavoro (subletting of labour). Il guadagno degli intermediani deriva esclusivamente dalla differenza fra il prezzo del lavoro pagato dal capitalista e quella parte di questo prezzo che essi lasciano realmente pervenire all’operaio[50]. Questo sistema si chiama in Inghilterra in modo caratteristico lo «sweating-system» (sistema del sudore). Dall’altra parte, il salario a cottimo permette al capitalista di concludere con il capo operaio — nella manifattura con il capo di un gruppo, nelle miniere con lo scavatore del carbone, ecc., nella fabbrica con il vero e proprio operaio meccanico — un contratto per tanti e tanti articoli, a un prezzo, per il quale il capo operaio stesso si assume l’arruolamento e il pagamento dei suoi operai ausiliari.

Lo sfruttamento degli operai da parte del capitale si attua qui mediante lo sfruttamento dell’operaio da parte dell’operaio[51].

Dato il salario a cottimo, è naturalmente interesse personale dell’operaio impegnare la propria forza-lavoro con la maggiore intensità possibile, il che facilita al capitalista un aumento del grado normale dell’intensità51a. Ed è allo stesso modo nell’interesse personale dell’operaio prolungare la giornata lavorativa, perchè così cresce il suo salario giornaliero o settimanale[52]. Subentra così la reazione già illustrata trattando del salario a tempo, astraendo dal fatto che il prolungamento della giornata lavorativa racchiude in sè e per sè un ribasso del prezzo del lavoro anche se il salario a cottimo rimane costante.

Nel salario a tempo si ha, con poche eccezioni, salario eguale per eguali funzioni, mentre nel salario a cottimo il prezzo del tempo di lavoro è bensì misurato mediante una determinata quantità di prodotti, ma il salario giornaliero o settimanale varia con la differenza individuale degli operai, di cui l’uno in un dato tempo fornisce solo il minimo del prodotto, l’altro la media e il terzo più della media. Qui si verificano dunque grandi differenze nelle entrate reali degli operai a seconda della diversa abilità, forza, energia, perseveranza, ecc. degli operai individuali[53]. Questo naturalmente non cambia nulla al rapporto generale fra capitale e lavoro salariato. In primo luogo le differenze individuali si compensano nell’officina presa nel suo insieme cosicchè questa fornisce entro un determinato tempo di lavoro il prodotto medio, e il salario complessivo pagato sarà il salario medio di quel ramo d’industria In secondo luogo la proporzione fra salario e plusvalore rimane invariata giacché al salario individuale: del singolo operaio corrisponde la massa di plusvalore fornita da lui individualmente. Ma il maggior campo d’azione che il salario a cottimo offre all’individualità, tende da un lato a sviluppare l’individualità e con ciò il sentimento della libertà, l’autonomia e l’autocontrollo degli operai, dall’altro a sviluppare la loro concorrenza fra di loro e degli uni contro gli altri. Esso ha perciò la tendenza ad abbassare il livello medio dei salari mediante l’aumento dei salari individuali al di sopra del livello medio stesso. Ma là dove un determinato salario a cottimo si era consolidato nella tradizione da lungo tempo e la sua riduzione creava quindi particolari difficoltà, i padroni hanno fatto ricorso in via eccezionale anche alla trasformazione coatta del salario a cottimo in salario a tempo. Contro questa trasformazione si ebbe per esempio nel 1860 un grande sciopero fra i tessitori di nastri di Coventry[54]. Infine il salario a cottimo è una delle colonne del sistema a ore illustrato poco sopra[55].

Da quanto è stato esposto sino qui risulta che il salario a cottimo è la forma di salario che più corrisponde al modo di produzione capitalistico. Sebbene non sia affatto nuovo — esso figura ufficialmente accanto al salario a tempo negli statuti dei lavoratori francesi e inglesi del secolo XIV —  il salario a cottimo acquista tuttavia un campo d’azione maggiore soltanto durante il periodo della mani fattura vera e propria. Negli anni di impeto e slancio della grande industria, specialmente dal 1797 al 1815, esso serve di leva per il prolungamento del tempo di lavoro e per la riduzione del salario. Materiale importantissimo per il movimento del salario durante quel periodo si trova nei libri azzurri: Report and Evidence from the Select Committee on Petitions respecting the Corn Laws (sessione parlamentare 1813-14) e Reports from the Lords’ Committee on the state of the Growth, Commerce and Consumption of Grain, and all the Laws relating thereto (sessione 1814-15). Qui si trovano le prove documentarie della continuata riduzione del prezzo del lavoro a partire dall’inizio della guerra antigiacobina. Nella tessitura per esempio il salario a cottimo era talmente sceso che, malgrado il fortissimo prolungamento della giornata lavorativa, il salario giornaliero era più basso di prima. « Il guadagno reale del tessitore è di gran lunga minore di prima: la sua superiorità sul lavoratore comune; prima grandissima, è scomparsa quasi del tutto. In realtà la differenza fra i salari dei lavoratori esperti e dei lavoratori comuni è ora molto più insignificante che in un qualsiasi periodo passato»[56]. Come fruttassero poco al proletariato agricolo l’aumento della intensità e dell’estensione del lavoro determinati dal salario a cottimo, risulta dal seguente passo di uno scritto che parteggia per i landlords e i fittavoli: « La parte di gran lunga maggiore delle operazioni agricole viene compiuta da gente impegnata a giornata o a cottimo. Il loro salario settimanale ammonta a circa dodici scellini; e benché si possa presupporre che, trattandosi di salario a cottimo, un uomo con questo maggiore incitamento al lavoro, guadagni uno scellino o forse due di più che non nel caso di salario settimanale, tuttavia, valutando la sua entrata complessiva, si trova che la sua perdita di occupazione compensa nel corso dell’anno quell’aggiunta... Si troverà inoltre in generale che i salari di questi uomini si trovano in un determinato rapporto con il prezzo dei mezzi di sussistenza necessari, così che un uomo con due bambini è in grado di mantenere la sua famiglia senza ricorrere al sussidio parrocchiale»[57]. Il Malthus osservava allora riferendosi ai fatti pubblicati dal parlamento: «Confesso che vedo con disappunto la grande estensione della prassi del salario a cottimo. Del lavoro realmente duro per dodici o quattordici ore al giorno e per periodi di una certa durata è troppo per un essere umano»[58].

Nelle officine soggette alla Legge sulle fabbriche il salario a cottimo diventa regola generale perchè in esse il capitale non può estendere la giornata lavorativa altro che aumentando l’intensità del lavoro[59].

Variando la produttività del lavoro, una stessa quantità di prodotti rappresenta un tempo di lavoro vario. Quindi varia anche il salario a cottimo, perchè esso è l’espressione del prezzo di un determinato tempo di lavoro.

Nel nostro esempio di poco fa venivano prodotti in 12 ore 24 articoli, mentre il prodotto di valore delle 12 ore era di 72 €, il valore giornaliero della forza-lavoro di 36 €, il prezzo dell’ora lavorativa di 3 € e il salario per un articolo ammontava a 1,5 €. In un articolo era assorbita mezz’ora lavorativa. Ora se quella stessa giornata lavorativa fornisce, in seguito a una produttività raddoppiata del lavoro, per esempio 48 articoli invece dei 24 e se tutte le altre circostanze rimangono invariate, il salario a cottimo scenderà da 1,5 € a 0,75 € giacché ogni articolo ora non rappresenta più mezz’ora di lavoro, ma un quarto soltanto.

24 x 1,5 € = 36 €

e allo stesso modo

48 x 0,75 € = 36 €.

In altre parole: il salario a cottimo viene abbassato nella stessa proporzione in cui cresce il numero degli articoli prodotto durante lo stesso tempo[60], e quindi diminuisce il, tempo di lavoro impiegato per lo stesso articolo. Questo variare del salario a cottimo, in quanto è puramente nominale, provoca costanti lotte fra capitalista e operaio. O perchè il capitalista si serve di questo pretesto per abbassare realmente il prezzo del lavoro, o perchè l’aumento della forza produttiva del lavoro è accompagnato da un’accresciuta intensità di quest’ultimo. O perchè l’operaio prende sul serio l’apparenza del salario a cottimo e crede che gli venga pagato il suo prodotto e non la sua forza-lavoro e quindi si oppone a una riduzione del salario alla quale non corrisponde la riduzione del prezzo di vendita della merce. « Gli operai sorvegliano accuratamente il prezzo della materia prima e il prezzo dei beni fabbricati e sono perciò in grado di valutare esattamente i profitti dei loro padroni»[61]. Tale pretesa è liquidata giustamente dal capitale come errore grossolano circa la natura del lavoro salariato[62]. Il capitale strepita dinanzi a questa pretesa di colpire con imposte il progresso dell’industria e dichiara senza tante storie che in genere la produttività del lavoro non riguarda affatto l’operaio[63].

NOTE


[45] «Il sistema del lavoro a cottimo illustra un’epoca nella storia degli operai; si trova a mezza via fra la posizione del semplice operaio giornaliero che dipende dal volere del capitalista, e l’artigiano cooperativo che in un futuro non lontano promette di unire nella propria persona l’artigiano e il capitalista. I lavoratori a cottimo sono infatti padroni di se stessi anche se lavorano col capitale dell’imprenditore » (John WATTS, Trade Societies Strikes, and Machinery and Co-operative Societies, Manchester, 1865, pp. 52, 53). Cito questo piccolo scritto perchè è un vero smaltitoio di tutti i luoghi comuni apologetici da tempo imputriditi. Questo stesso signor Watts praticava prima l’owenismo e aveva pubblicato nel 1842 un altro scritterello, Facts and Fictions of Politica! Economy, in cui fra l’altro dichiarava che property è robbery [rapina] Ma sono passati tanti anni.

[46] T. J. DUNNING, Trades’ Unions and Strikes, Londra, 1860, p. 22.

[47] Ecco come queste due forme del salario presenti l’una accanto all’altra contemporaneamente favoriscono le truffe dei fabbricanti: «Una fabbrica impiega 400 persone, metà delle quali lavora a cottimo e ha un interesse diretto a lunghe ore lavorative. Gli altri 200 sono pagati a giornata, lavorano per un periodo di tempo eguale a quello degli altri e non ricevono denaro in più per il tempo in più che lavorano... Il lavoro di queste 200 persone durante mezz’ora al giorno è eguale al lavoro compiuto da una persona durante cinquanta ore ossia a cinque sesti del lavoro settimanale di una persona, e rappresenta un tangibile guadagno per l’imprenditore» (Reports of Insp. of Fact. 3lst October 1860, p. 9). «Le ore in più prevalgono ancora in misura molto considerevole; e nella maggior parte dei casi con quella sicurezza contro la loro scoperta e contro punizioni che la legge stessa concede. Ho mostrato in molte relazioni precedenti.., il torto commesso contro tutti i lavoratori che non siano impiegati a cottimo ma ricevono salari settimanali». Leonard Horner in Reports of Insp. of Fact. 3Oth April 1859, pp. 8, 9.

[48] «Il salario può essere misurato in due maniere: o mediante la durata del lavoro o mediante il suo prodotto» (Abrégé élémentaire des principes de l’Économie Politique, Parigi, 1796, p. 32). Autore di questo scritto anonimo è G. Garnier.

[49] «Gli si consegna (al filatore) un certo peso di cotone, ed egli deve restituire entro un certo tempo, in sua vece, un certo peso di twist [ riporto di cotone] o filo di un certo grado di finezza, ed è pagato un tanto a libbra per quello che restituisce. Se il suo lavoro, è difettoso nella qualità, sarà colpito da penalità; se la quantità sarà inferiore al minimo fissato per un certo tempo, egli sarà licenziato, e si assumerà un operaio più abile » (URE, Philosophy of Manufactures, pp. 316-317).

[50] « Quando il lavoro passa per parecchie mani, ognuna delle quali dovrebbe condividere i profitti, mentre solo l’ultima fa il lavoro, il pagamento che alla fine giunge all’operaia è miserabilmente sproporzionato.» (Child. Empl. Comm. II rep.,p. LXX, n. 424).

[51] Lo stesso Watts, cosi apologetico, osserva: «  Sarebbe un grande miglioramento del sistema a cottimo se tutti gli uomini impiegati in un lavoro fossero associati in un contratto, ognuno secondo le sue abilità, e non che un uomo solo fosse interessato a far lavorare ai di là di ogni misura i suoi compagni per il proprio profitto » (ivi, p. 53). Sulle infamie di questo sistema cfr. Child. Empl. Comm. III report, p. 66, n. 22, p. 11, n. 124, p.XI, nn. 13, 53, 59, ecc.

51a A questo risultato spontaneo spesso si aggiunge l’aiuto artificiale. Per esempio nell’engineering trade [costruzione delle macchine] di Londra è invalso, come trucco tradizionale, a che il capitalista scelga come capo di un numero di operai un uomo di forza e di abilità superiori. Gli paga trimestralmente o ad altre scadenze un salario addizionale con l’accordo che l’operaio capo farà tutto il possibile per incitare ad estrema emulazione i suoi compagni di lavoro che ricevono solo il salario corrente... Senza alcun altro commento ciò spiega le lamentele dei capitalisti sulla « paralisi dell’attività ossia della abilità e della forza-lavoro superiori (s t i n t i n g the action, superior skill and working power) ad opera delle trades’-unions». (DUNNING Trades’ Unions and Strikes, pp. 22, 23). Siccome l’autore stesso è operaio e segretario di una trades’ union, questa potrebbe essere considerata un’esagerazione. Ma si veda per esempio la « highly respectable ».  Enciclopedia agronomica di J. Ch. Morton, voce «labourer», dove questo metodo è raccomandato ai fittavoli come metodo di effetto collaudato.

[52] «Tutti coloro che sono pagati a cottimo... traggono profitto dalla trasgressione dei limiti legali del lavoro. Quest’osservazione sulla disposizione favorevole a lavorare fuori orario, è particolarmente applicabile alle donne impiegate come tessitrici e annaspatrici » (Rep. of Insp. of Fact. 30th April 1858, p. 9). «Questo sistema a cottimo, così vantaggioso per il capitalista... tende direttamente a spronare il giovane vasaio a un forte lavoro supplementare durante i quattro o cinque anni in cui è pagato a pezzo, ma a prezzo basso. È questa una delle grandi cause cui si deve attribuire la degenerazione fisica dei vasai» (Child. Empl. Comm. I rep., p. XIII).

[53] «Dove il lavoro, in un’industria qualsiasi, è pagato con un tanto a pezzo... i salari possono differire molto considerevolmente per il loro ammontare... Ma nel lavoro pagato a giornata si ha in generale un ammontare uniforme... riconosciuto sia dall’imprenditore sia dall’operaio come il salario tipo per l’operaio medio di quell’industria » (DUNNING, Trades’ Unions and Strikes. p. 17).

[54] «Il lavoro dei garzoni artigiani sarà regolato a giornata o a pezzo (à la journée ou è la pièce)... I mastri artigiani sanno all’incirca quanto lavoro gli operai possono compiere giornalmente in ogni métier, e quindi li pagano spesso in proporzione al lavoro che compiono; in tal modo questi garzoni lavorano, nel proprio interesse, quanto più possono, senza alcun’altra sorveglianza » (CANTILLON, Essai sur la Nature du Commerce en général, Amsterdam, ed. 1756, pp. 185 e 202. La prima edizione è del 1755). Dunque il Cantillon, al quale il Quesnay, Sir James Steuart e A. Smith hanno attinto abbondantemente, già qui presenta il salario a cottimo come semplice forma modificata del salario a tempo. L’edizione francese del Cantillon è annunciata nel titolo come traduzione dall’inglese, ma l’edizione inglese, The Analysis of Trade, Commerce ecc. by Philip Cantillon, liste of the City of London, Merchant, non solo è di data posteriore (1759), ma anche dal contenuto risulta una rielaborazione posteriore. Così per esempio nell’edizione francese lo Hume non è ancora menzionato, mentre, viceversa, nell’edizione inglese il Petty non figura quasi più. L’edizione inglese è meno importante quanto alla teoria, ma contiene notizie specifiche d’ogni genere sul commercio, sul commercio dei lingotti, ecc, in Inghilterra, che mancano nel testo francese. Le parole del titolo dell’edizione inglese, secondo le quali lo scritto è « taken chiefly from the manuscript of a very ingenious gentleman deceased, and adapted, ecc. » [preso nelle linee principali dal manoscritto di un ingegnosissimo gentiluomo defunto, e adattato, ecc.] sembrano perciò essere qualcosa di più della semplice finzione allora molto usata.

[55] «Quante volte non abbiamo visto assumere in certe officine un numero molto maggiore di operai che non quello realmente necessario per il lavoro? Spesso si assumono operai in previsione di un lavoro incerto, talvolta solo immaginario: siccome sono pagati a cottimo, si dice che non si rischia nulla, giacchè tutte le perdite di tempo saranno a carico degli operai che non lavorano » (H. GRÉGOIR Les Typographes devant le Tribunal Correctionnel de Bruxelles, Bruxelles, 1865, p. 9).

[56]  Remarks on the Commercial Policy of Great Britain, Londra, 1815, p. 48.

[57] A Defence of the Landowners and Farmers of Great Britain, Londra, 1814, pp. 4, 5.

[58] MALTHUS, Inquiry into the Nature and Progress of Rent, Londra, 1815 [p. 49, nota].

[59] «Gli operai pagati a cottimo Costituiscono probabilmente i quattro quinti di tutti gli operai di fabbrica» (Reports of Insp. of Fact. for 3Oth April 1858, p. 9).

[60] «La forza produttiva della sua filatrice meccanica è misurata accuratamente, e il saggio del pagamento per il lavoro compiuto per mezzo di essa diminuisce insieme coll’aumento della sua forza produttiva, anche se non nella stessa misura»  (URE, Philosophy of Manufactures, p. 317). Queste ultime parole di apologia sono di nuovo annullate dallo stesso Ure. Egli ammette che, prolungando una mule, per esempio, derivi da questo prolungamento un lavoro addizionale. Il lavoro non diminuisce quindi nella misura in cui cresce la forza produttiva della mule. Inoltre: «Con questo prolungamento la forza produttiva della macchina viene aumentata di un quinto. Dopo di che il filatore non viene più pagato per il lavoro compiuto allo stesso saggio del salario, ma siccome il suo salario non viene diminuito nella proporzione di un quinto, quel perfezionamento aumenta il suo guadagno di denaro per ogni numero dato di ore di lavoro », ma — «la constatazione fatta prima richiede una certa delimitazione.., il filatore deve pagare sul suo mezzo scellino addizionale qualche cosa di più per forze ausiliarie giovani, e inoltre viene soppiantata una parte di lavoratori adulti » (ivi, pp. 320-321), fatto che non implica tendenza alcuna a un aumento del salario.

[61] H. FAWCETT, The Economic position of the British Labourer, Cambridge e Londra, 1865, p. 178.

[62] Nello Standard di Londra del 26 ottobre 1861 si trova la relazione su un processo della ditta John Bright et Co. dinanzi ai Rochdale Magistrates [ giudici di pace di Rochdale]  «per perseguire in giudizio i rappresentanti della Trade’s Union dei tessitori di tappeti per intimidazione. I soci del Bright avevano introdotto macchine nuove che dovevano produrre 240 yards di tappeti entro il tempo e con il lavoro (!) che prima erano stati necessari per la produzione di 160 yards. Gli operai non avevano diritto alcuno di partecipare al profitto realizzato dall’investimento di capitale in perfezionamenti meccanici fatto dai loro imprenditori. Di conseguenza i signori Bright proposero di abbassare il saggio del salario da un penny e mezzo a yard a un penny, conservando con ciò i guadagni degli uomini in quella misura cui, per lo stesso lavoro, ammontavano prima. Ma questa era una riduzione nominale di cui, come si sostiene, gli operai non erano stati lealmente avvertiti prima».

[63] «Le Trades Unions, nella loro smania di mantenere i salari al loro livello, cercano di partecipare al profitto dovuto a un macchinario perfezionato! (Quelle horreur!)... esigono salari più alti, perchè il lavoro è diminuito.., in altre parole, cercano di colpire con un’imposta i perfezionamenti industriali» (On Combination. of Trades, nuova edizione, Londra, 1834, p. 42).

 

 AVVERTENZA PER IL LETTORE

Il testo del I libro del Capitale che viene qui riportato NON È UNA DELLE TRADUZIONI INTEGRALI DEL TESTO ORIGINALE che sono disponibili: esso infatti è una rivisitazione delle traduzioni esistenti (in italiano ed in francese) a cui sono state apportate le seguenti modifiche:

1  negli esempi numerici, per facilitare la lettura, sono state cambiate le unità di misura e le grandezze;

2 –  diversi dati richiamati nella forma di testo sono stati trasformati in tabelle ed in grafici;

3 – in alcuni esempi numerici le cifre decimali indicate sono state limitate a due e nel caso di numeri periodici, ad esempio 1/3 o 2/3, la cifra periodica è stata indicata ponendovi a fianco un apice ().

Ci rendiamo conto che leggere un testo del Capitale in cui Marx formula esempi in Euro (€) invece che in Lire Sterline (Lst) o scellini potrebbe far sorridere e far pensare ad uno scherzo o ad una manipolazione che ha  travisato il pensiero dell’Autore, avvertiamo invece il lettore che il testo è assolutamente fedele al pensiero originale  e che ci siamo permessi di introdurre alcune “varianti” per consentire a coloro che non hanno dimestichezza con le unità di misura e monetarie inglesi di non bloccarsi di fronte a questa difficoltà e di facilitarne così la lettura o lo studio. In altre parti si è invece mantenuto le unità di misura e monetarie inglesi originali perchè la lettura non creava problemi di comprensione e per ragioni di fedeltà storica.

Ci facciamo altresì carico dell’osservazione che Engels ha formulato nelle “considerazioni supplementari” poste all’inizio del III Libro,laddove, di fronte alle molteplici interpretazioni del testo che vennero fatte dopo la prima edizione, sostiene: “Nella presente edizione ho cercato innanzitutto di comporre un testo il più possibile autentico, di presentare, nel limite del possibile, i nuovi risultati acquisiti da Marx, usando i termini stessi di Marx, intervenendo unicamente quando era assolutamente necessario, evitando che, anche in quest’ultimo caso, il lettore potesse avere dei dubbi su chi gli parla. Questo sistema è stato criticato; si è pensato che io avrei dovuto trasformare il materiale a mia disposizione in un libro sistematicamente elaborato, en faire un livre, come dicono i francesi, in altre parole sacrificare l’autenticità del testo alla comodità del lettore. Ma non è in questo senso che io avevo interpretato il mio compito. Per una simile rielaborazione mi mancava qualsiasi diritto; un uomo come Marx può pretendere di essere ascoltato per se stesso, di tramandare alla posterità le sue scoperte scientifiche nella piena integrità della sua propria esposizione. Inoltre non avevo nessun desiderio di farlo: il manomettere in questo modo perchè dovevo considerare ciò una manomissione l’eredità di un uomo di statura così superiore, mi sarebbe sembrato una mancanza di lealtà. In terzo luogo sarebbe stato completamente inutile. Per la gente che non può o non vuole leggere, che già per il primo Libro si è data maggior pena a interpretarlo male di quanto non fosse necessario a interpretarlo bene — per questa gente è perfettamente inutile sobbarcarsi a delle fatiche”.

Marx ed Engels non ce ne vogliano, ma posti di fronte alle molteplici “fughe” dallo studio da parte di persone che non possedevano una cultura accademica, fughe che venivano imputate alla difficoltà presentate dal testo, abbiamo deciso di fare uno “strappo” alle osservazioni di Engels, intervenendo in alcune parti  avendo altresì cura di toccare il testo il meno possibile. Nel fare questo “strappo” eravamo tuttavia confortati dal fatto che, a differenza  della situazione in cui Engels si trovava, oggi chi vuole accedere al testo “originale”, dispone di diverse edizioni in varie lingue.

Coloro che volessero accostarsi al testo originale in lingua italiana si consigliano le seguenti edizioni:

  • Il capitale, Le Idee, Editori Riuniti, traduzione di Delio Cantimori;
  • Il capitale, Edizione Einaudi, traduzione di Delio Cantimori;
  • Il capitale, Edizione integrale - I mammut – Newton Compton, a cura di Eugenio Sbardella.

Chi volesse accedere ad edizioni del Capitale e di altri testi di Marx in lingue estere, si propone di consultare il sito internet di seguito riportato:

http://www.marxists.org/xlang/marx.htm