REDDITO PRODOTTO E DOMANDA EFFETTIVA

Appunti di un corso[1]

Richiamando alcuni concetti presentati nel capitolo riguardante la teoria neoclassica[2] occorre soffermarsi inizialmente sulla corrispondenza esistente secondo questi autori tra prodotto netto (ossia la differenza tra produzione lorda del sistema economico e quanto necessario alla ricostituzione dei mezzi di produzione) e domanda effettiva. Questa affermazione, legata alle altre due ipotesi neoclassiche della moneta come semplice strumento atto a facilitare lo scambio delle merci e della destinazione del risparmio agli investimenti, porta ad avere la coincidenza tra reddito e domanda effettiva (tutto ciò che è prodotto viene interamente speso) e la piena occupazione della forza lavoro.

Keynes invece non condivide quest’ultima conseguenza in quanto sostiene che nell’economia capitalista la corrispondenza tra reddito prodotto e domanda effettiva accade normalmente senza che ci si trovi in uno stato di piena occupazione.

Per meglio comprendere questa affermazione occorre riprendere alcuni concetti chiave dell’economia keynesiana:

-          il primo è che l’economia capitalistica è un’economia monetaria, ossia la moneta non è soltanto un mezzo di intermediazione ma può essere tesaurizzata;

-          il risparmio non è una decisione di acquisto di mezzi di produzione, come sostenevano i neoclassici, bensì una decisione di non acquisto dei beni di consumo.

Quindi questo significa che non necessariamente tutto il reddito distribuito alla collettività sotto forma di salari e stipendi per i lavoratori e profitti per i capitalisti, viene speso in beni di consumo e di investimento, prodotti dal sistema economico ad un livello di capacità produttiva corrispondente al pieno impiego della forza—lavoro; ma si può avere un livello di spesa e cioè di domanda effettiva tale da non consentire il pieno utilizzo della capacità produttiva e quindi la piena occupazione.

Infatti differenti sono le circostanze in base alle quali la collettività decide di spendere il proprio reddito in beni di consumo (la collettività comprende lavoratori e capitalisti intesi come famiglie) da quelle tramite cui vengono prese le decisioni di acquisto di beni di investimento, ossia dei nuovi mezzi di produzione.

La teoria della domanda effettiva keynesiana spiega cioè il livello di reddito prodotto ed il livello di occupazione corrispondente in base alle circostanze che regolano separatamente le decisioni di consumo e le decisioni di investimento.

Le decisioni che regolano i consumi

Il reddito prodotto (Y), distribuito alla collettività sotto forma di salari, profitti e interessi, viene consumato (C) oppure risparmiato (S); questa affermazione può essere sintetizzata dall’espressione

Y = C + S

Puntando l’attenzione sui consumi, al fine di individuare le decisioni regolatrici, occorre richiamare quella che Keynes definisce come legge psicologica dei consumi, in base alla quale si ha che:

- il consumo aumenta con l’aumentare del reddito a disposizione del consumatore, cioè aumenti salariali o aumenti di altri redditi modificano il modello di consumo spingendo all’acquisto di nuovi beni e non si traducono soltanto in risparmio;

- questo aumento dei consumi non corrisponde, ma anzi è inferiore, a quanto aumenta il reddito a disposizione; ad esempio, ad un aumento dei salari del 10% non si avrà un aumento della spesa in beni di consumo (alimentari, vestiario, elettrodomestici...) del 10%, bensì un aumento con minor percentuale ( 5%, 8%, ecc.).

Infine esiste quello che Keynes definisce il consumo minimo insopprimibile, quello cioè necessario a qualsiasi persona per sopravvivere indipendentemente dal livello del reddito (ad esempio, i mezzi alimentari di sussistenza) e in assenza anche quindi di reddito disponibile, ricorrendo all’ indebitamento.

Esprimendo graficamente questa legge del consumo si ha che:

Co è il consumo minimo insopprimibile

C = f (Y) significa che il consumo (C) aumenta o cresce in funzione del reddito (Y)

(Δc : Δy) < 1 oppure Δc < Δy significa che l’incremento del consumo (il simbolo Δ significa incremento) è minore dell’incremento del reddito.

Per esprimere quanto è l’incremento del consumo corrispondente ad un dato incremento di reddito si usa il simbolo “a” che indica la propensione al consumo, propensione al consumo che varia a seconda dello sviluppo delle caratteristiche dei sistemi economici, essendo più alta nei paesi in via di sviluppo, in cui sono maggiori i bisogni primari da soddisfare a fronte degli eventuali incrementi di reddito.

Per l’Italia “a” assume il valore di 0,75 circa, il che significa che se il reddito aumenta di 1 lira, il consumo corrispondente aumenterà di 0,75 centesimi. Negli altri paesi industrializzati la propensione al consumo è compresa tra valori dello 0,72 e dello 0,80.

Utilizzando le espressioni grafiche finora presentate si avrà che

C = Co + aY

ossia che il consumo è uguale al consumo minimo insopprimibile più un certo ammontare che è in funzione del reddito (aY) secondo un certo valore (a), che supponiamo costante per qualsiasi livello di reddito e che viene definito, come si è detto, indice della propensione al consumo.

Un ulteriore modo di esprimere i concetti sopra evidenziati è quello di rappresentarli mediante un grafico (Fig. 1) in cui sull’asse delle ascisse si hanno i differenti valori di reddito prodotto in ordine crescente (Y), mentre sull’asse delle ordinate si hanno sempre in ordine crescente i differenti valori del reddito consumato (C).

La retta bisettrice rappresenta l’insieme dei punti in cui si ha che il reddito prodotto (Y) è uguale al reddito consumato (C), ossia non si ha risparmio.

Richiamando la legge psicologica del consumo ed in particolare il concetto di consumo minimo insopprimibile, si può individuare, sull’asse delle ordinate, un punto (Co) diverso da 0 che lo rappresenta (il tratto Co - 0 indica l’ampiezza del valore di questo consumo minimo insopprimibile). La retta che definisce la funzione del consumo partirà dal punto Co e avrà una inclinazione minore rispetto a quella C = Y[3].

Come il grafico indica, esiste un punto M in cui tutto il reddito prodotto viene consumato, punto in cui si ha l’intersezione tra le due rette C = YC = Co + aY.

 

 

Fig. 1

A questo punto verranno presentate alcune considerazioni sul concetto di risparmio. Secondo Keynes “il risparmio è un atto puramente negativo” cioè la decisione di non acquistare oggi una merce da parte del consumatore non implica necessariamente una decisione in un periodo futuro di acquistare differenti merci o beni di consumo. Di conseguenza quindi il risparmio è diminuzione netta della domanda di beni di consumo o di mezzi di produzione e non, come sostenuto dagli economisti neoclassici precedenti a Keynes, come sostituzione dell’attuale domanda con domanda futura. Inoltre, sempre secondo Keynes, questo “atto puramente negativo” è di fatto un desiderio di ricchezza come tale, ossia di una capacità da parte del consumatore di avere a disposizione beni non specificati ad una data non specificata.

Tornando ai simboli precedentemente visti, dall’equazione Y = C + S si può ricavare l’espressione del risparmio, che è data da:

S = Y — C

ossia il risparmio è uguale al reddito prodotto meno quello consumato.

Sostituendo a C la funzione del consumo, ossia C = Co + aY, la precedente espressione diventa:

S = Y — (Co + aY) ossia

S = — Co + Y — aY

da cui, raccogliendo Y, si ha che

S = — Co + Y (1 — a)

Ponendo (1— a) uguale al simbolo b si avrà che

S = — Co + bY

La lettera b si indica la propensione al risparmio. Essa rappresenta quel numero che, applicato all’ammontare di reddito prodotto, indica quanta parte di questo reddito verrà risparmiata dal consumatore.

Si ricorda che la somma di (a + b) e cioè della propensione al consumo più la propensione al risparmio è uguale ad 1.

Quindi se precedentemente si era posto a uguale pari a 0,75, si avrà che b è uguale a
(1 — 0,75) e cioè 0,25: ossia per ogni lira di aumento del reddito verranno risparmiati 25 centesimi.

Ora si procederà alla rappresentazione grafica della retta del risparmio, che corrisponde all’equazione S = - Co + bY. Anche questa retta non parte da 0 ma dal punto - Co ossia da un valore negativo sulla retta del consumo (Fig 2).

 

 

Fig 2

Si ha un valore negativo perché, come già precisato, anche senza alcun reddito (e questo è indicato dal punto 0 in cui reddito prodotto e consumi sono nulli) occorrerà consumare un minimo indispensabile, e questo consumo costituisce un risparmio “negativo”. Man mano che il reddito aumenta, questo risparmio negativo diminuirà fino ad annullarsi nel punto (Yo); nel sistema economico, da questo punto in poi, si avrà invece creazione di risparmio.

La retta S = — Co + bY avrà anch’essa un’inclinazione diversa da C = Y ed anche da
C = Co + aY in quanto è diverso il valore della propensione al consumo e della propensione al risparmio.

Riassumendo, dal grafico di Fig 2 si possono riprendere le seguenti considerazioni:

-          dal reddito O al reddito Yo (corrispondente al punto di intersezione M tra le rette
Y = C e C = Co + aY) si avrà risparmio negativo, ossia per consumare la collettività o ricorre all’indebitamento o esaurisce le scorte accumulate in passato;

-          al reddito Yo tutto il reddito prodotto è consumato e di conseguenza il risparmio sarà nullo;

-          dal reddito Yo in poi parte del reddito prodotto verrà consumato e parte verrà risparmiato. Ad esempio al reddito indicato con Y1, il segmento BY1 indica la quantità di reddito consumata, mentre il segmento AB (che è uguale ad CY1) quella risparmiata.)

Investimenti autonomi e determinazione reddito d’equilibrio

Dopo essersi occupati delle circostanze che regolano le decisioni di consumo, si passerà ad analizzare quelle che regolano le decisioni di investimento, ossia dell’altra componente della domanda effettiva.

Si è detto in precedenza che Keynes sostiene che l’acquisto di beni di consumo dipende dalle decisioni delle “famiglie” (comprendendo in questo concetto capitalisti e lavoratori salariati), mentre l’acquisto di mezzi di produzione e cioè l’investimento, dipende dalle decisioni dei capitalisti.

Una seconda caratteristica delle decisioni di investimento è che esse non dipendono, come le decisioni di consumo, dal livello del reddito. Ciò significa che non si può parlare di una propensione all’investimento come per la propensione al consumo, la quale consente di affermare, come si è già detto, che dato un certo incremento di ammontare di reddito, si avrà un certo incremento prefissato nell’ammontare di investimenti.

Questo concetto è particolarmente importante dato che si sostiene che è errato pensare che a fronte di un certo livello di risparmio e quindi di disponibilità monetarie e finanziarie presenti nel sistema economico, si abbia un ugual livello di spesa da parte degli imprenditori (e cioè della classe capitalistica) in beni di investimento.

Questi ultimi possono infatti decidere in base alle loro aspettative per il futuro di non investire del tutto o di investire soltanto una quota del risparmio disponibile.

Keynes sottolinea queste caratteristiche dell’investimento e le sintetizza nel concetto di autonomia degli investimenti.

Ora si esamineranno le conseguenze di questa affermazione, eguagliando due equazioni, quella della domanda effettiva e quella del reddito prodotto.

L’equazione della DOMANDA EFFETTIVA (DE), che esprime la spesa complessivamente effettuata dal sistema economico è data da:

DE = C + I

ossia è data dalla somma delle spese effettuate dalle famiglie e dai capitalisti per acquistare un certo ammontare di beni di consumo (C) e di quelle effettuate  dagli imprenditori in mezzi di produzione, cioè in investimenti (I);

L’equazione già vista, relativa al  REDDITO PRODOTTO (Y), è data da:

Y = C + S

Si potranno avere le seguenti tre situazioni.

1) Caso in cui DE = Y.

Poichè

C + I = C + S

Si avrà anche che I = S

Questa è una situazione di equilibrio nel mercato delle merci, ossia gli investimenti autonomi o meglio, il livello di investimento deciso dagli imprenditori più il livello di consumi sono tali da far sì che la domanda effettiva copra l’intera produzione e tutto il risparmio accumulato va a finanziare esattamente gli investimenti.

Va però precisato che questo equilibrio sul mercato delle merci non significa necessariamente equilibrio sul mercato del lavoro e cioè la piena occupazione dei lavoratori. Infatti la piena occupazione dipende da un determinato livello di domanda effettiva che può essere più alto (anche notevolmente) di quello di uguaglianza col reddito prodotto.

2) Caso in cui DE < Y

In questo caso I dovrà essere minore di S.

E’ il caso in cui gli investimenti autonomi uniti ai consumi (cioè la domanda effettiva) non riescono ad assorbire l’intero reddito prodotto (C + S). Si è cioè in presenza di una situazione di “sovrapproduzione” che ha come sbocco naturale nella fase successiva un ridimensionamento nel livello del reddito prodotto in modo tale che il corrispondente livello di consumi e risparmi sia uguale alla domanda effettiva risultante dalla scelta del precedentemente individuato “livello autonomo di investimenti”.

Evidentemente questo ridimensionamento produttivo comporta soprattutto un ridimensionamento nei livelli occupazionali.

Uno sbocco alternativo,che come vedremo costituisce uno dei punti basilari dell’analisi keynesiana, è lo stimolare da parte dello Stato, in presenza di un basso livello di I una supplementare domanda di investimenti attraverso la manovra della spesa pubblica in grado di raggiungere l’equilibrio sul mercato delle merci.

Va infine puntualizzato che questa situazione è, secondo Keynes, la “situazione normale” del capitalismo.

3) Caso in cui DE > Y

In questo caso I risulterà maggiore di S.

E’ la situazione opposta a quella precedente; in questo caso infatti la produzione non è in grado di soddisfare la domanda complessiva di beni di consumo e di beni di investimento, per cui nella fase successiva occorrerà aumentare il reddito prodotto per soddisfare la domanda effettiva esistente. Anche in questa situazione va tenuto presente che insufficienza del reddito prodotto non significa che nel sistema economico si ha il pieno utilizzo delle risorse, anzi ci si trova normalmente in presenza di capacità produttiva inutilizzata e questo per precisa scelta degli imprenditori.

Le tre situazioni sopra descritte possono essere rappresentate nel grafico seguente (Fig 3) in cui sull’asse delle ordinate sono riportati in ordine crescente i diversi valori di domanda effettiva e di risparmi, mentre su quello delle ascisse i differenti valori di reddito prodotto.

 

 

Fig 3

La situazione di equilibrio tra domanda effettiva e reddito prodotto
DE = Y è rappresentata dalla bisettrice dell’angolo formato dall’ascissa e dalla ordinata; ogni punto corrisponderà ad un ugual valore di Y e DE.

Per costruire la retta della domanda effettiva si procederà nel seguente modo: si dovrà rappresentare la retta dei consumi C = Co + aY e la retta indicata con (I) in cui è rappresentato il livello di investimenti autonomi del sistema economico.

Sommando, per ciascun punto di Y, ai valori de!la retta (C) i corrispondenti valori della retta (I), si può costruire la retta della domanda effettiva (DE = C + I). Infatti per ogni punto di questa retta si avrà un certo valore dei consumi ed un certo valore di investimenti, variabili che, come abbiamo visto, costituiscono la domanda effettiva.

Come appare dal grafico, esiste un punto E di intersezione tra la retta (DE = Y) e quella
(DE = C + I); questo punto corrisponde ad un determinato livello di reddito Yo
che costituisce appunto il reddito di equilibrio in quanto si ha uguaglianza tra reddito prodotto e domanda.

Il grafico consente inoltre di verificare l’uguaglianza sempre per il livello di reddito tra investimenti e risparmi, che sono raffigurati sulla retta S. Per ogni livello di reddito superiore ad Yo si avrà che il reddito prodotto è maggiore della domanda effettiva ed il risparmio è maggiore degli investimenti. Ad esempio, al livello di reddito Y1 si avrà evidentemente che AB (risparmi) è maggiore di DB (investimenti) e AY1 (reddito prodotto) maggiore di DY1 (domanda effettiva). Quindi per avere una situazione di equilibrio al livello di reddito Y1 occorreranno investimenti addizionali tramite una manovra di spesa pubblica pari ad AD; in caso contrario, nel periodo successivo il reddito prodotto scenderà al livello Yo di equilibrio, comportando una riduzione della produzione e dell’occupazione.

La prima osservazione di fondo che va effettuata riguarda il fatto che, secondo Keynes, non esiste una correlazione tra risparmi ed investimenti, come per i neoclassici, ma al contrario, ad un certo livello di investimenti decisi autonomamente corrisponde un livello di reddito e di produzione che comportano un certo ammontare di risparmi.

Seconda conclusione è che in situazione di non pieno utilizzo della capacità produttiva e di sovrapproduzione, una spesa pubblica che stimoli una domanda di investimenti ulteriore non sottrae risorse agli investimenti privati autonomi che sono insufficienti, ma anzi si rende necessaria per impedire una diminuzione del reddito prodotto nel periodo successivo. Rispetto a questo incremento di spesa pubblica si può affermare che nel breve periodo è ininfluente che si tratti di spese puramente improduttive, che assumono quindi il carattere di trasferimenti salariali, o di spese per investimenti, sempre che evidentemente la situazione sia caratterizzata da capacità produttiva parzialmente inutilizzata.

Nel lungo periodo invece non è indifferente il sostegno tramite spese produttive o investimenti; solo questi ultimi consentono infatti di espandere la capacità produttiva e assicurano la possibilità di una crescita nel lungo periodo del prodotto e del reddito.

Il moltiplicatore

Come abbiamo visto, la domanda effettiva gioca un ruolo fondamenta le nel determinare o un ridimensionamento della produzione globale del sistema economico o una situazione d’equilibrio o una spinta ad un incremento della produzione.

Keynes presenta uno strumento che viene chiamato la teoria del moltiplicatore, che consente di stimare in termini quantitativi gli effetti che un dato incremento della domanda effettiva ed in particolar modo della sua componente autonoma, gli investimenti, ha sul reddito prodotto e sull’occupazione.

Questa teoria è particolarmente importante in quanto consente, nel caso lo Stato decida di effettuare investimenti aggiuntivi per sostenere la domanda effettiva, di capire quale sarà l’impatto di questa manovra di spesa nei periodi successivi.

Per meglio comprendere la teoria del moltiplicatore occorre riprendere alcuni concetti prima presentati ed in particolare la condizione di equilibrio sul mercato delle merci, e cioè

DE = Y da cui avremo, sostituendo a Y l’equazione Y = C + I ossia introducendo la funzione del consumo

Y = Co + aY + I

e raccogliendo Y, si ha

Y (1 — a) = C + I

Con questa ottima espressione a disposizione si cercherà di vedere qual è l’effetto sul reddito prodotto, ossia (Y), di un incremento di investimenti indicati con (I).

Prima di passare alla esposizione va precisato che non viene tenuto conto del valore Co (consumo minimo insopprimibile) in quanto, come abbiamo visto, è un valore COSTANTE che rimane cioè invariato indipendentemente dal livello del reddito prodotto.

Definendo , ΔY l’incremento di reddito provocato da un incremento di ΔI,  avremo che

ΔY (1 - a) = ΔI

ossia

ΔY = [1 : (1 - a)] . ΔI  

Ossia, sostituendo (1 — a) con b (propensione al risparmio), si ha

ΔY = (1: b) . ΔI

(1: b) viene chiamato moltiplicatore del reddito e misura l’incremento del reddito provocato da un incremento autonomo degli investimenti, siano essi investimenti privati o spesa pubblica.

(1: b) è maggiore di 1 ed è tanto più alto quanto più bassa è la propensione al risparmio (ossia quanto più alta è la propensione al consumo)[4].

La conseguenza fondamentale del moltiplicare è l’autofinanziamento dell’investimento iniziale: infatti l’investimento autonomo provoca un incremento aggiuntivo nel reddito prodotto che darà luogo evidentemente alla creazione di risparmio aggiuntivo.

Questo risparmio aggiuntivo sarà esattamente uguale all’investimento autonomo effettuato originariamente; si veda a questo proposito la seguente dimostrazione:

ΔI provoca un ΔY = (1: b) . ΔI

l’incremento di reddito prodotto ΔY provoca ΔS = b . ΔY, ossia

ΔS = b . (1:b) . ΔI = ΔI

quindi l’incremento di risparmio è pari all’incremento degli investi menti.

L’analisi del moltiplicatore costituisce quindi una differenza fondamentale tra neoclassici e keynesiani; mentre i primi consideravano l’effettuazione di investimenti pubblici alternativi all’investimento privato ed al risparmio e quindi una sottrazione di risorse al sistema economico, per Keynes l’investimento pubblico era un mezzo per aumentare il reddito ed il risparmio.

NOTE


[1] Appunti del corso “Alcuni elementi di economia politica” tenuto fra il febbraio ed il maggio 1980 a cura dell’Ufficio Formazione Provinciale della FLM Milano dal Prof. Nicolò De Vecchi dell’Istituto di Scienze economiche e sociali dell’Università di Pavia.

Il testo delle lezioni è ricavato dagli appunti di alcuni partecipanti al corso e non è stato rivisto e corretto dall’autore. Ne deriva che alcune parti risulteranno meno efficaci ed accurate di quanto siano state nel corso dell’esposizione.

[2] Lorenzo Rampa, un’ipotesi tranquillizzante del capitalismo: lo schema neoclassico. il mercato del lavoro e il mercato delle merci - Appunti del corso “Alcuni elementi di economia politica” tenuto far il febbraio ed il maggio 1980 a cura dell’Ufficio Formazione Provinciale della FLM Milano.

[3] La retta non è parallela alla retta C = Y in quanto in quest’ultima si presuppone che la propensione al consumo è uguale ad 1 (ogni lira di aumento del reddito viene cioè consumata) mentre si è visto che nella funzione del consumo a è minore di 1 ma maggiore di O.

[4] Per una comprensione di questo concetto si presenta una dimostrazione utilizzando i dati numerici prima presentati:

a (propensione consumo) = 0,75

ΔY =[1 : (1 – 0,75)]: ΔI = (1 : 0,25) : ΔI = 4 . ΔI

ossia il moltiplicatore è uguale a 4. Quindi per ogni incremento di una lira di investimenti si avrà un incremento di quattro lire del reddito prodotto.