L’ARTE E IL CONFLITTO SOCIALE

Valeria Savoca

L’arte e la cultura in generale costituiscono quella particolare attitudine umana che produce e riproduce il mondo che ci circonda in forma simbolica. Camus dice che l’arte vive di costrizione e muore di libertà, intendendo forse con questa espressione, che maggiore è la repressione e il conflitto sociale all’interno di una determinata forma sociale, a un certo livello dello sviluppo delle forze produttive, più grande è la capacità dell’arte e della cultura in generale di rappresentarne le contraddizioni, rendendole intelligibili ai più, cioè cogliendole nella loro universalità.[1]

Così l’artista, il musico errante, il poeta politico o l’architetto al servizio del signore mentre esprimono il loro mondo in forma simbolica, ne mettono in mostra le brutture, rendendo accessibile alle generazioni future il senso della loro opera; essi denunciano dunque più o meno consapevolmente, quei conflitti e quelle oppressioni. La loro denuncia è eterna se essi hanno saputo cogliere l’intima necessità di quei conflitti umani, per questo noi siamo capaci di cogliere la bellezza del Partenone e della statua di Athena Parthenos, tanto quanto apprezziamo  “Les demoiselles d’Avignon” di Picasso. Esse ci commuovono perché in esse leggiamo lo stesso genere  di conflitti che dilania la nostra vita materiale.

Ma mentre l’arte eterna il conflitto che mette in mostra, essa lo sublima anche, mostrandolo e nascondendolo nello stesso tempo in un mondo astrattizzato e ideale, che giustifica le oppressioni mentre le denuncia, tutte le volte che la sua inconsapevolezza le trasforma in narrazione fantastica o in struttura sublimata del linguaggio dell’artista. Questa intima contraddizione nutre l’attitudine all’arte, che come ogni altra tra quelle umane, vive e muore di essa, che da un lato implica fortemente l’artista col potere che lo sovvenziona per produrre arte. Ariosto canta l’origine nobile del suo signore e questo è il prezzo che egli paga, l’illibertà alla quale egli deve soggiacere per potersi esprimere come artista. Dall’altra pone le contraddizioni  in un mondo fantastico e meraviglioso, nel quale ogni conflitto è in realtà gioco e illusione, che fa dimenticare il misero presente all’artista e a chi lo segue, proponendo una soluzione fantastica ad ogni conflitto e ad ogni contraddizione in quel mondo ideale che ha costruito.

La produzione artistica non è dunque una merce qualsiasi, essa è quel prodotto umano che più di ogni altro racconta la sua storia, parla di sé e del mondo che lo produce in modo molto più pregnante di quanto possa fare un'altra merce, che poco mi dirà della natura dei rapporti che l’hanno prodotta e che è destinata a dileguarsi nella storia….

La storia di oppressione e conflitto che l’arte racconta può esprimersi con diverse modalità: una è la chiarezza del contenuto che racconta, come nell’esempio succitato di Ariosto, il quale fa della fuga e della ricerca di libertà il tema portante del suo Orlando Furioso, fuga dell’amante, fuga della ragione, perdita e ricerca di esse, con un conclusivo amore prettamente borghese per la protagonista Angelica, che si innamora di un oscuro soldato mentre avrebbe potuto avere i più importanti cavalieri nobili della storia. O come nell’esempio di Dante, la cui opera mette in scena le contraddizioni del suo tempo mostrando la loro origine di classe, nonostante tali conflitti vengano spesso presentati nella forma religiosa: S. Tommaso, contro S. Francesco, contro Giovacchino da Fiore, espressione teorica, quest’ultimo, delle eresie dolciniane,[2] circa l’uguaglianza economica e sociale, rappresentanti i primi due, rispettivamente la destra e il centro ecclesiastici nella polemica che imperversava al tempo dell’autore della Divina Commedia tra i vari ordini monastici.

L’altro aspetto nel quale si manifestano in modo simbolico i rapporti sociali tra le classi ed i loro conflitti è quella che viene chiamata la forma.

La rappresentazione del divino, ad esempio nell’Umanesimo e nel Rinascimento viene riportata platonicamente all’unità, rappresentata nella forma geometrica che comincia ad utilizzare la prospettiva; la riduzione ad Uno della forma trinitaria, in Piero Della Francesca ad esempio, che si esprime in un gioco di antitesi e sintesi, cioè per opposizioni sempre risolte in unità, secondo l’interpretazione di Calvesi[3] esprime in quell’Uno la forma di quell’Equivalente Universale di ogni merce e di ogni valore che nel Quattrocento italiano è il Denaro, nel periodo in cui la cultura del mercante si imponeva, così come si imponeva il dominio economico e finanziario dei mercanti e dei banchieri. Il divino in quei pittori non è altro che la rappresentazione del Potere di quel tempo, che pretende di risolvere in se stesso ogni contraddizione ed ogni conflitto, nell’infinita possibilità di monetizzazione di ogni attività umana e di tutti i suoi risultati, il Dio à Denaro, appunto come equivalente universale e misura del valore di ogni valore.

Più vicino a noi, un altro esempio può far comprendere come la forma dell’arte racconti la sua storia tanto quanto il suo contenuto: il concerto della grande orchestra e la figura del Direttore d’orchestra nascono con l’avvento della rivoluzione industriale, mostrando la loro stretta relazione con la struttura della grande industria capitalistica; nel primo Settecento invece e nelle epoche precedenti era il quartetto, il quintetto, il solista, che dominavano, espressione della concezione aristocratica ed elitaria della musica. La rivoluzione industriale porta l’uso di strumenti musicali in serie (gli archi, gli ottoni), con figure intermedie di spicco, esempio il primo violino (il quadro intermedio), che però eseguono l’interpretazione che il Direttore detta loro, l’esecuzione in tutte le sue fasi è stabilita da questa nuova figura, prima inesistente.  Ma le corrispondenze sono infinite e gli esempi potrebbero continuare.

In conclusione proviamo a schematizzare:

ARTE

 

 

Prodotto che racconta ...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

nella forma che si fa contenuto

 

 

 

nel contenuto

 

 

 

 

 

 

 

 

 

consapevole

 

 

 

inconsapevole

 

 

 

 

 

 

 

denuncia esplicita dell’oppressione

 

 

 

sublimato

 

 

 

... la sua storia

 

 

 

 

 

di oppressione

 

 

 

di conflitto sociale

 

Se forma e contenuto consapevole convergono nella denuncia l’artista  fa dell’arte uno strumento rivoluzionario al suo massimo livello.

Da questo punto di vista l’arte non è altro che l’espressione più o meno sublimata delle contraddizioni e dei conflitti che costituiscono il mondo delle merci (Marx).

NOTE


[1] Vedi Aristotele, La Poetica.

[2] Fra’ Dolcino fu a capo di un vasto movimento di rivolta sociale contadina che mirava ad impadronirsi dei beni di nobili ed ecclesiastici, che portò ad ampie devastazioni e che fu represso nel sangue.

[3] Maurizio Calvesi, Piero Della Francesca, Rizzoli Editore.