QUEI LIBRI SOTTO SEQUESTRO EDITORIALE[1]

Opere dimenticate Se i grandi libri godono di continue ristampe, quelli piccoli restano bloccati dal copyright per 70 anni. Ma sul web c'è chi supera questa «ingiustizia»

Franco Carlini

L'ultima acquisizione del progetto inglese Turning Pages (pagine che girano) è il manoscritto originale di Alice di Lewis Carrol, ovvero Alice's Adventures Under Ground. Scritti e disegni si possono sfogliare con gradevoli effetti tridimensionali e la voce dell'attrice Miriam Margolye accompagna la visione. Grande progetto, quasi perfetto nel mettere a portata di mouse, anche se non di mouse, opere originali, patrimonio della cultura umana. Lo si vede con grande piacere all'indirizzo della British Library: http://www.bl.uk/onlinegallery/ttp/ttpbooks.html Ma la cura che si esercita verso le grandi opere non viene dedicata agli autori e libri minori, se non altro perché sono troppi. Queste opere, sovente ancora coperte dal copyright (70 anni dalla morte dell'autore) rimangono confinate in poche biblioteche pubbliche e spesso sono fuori catalogo: l'editore ne detiene i diritti (che l'autore gli ha dovuto cedere) e tuttavia, valutando che non ci sia mercato, non le ristampa. In pratica sono sotto sequestro, sottratte alla conoscenza di studiosi e di gente comune. E' uno dei paradossi delle leggi sulla proprietà intellettuale che nacquero inizialmente per incentivare gli autori nel produrre opere dell'ingegno, ma che sono oggi soltanto una protezione per gli intermediari, ovvero degli editori letterari, come musicali o televisivi. L'autore conta sempre meno ed è senza voce.

Così circolano meno idee

Il risultato netto, essenzialmente legato alla durata eccessiva dei diritti, è una riduzione nella circolazione delle idee. Un danno che si può correggere in diversi modi. L'uno è quello seriamente riformatore suggerito da diversi giuristi (soprattutto Lawrence Lessig, ma non solo lui) e consiste nel chiedere agli editori di confermare, per esempio ogni 10 anni, il loro interesse a gestire il copyright, pagando una minima somma per il rinnovo; un altro, sempre legale, è di far decadere il copyright se il suo detentore non stampa più il libro. Un'altra strada, non contradditoria con le precedenti, è di usare la rete internet per favorire la massima e globale circolazione delle conoscenze.

E' questo un percorso seguito da anni dal Progetto Gutenberg, voluto da Michael Hart nel lontano 1971 (http://www.gutenberg.org), dove dei volontari copiano a mano i testi fuori diritti e li mettono in rete. In Italia si muovo sullo stesso stile il Progetto Manuzio, all'interno di Liber Liber (http://www.liberliber.it). E qualcosa di analogo fa il progetto Internet Archives, di Brewster Kahle, che ha cominciato pazientemente la scansione ottica di libri senza più copyright.

Ma la scossa più violenta è arrivata nei mesi scorsi dal grande motore di ricerca Google, e si chiama Google Print. Si tratta di questo: in accordo con le biblioteche universitarie di Stanford, Michigan e Harvard e con la Biblioteca pubblica di New York, Google si fa carico della scansione di milioni di volumi, convertendo i caratteri a stampa in bit e memorizzando il tutto nel suo motore di ricerca.

E io ti scannerizzo i volumi

L'operazione è complicata tecnicamente e richiederà almeno una decina d'anni. Immaginando le obiezioni degli editori, che sono comunque arrivate. Google si è autolimitata: se un editore non vuole che il suo libro venga scandito elettronicamente Google non lo farà; in ogni caso per i testi ancora sotto copyright chi faccia le ricerche con Google Print non potrà vedere l'intero testo ma solo alcune frasi o pagine, venendo rimandato per il resto alle librerie commerciali o all'editore.

I nuovi colonialisti culturali

Dunque il progetto è fin troppo ambizioso da un lato e dall'altro comunque ridotto: quel patrimonio della cultura rimarrebbe comunque ancora in parte chiuso anziché libero di circolare. Il lobbismo immediato ed esagerato degli editori è stato affiancato dalle reazioni d'orgoglio nazionalistico francese: in questo paese hanno gridato allo scandalo perché un'azienda privata americana avrebbe colonizzato e appropriato il sapere; quest'ultima è un'accusa stupida e in ogni caso starà semmai a francesi, spagnoli, italiani eccetera darsi da fare con il loro patrimonio culturale.

A fronte di tante proteste Google ha bloccato provvisoriamente il progetto, che dovrebbe riprendere tuttavia il primo novembre prossimo. Ed ecco allora l'ultima mossa: anziché gli editori soltanto si è mossa in America la Authors Guild, Gilda degli Autori, che si è rivolta al tribunale distrettuale di New York con una richiesta preventiva di danni e in ogni caso chiedendo un'ingiunzione a desistere.

Ma le opinioni degli scrittori e dei saggisti sono in realtà assai divise: per molti di loro la pubblicazione di un libro non è mai un modo di diventare ricchi, ma solo una maniera per far conoscere le proprie idee e conquistarsi una reputazione. Il loro interesse utilitaristico, dunque, non è tanto legato agli incassi sul venduto, quanto alla massima circolazione delle idee con il loro nome attaccato. In ciò il loro fine è divergente dagli obiettivi dell'editore. Tim O'Reilly, editore lui stesso e consulente del progetto di Google è dalla loro parte: «Per l'autore tipo l'oscurità è una minaccia ben più grande della pirateria».

NOTE


[1] Estratto da: “il manifesto” del 25 settembre 2005.